domenica 28 dicembre 2025

Fuoritempio

di Antonello Solla

 

Pasqua,

“la festa dei macigni rotolati”

 

Il brano del Vangelo che la liturgia propone per il giorno di Pasqua è tratto dal capitolo 20 del Vangelo di Giovanni, dai versetti 1-9.

L’impressione che a me suscita, almeno come “impatto”, è di smarrimento, perché non c’è un chiaro annuncio che Cristo sia risorto e anche i personaggi che abitano la scena sono in confusione. Da un lato, Maria di Magdala è spaventata perché teme che abbiano trafugato la salma di Gesù; dall'altro, i discepoli Pietro e Giovanni corrono, vedono, ossenvano, pare che uno dei due (Giovanni) «credette- ma poi al termine del brano in modo sorprendente leggiamo: «Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioé Egli doveva risorgere dai morti».

Eppure ci sono dei segni che possono trasformarsi in impegno di vita, in testimonianza, che davvero crediamo nella vita, la vita vera, quella indelebilmente rigenerata dalla risurrezione di Cristo.

Il cristiano non può “accontentarsi” di professare la risurrezione solo come verità di fede, come dogma (se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli) ma, come dice l'apostolo Paolo nel brano odierno ai Colossesi: «Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra».

Occorre un profondo cambiamento di mentalità, in modo che le nostre opere e le nostre scelte abbiano il “sapore del cielo”, cioé apertura all'amore, al dono, all’accoglienza, avere un volto rivolto verso il volto» dell’altro (cfr. don Tonino Bello) e non autoreferenziale.

Tra i segni del racconto evangelico, il verbo vedere e osservare. Maria di Magdala «vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro», «l'altro discepolo vide i teli posati là», «Pietro osservò i teli posati là». I verbi, che evidentemente richiamano il senso della vista, suggeriscono che il credente debba essere una persona che guarda e osserva, con il desiderio di informarsi, di documentarsi per conoscere ciò che accade nel mondo, scrutare i segni dei tempi, prendersi a cuore il proprio fratello e avere cura della sua sorte.

Vedere e osservare con compassione le ingiustizie che deturpano tanti volti, diritti violati; guardare con preoccupazione il dramma di guerre e violenze che si abbattono in molti luoghi del pianeta, la casa comune maltrattata e inquinata.

Non è sufficiente però guardare per sapere e prendene coscienza, ed ecco un altrogno nel brano giovanneo, la pietra rotolata via dal sepolero. I credenti e le comunità cristiane sappiano declinare la professione di fede nella risurrezione pronunciata nel tempio tra le strade della storia per rotolare via i macigni di sofferenze che deprimono i sogni, i macigni dei soprusi, delle oppressioni dei prepotenti contro i poveri, i macigni degli abusi e del rifiuto dei migranti.

Annunciatori di speranza, nella certezza e nella gioia che la morte e la tenebra sono già sconfitte dal Cristo risorto. «A noi piace collocare una fermissima fiducia del divino Salvatore... che ci esorta a riconoscere i segni dei tempi», così che «vediamo fra tenebre: oscure numerosi indizi, i quali sembrano annunciare tempi migliori per la Chiesa e per il genere umano» (Giovanni XXIII).

Riecheggiano nell’augurarci buona Pasqua le parole di don Tonino Bello: «Pasqua, festa dei macigni rotolati... Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegna la resurrezione di Cristo».

Lieta vita da risorti!

Aldista, 22 marzo ‘25