Cara
 redazione, esprimo una mia opinione rispetto alla questione del 
celibato obbligatorio oppure opzionale dei presbiteri. Intanto sono 
sicuro che Papa Francesco è a conoscenza della situazione reale in cui i
 presbiteri vivono rispetto al celibato. Sondaggi, studi documentazioni,
 "narrate" parlano non solo di molte situazioni disagiate, che 
coinvolgono presbiteri e donne, ma di molte coppie che hanno scelto una 
relazione più o meno clandestina.
Alla 
mia bella età di ottant'anni, che compio proprio in questi giorni, 
conosco in Italia e all'estero molte donne e numerosi presbiteri che 
hanno scelto questa strada in disaccordo con la disciplina canonica. 
Hanno deciso, dopo un'attenta riflessione, di mettere al primo posto la 
coscienza e l'accoglienza dell'amore e etero o omo come dono di Dio. E' 
comprensibile che tale  scelta comporti, in parecchi contesti, un 
disagio e spesso una sofferenza. 
Sono 
convinto che solo il celibato opzionale permette di valorizzare sia il 
dono del celibato stesso, sia il dono dell'amore, sia la  responsabilità
 e la felicità delle persone. 
Con un 
po' di fatica riesco a capire che il Papa, anche per il vespaio vaticano
 che lo stringe da ogni parte, non trovi il coraggio e la convinzione di
 promuovere il celibato opzionale. 
Però,
 in una comunità ecclesiale che valorizzi le singole chiese locali e le 
ritenga autentici laboratori di collegialità si potrebbe aprire un 
sentiero diverso. Siccome le chiese locali e i loro pastori esprimono da
 tempo sensibilità e opzioni diverse, perché non promuovere la loro 
libertà e la loro responsabilità affinché in appositi sinodi, discutano e
 decidano in loco le scelte da compiere o da non compiere? 
La
 valorizzazione delle differenze che le varie chiese locali potrebbero 
esprimere, metterebbero anche in atto una concezione ecclesiologica 
antropologicamente dinamica e promuoverebbe il volto e la struttura di 
una comunità che, nell'unità di fede, apprezza e promuove la pluralità 
dei linguaggi e delle possibilità ministeriali. 
E'
 mia opinione che nelle comunità locali lo Spirito  ci aiuterebbe ad 
accogliere le divergenze e a far nascere delle gioiose sorprese. E' dal 
basso, dal territorio delle differenze che sono sempre spuntati i fiori 
più belli nella storia delle chiese cristiane. 
Prego
 Dio che mi aiuti e ci aiuti a  inoltrarci oltre le nostre paure, 
sperando che le chiese locali non si considerino soltanto esecutrici di 
ordini superiori, ma comunità creative, capaci di mettere in atto 
cammini nuovi. 
Buon lavoro a voi, cari amici e amiche della Redazione di Rocca e un saluto ai lettori e alle lettrici. 
Franco Barbero 
Pinerolo 
Rocca 5/2019