DIO COSTRUTTORE DI RIBELLI
1) Una parte della teologia latino-americana che si rifà a Ruben Alves propone una pista di riflessione.
Nella comune lotta per una società senza classi, ciò che distingue il non credente (messianismo umanistico) dal credente (umanesimo messianico) è fondamentalmente un dato solo: per il credente nel processo di liberazione non sonoe a disposizione soltanto risorse umane di libertà, ma Dio è forza di umanizzazione, anche quando si sono esaurite tutte le risorse, le possibilità soggettive e oggettive immanenti nella storia. La liberazione non è creazione del solo uomo.
La comunità di fede, dominata dalla stessa visione della liberazione umana e dalla stessa passione per essa, insiste nell'affermare che la realizzazione dell'umanizzazione è legata alla realtà e alla forza di una liberazione che si attua nella storia dal di fuori della storia.
In altre parole: per l'umanesimo messianico la politica per un nuovo domani non può essere determinata da una valutazione semplicemente statistica e quantitativa delle risorse umane e della forza di resistenza delle attuali strutture di predominio.
L'esperienza storica delle comunità bibliche lo dimostra. La loro liberazione storica non era il frutto della loro vocaziene per la libertà. Al contrario, l'opulenza d’Egitto esercitava un fascino ben più grande che non la lontana speranza di una terra di libertà. Avrebbero preferito vivere da schiavi che morire durante il cammino verso un nuovo domani. Questa fu la protesta sollevata ininterrottamente durante il loro viaggio attraverso il deserto.
Il Dio della grazia non è direttamente produttore di liberazione politica, egli però ci fa dono, ci rende capaci nella fede di leggere in ogni passo di liberazione il suo volto, la direzione del suo egno, anzi un anticipo del dono totale del Regno che viene, che è in mezzo a noi, una prima fetta, il pregustamento dei cieli nuovi e terre nuove in cui abita la giustizia, un aperitivo di questo futuro.
La Bibbia, se non andiamo errati, è una storia, un annuncio, una scrittura che ci viene in larga misura «dalla parte degli oppressi» che sperano nel Dio della liberazione. La chiesa delle origini ha dovuto fare i conti molto presto con l’esperienza dell’oppressione, dell’andare contro corrente. Dal suo seno sono nate le grandi voci ribelli degli apostoli, dei martiri, delle comunità, fino alle chiese confessanti.
Solo quando la chiesa ha cessato di essere una comunità oppressa e ha messo l’evangelo a servizio del perbenismo sociale, ha cessato di «creare dei ribelli».
Oggi quei cristiani che vivono come classe oppressa riscoprono la loro fede come aperta ribellione al dinosauro, al dio capitale. La fede ha quindi un suo specifico contributo da offrire nella creazione dei ribelli. Essa non potrà non vedere in Gesù di Nazareth un maestro, un educatore di sovversione. di ribellione.
Ribelle non è ancora rivoluzionario, s’intende. Ma se è chiaro che il rivoluzionario cresce nell’impegno teorico e pratico marxista, la fede può creare una predisposizione, un’attitudine positiva alla pratica rivoluzionaria, un’apertura ad essa (non un plusvalore nel fare la rivoluzione). Quando Dio entra in azione, nasce un ribelle contro questa società.
Egli non vuole essere relegato e predicato negli angoli e nei momenti bui dell'esistenza. In questo senso Bonhoeffer scriveva che il mondo maturo, maggiorenne, è senza Dio « come tutore » e forse proprio per questo, più vicino a Dio che il mondo non ancora diventato adulto.
Solo chi gioisce di ogni passo in avanti verso la maggiore età dell'uomo e del mondo, può credere e predicare un Dio così... Davvero gloria di Dio è l'uomo vivente.
Verso una fede « essenziale »
La lettera « Pensieri per il giorno del battesimo di D.W.R., datata maggio 1944 nella raccolta di Resistenza e resa, è, a nostro avviso, la più profetica dell’intero epistolario bonhoefferiano dal carcere.
Riportiamo lo stralcio che ci riguarda:
La nostra chiesa, che in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, quasi essa fosse il suo proprio fine, è incapace di farsi portatrice della parola riconciliatrice e redentrice per gli uomini e per il mondo. Ed è per questo che le parole antiche devono svigorirsi e ammutolire e il nostro essere cristiani si riduce oggi a due cose: pregare e operare tra gli uomini secondo giustizia. Ogni pensiero, parola, organizzazione nelle cose del cristianesimo, dovrà rinascere da questa preghiera e da questa azione.
Franco Barbero, marzo 1970