Politica e morale
Per chi intende operare veramente in vista di una trasformazione anticapitalistica della società si ripropone, con estrema urgenza, la considerazione del rapporto tra politica ed etica (= morale).
Questo problema non esiste, certo, per tutti coloro che hanno già deciso di fare della politica il luogo delle loro ambizioni e delle loro speculazioni più spregiudicate. Costoro, anzi, si assumono la responsabilità di dare spettacolo e di fare scuola alle nuove generazioni: un ben tragico e triste spettacolo ed una ben squallida scuola.
1) Un certo divorzio tra etica e politica è stato possibile anche nella sinistra forse perché si temeva di ricadere in discorsi intimistici e spiritualistici e forse perché si temeva di sottovalutare in tal modo il dato politico ed economico.
Ma non c’è stato forse anche un pizzico di viltà nel tacere un discorso che non è molto popolare, che deve anche esprimere delle esigenze di impegno personale?
Ciò è tanto più grave per il fatto che, invece, proprio dal mondo operaio, dall’area delle classi subalterne e povere, ci viene tutta una ininterrotta catena di esperienze e di vitalissime scelte etiche vissute nelle lotte e nell'impegno di trasformazione della società.
2) Non si tratta di liquidare la politica o assorbirla nell’etica, ma di non dissociarla. I rapporti economici e politici, il rapporto Nord-Sud, il problema dei blocchi: tutto questo resta centrale. Ma |'aspetto etico diventerà sempre piùa rilevante se intendiamo operare per una trasformazione che non sia superficiale e costituisca un fatto duraturo. Se non si getta un ponte tra politica ed etica si corre il rischio che politica e vissuto personale corranmo per strade parallele, o semplicemente come realtà separate.
3) Propongo alcune istanze etiche centrali:
a) Prendere sul serio il piano delle scelte persenali-individuali: «se non portiamo la responsabilità personale, le nostre idee non valgono nulla »… « Nessun genere di istituzione, di ideologia, di comunità ci toglie dalle spalle il peso di costruire un nostro rapporto individuale verso i sistemi di valore, di doverci assumere la nostra responsabilità personale» (A. Heller). L'etica punta a rendere ogni singolo uomo capace di scelte che si riferiscono alle decisioni più alte e più impegnative.
b) Trasformare le istituzioni e trasformare le personalità-persone: «Non è una soluzione voler trasformare prima il mondo e i sistemi istituzionali credendo che la nostra personalità muterà automaticamente, così come non è razionale pensare che mutando la nostra personalità il mondo possa poi cambiare. Questi due processi si possono realizzare solo sincronicamente (= insieme) e, voglio sottolinearlo, non in forma spontanea. Ciò significa che noi dobbiamo agire tenendo costantemente e coscientemente presenti entrambi i processi: la trasformazione delle istituzioni e la trasformazione delle personalità» (A. Heller).
c) Vivere e diffondere pratiche di solidarietà a partire dal ‘piccolo’. Si tratta di realizzare il più possibile momenti ed esperienze di pensare insieme, progettare insieme, fare insieme, condividere gioie e sofferenze proprio in una siluazione in cui esiste un certo elogio della fuga ed un diffuso « pensare a sé e da sè» come spinta all’individualismo. In questo senso la partecipazione al momento istituzonalizzato e collettivo mi pare essenziale, pur con tutti i limiti che istituzioni, partiti, ecc., presentano. Ma come etica della solidarietà intendo uno stile di stare nella realtà e di rapportarsi con i singoli, i movimenti, le realtà collettive in cui il confronto sia «luogo e laboratorio» essenziale (non in opposizione al momento individuale) per un impegno di lotta e di trasformazione della realtà. Etica della solidarietà implica anche la capacità di fare i conti con la realtà su scala ‘planetaria’.
d) Vagliare e prendere posizione di fronte ai bisogni: «Il bisogno di possesso, il bisogno di potere e il bisogno di ambizione: questi tre bisogni non possono e non devono mai essere saddisfatti completamente. Infattl se essi vengone soddisfattl la grande maggioranza degli uomini non potrà più soddisfare altri bisogni... Si tratta di quei bisogni che non si possono soddisfare per principio, perché puramente quantitativi e perciò riproducibili all'infinito. I bisogni puramente quantitativi sono quelli nella soddisfazione dei quali un uomo diventa per l'altro puro strumento» (A. Heller).
e) La capacità di essere laici, cioé capaci di accogliere e vagliare tutti gli spezzoni di etica e tutti i valori che sono espressi in diversi spazi e realtà, istituzioni e persone. È essenziale ad una etica laica la tolleranza, il rispetto e il superamento di ogni mania monopolistica. Un’etica laica non è dogmatica, ma storica e antiautoritaria per cui le convinzioni si basano sulle argomentazioni.
Concludendo
A me sembra estremamente urgente unire il coraggio dell’etica al coraggio della politica. Un'etica della responsabilità e della libertà, che definisca i propri bisogni in relazione con i bisogni di coloro che vivono ntorno a noi, non avrà nulla di evasivo o spiritualista, ma costituirà uno degli elementi essenziali per costruire una personalità militante, realista, creativa, non conformista. Si tratta di costruire delle analisi, dei progetti e degli interventi politici efficaci e, nello stesso tempo, di costruire dei soggetti moralmente significativi e coerenti. Non si tratta tanto, nei luoghi del nostro impegno, di mettere all’ordine del giorno un dibattito in più sull'etica (anche questo può servire), ma di farci attenti alla dimensione etica come fatto permanente e di renderci sensibili alle domande di senso che si esprimono. In questo senso anche le istituzioni, i partiti e i sindacati, come le altre forme collettive di caltura e di impegno e i movimenti, possono e devono diventare veri laboratori etici (senza a ciò ridursi). Senza questa dimensione la politica è zoppa. La congiunzione e la coerenza tra impegno politico ed impegno etico-morale è imprescindibile per chi non ha archiviato la lotta anticapialistica ed antiautoritaria in vista di una società di maggior giustizia e di vera pace.
Milano, 1975