venerdì 7 novembre 2025

Un radicamento nel qui e ora

 

Con la meditazione impariamo a stare. Stiamo radicati nella terra, stabili e flessuosi come alberi e soprattutto protési verso l'alto. Impariamo a stare con il nostro corpo, con tutta la nostra umanità, il nostro peso, perrché la meditazione non è mero atto intellettuale, ma esperienza del nostro essere coporei. Si medita corporalmente e non con un corpo.

Nella tradizione cristiana la preghiera è stata ridotta a esperienza mentale: « Elevatio mentis ad Deum », come ebbe a dire san Bonaventura, o - come riporta il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2559 - «elevazione dell’anima a Dio o domanda a Dio di beni convenienti», una definizione che si rifà a quanto affermato da san Giovanni Damasceno nell Expositio fidei (III,24).

La meditazione è la preghiera che rinuncia ad arrampicarsi al cielo di Dio, che rifiuta la pratica di richiedere qualcosa a una divinità ritenuta dispensatrice di beni altrimenti impossibili da raggiungere, che non invoca un Dio per l'appagamento di qualche desiderio né per dargli gloria o per farlo attento alle proprie necessità.

La meditazione è atto mistico, ossia esperienza del divino di cui è manifestazione, godimento della meta che non è mai stata perseguita perché sempre stata lì. La meditazione non è questione di testa, di pensiero. Solo se siamo veramente umani siamo veramente spirituali. Il corpo che siamo è una mappa, un percorso datoci per divenire trasparenza della trascendenza: « Chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45). Chandra Livia Candiani ha seritto che il nostro corpo, il corpo di ciascuno di noi «è sasso di guado e non pietra d'inciampo», è possibilità, non impedimento. La meditazione è infine stare col proprio respiro, anima di questo sasso di guado che è il corpo. Il respiro è principio vitale, e quindi divino, che ci abita da quando siamo venuti al mondo; ci aiuta a tornare a casa, nel profondo di noi, lì dove siamo abitati dalla scintilla divina. Il respiro è puro stupore perché nessuno se lo può dare, è dono, soffio divino che ci ha trasformati da fantocci di terra a esseri viventi, secondo il grande mito della Genesi. C'è un'«energia di essere al mondo», ribadisce Chandra Livia Candiani nel suo Il silenzio é cosa viva, che si manifesta quando

il dolore diventa anonimo e le cause contingenti, per quanto gravi, sono solo il nome e la forma che un energia molto più antica assume in quel momento, è l'energia di essere al mondo, di avvertirsi separati e di percepire la nostalgia e il richiamo dell'unità. Ogni desiderio racchiude questo desiderio radicale, ritornare alle stelle, non essere più nella distanza. Essere in contatto con la fonte del desiderio, con il nostro costante mancare, è l'essenza della meditazione. Essere alla fonte è smettere di desiderare, perché si abita il desiderio, si è desiderio senza più oggetto, e il cambiamento inizia accogliendo se stessi, la nostra incompiutezza, la nostra mancanza e tensione verso, cercando di non migliorarsi né cambiarsi, aspettando, attendendo alla trasformazione che arriverà quando il tempo del sostare sarà maturo.