mercoledì 19 dicembre 2007

NATALE: SCOPRIRE IL GESU' STORICO

Commento alla lettura biblica - domenica 23 dicembre 2007

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Luca 2, 1-14).

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa (Matteo 1,18-24).



Tornano le feste natalizie. Non le definirei feste pagane perché il paganesimo aveva una sua dignità, culturale, morale e religiosa.

L’essenza del nostro natale è, invece, commerciale: un fatto di merci… Sembra che la vita in questi giorni sia ridotta a merce.

Allora è tutto da buttare? Direi proprio di no, ma gli aspetti positivi vanno cercati e costruiti aldilà delle vetrina e degli svolazzi angelici.

Qualche informazione

La festa del “Natale cristiano” nasce molto tardi: “Il Natale è testimoniato per la prima volta nel calendario della feste del Cronografo romano di Dionisio Filocalo dell’anno 354, ma, tenuto conto della data di composizione dello stesso (l’originale è del 335-336), appare probabile che si sia introdotto a Roma già prima del 336. A Milano la festa del Natale fu celebrata dal 337, in Antiochia e Costantinopoli intorno al medesimo tempo o poco dopo; in generale però si diffuse solo con lentezza, tanto che in Occidente che in Oriente, cosicché ancora l’imperatore Giustino II (565-578) si vide costretto ad imporla per tutto l’Impero Romano… La scelta del giorno 25 dicembre fu determinata, con tutta probabilità, dal fatto che il mondo romano celebrava in questo giorno il solstizio d’inverno, la nascita del dio Sole (Natalis solis invicti), il culto del quale era molto diffuso nell’impero da Aureliano in poi. Al posto della festa pagana ora doveva subentrare una festa cristiana, così è chiamato spesso Cristo dal terzo secolo in poi… Il simbolismo della luce ebbe forse una parte notevole anche nella istituzione della festa dell’Epifania in Oriente” (K. Bhilmeyer - H. Tuechle, Storia della chiesa, pag. 410, Morcelliana, Brescia 1969).

Il Natale cristiano si diffuse con difficoltà nei secoli V - VI - VII e nell’ottavo secolo è ormai patrimonio acquisito. E’ una informazione non ancora così diffusa e acquisita.

C’è un perché: ai cristiani nei primi secoli interessavano le scelte e il messaggio centrale di Gesù, non tanto i suoi dati anagrafici. La carta d’identità che i vangeli di Luca e Matteo ci forniscono è teologica, cioè costruita per darci un insegnamento.

Che cosa possiamo sapere sulle origini di Gesù?

Chi in questi giorni andrà alla messa di Natale ascolterà le leggende, suggestive e significative, dei vangeli di Matteo e di Luca che tutti ricordiamo dagli anni del catechismo.

Matteo e Luca, come si può leggere all’inizio dei due vangeli, ci riportano due racconti leggendari molto diversi. In Matteo il protagonista umano è Giuseppe, in Luca è Maria.

Il teologo e biblista Ortensio da Spinetoli, grande studioso di queste pagine evangeliche, scrive “La storia che gli evangelisti raccontano è immaginaria. I fatti così narrati non sono mai accaduti” (Il vangelo di Natale, Borla, pag. 5).

Ma allora è tutta una montatura? Assolutamente no. Gesù non è una leggenda, un personaggio mitologico, una creazione ecclesiastica, un’invenzione di qualcuno. Però i modi con cui si parla della sua nascita sono simili a quelli con cui si narrano le nascite dei “personaggi religiosi” dell’antichità.

La nascita “straordinaria” (da una vergine, da una sterile, con fecondazione divina) è un genere letterario diffusissimo nell’antichità e i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù vanno letti in quel contesto culturale e letterario che è mitico, non falso.

Con questo “linguaggio del meraviglioso” gli autori antichi, esattamente come i nostri evangelisti, intendono dirci che questi “personaggi” sono stati dotati da Dio di una missione particolare.

Essi vogliono trasmetterci una verità ben chiara: queste persone sono per noi un punto di riferimento, un dono straordinario di Dio. Ecco che, per sottolineare l’importanza di queste persone e del loro messaggio, gli autori antichi proiettano una luce particolare sulle loro origini.

Luca e Matteo si adeguano a questo genere letterario, tipico del loro tempo, e lo usano per trasmetterci un messaggio molto concreto: “Gesù è un grande dono di Dio fatto all’umanità. La sua vita e la sua fede in Dio sono per noi molto importanti”.

Scrivono questi vangeli per invitare gli uomini e le donne del loro gruppo e del loro tempo a prendere sul serio la vita e il messaggio di Gesù. Chi legge questi brani come una cronaca li travisa e non scopre il messaggio che essi intendono comunicarci.

Nasce in una famiglia numerosa

Ovviamente Gesù è figlio di Maria e Giuseppe: “Non ci sono dubbi in proposito” (Giuseppe Barbaglio. Gesù ebreo di Galilea, Dehoniane, pagg. 120 ss.). La madre è Maria… mentre il padre è Giuseppe…

Gesù è chiamato il figlio del falegname (Matteo 13, 55), di Giuseppe (Luca 4, 22 e in Giovanni 6, 42 2). Gesù nasce in un famiglia numerosa, ci documenta il biblista cattolico Giuseppe Barbaglio. Della madre e dei fratelli di Gesù ci parla Marco (3,31).

In Marco 6, 3 i compaesani di Nazaret si stupiscono della sua sapienza: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria e fratello di Giacomo, Ioses, Giuda e Simone? E le sue sorelle non sono qui presso di noi?”. La stessa informazione troviamo nel vangelo di Matteo 13, 55-56.

Giuseppe, dunque, non era quel vecchietto che l’iconografia, per avvalorare la leggenda della nascita verginale di Gesù, ci ha mostrato. La scappatoia di coloro che parlano di cugini è priva di senso: il greco del Nuovo Testamento ha parole diverse per indicare il cugino (anepsios).

Lo studioso M. Goguel, con mille altri, conclude: “Per la storia non esiste il problema dei fratelli di Gesù: esiste solo per la dogmatica cattolica” che ha voluto fare della leggenda della verginità di Maria un fatto biologico anziché simbolico.

Dunque Gesù nasce in una normale famiglia con tutta probabilità a Nazaret. Betlemme è la designazione teologica che si aggiunse per inserirlo nella dinastia di Davide. Questo oggi gli studiosi della Bibbia ci documentano con molto rigore.

Non si tratta di cancellare queste poetiche narrazioni, ma di saperle interpretare. Il guaio sta nel leggere questi racconti come resoconti di cronaca…

Ecco il passaggio importante

Il Natale ha un senso non se non ci fermiamo alle belle e suggestive leggende di Luca e Matteo, ma se ne scopriamo il significato.

Parlando delle origini, questi racconti in realtà vogliono richiamare la nostra attenzione sulla vita storica di Gesù, sul suo insegnamento. Nel linguaggio del loro tempo ci richiamano a non trascurare la persona, le scelte, l’insegnamento di Gesù.

Per Luca e per Matteo Gesù è un regalo che Dio ha fatto all’umanità, un grande dono: ecco il significato del “meraviglioso”…

Noi siamo tentati di mettere da parte, di sottovalutare il messaggio di Gesù e, invece, questi testi ci richiamano all’esigenza di dare peso al vangelo.

Non ci interesserà più allora come è nato Gesù: esattamente come sono nato io e come sei nato tu. Ci interessa far nascere in noi la fiducia in Dio che ha sostenuto tutta la vita contro corrente di Gesù.

Ci interessa scoprire che quell’uomo chiamato Gesù di Nazaret è realmente vissuto in quella terra che oggi chiamiamo Palestina come un vero credente in Dio e un vero profeta di giustizia.

Vivere il Natale significa entrare nel cammino di Gesù

Vivo un Natale cristiano se faccio nascere e rinascere continuamente in me e attorno a me l’impegno per una società più giusta, nonviolenta, senza discriminazioni.

Questa è stata la storia vera di Gesù; lui ha lottato tutta la vita contro i pregiudizi, perché la fraternità e la sororità diventassero lo stile di vita quotidiana al posto del dominio, delle disuguaglianze, delle emarginazioni.

I retorici natali delle messe di mezzanotte, lo spettacolo televisivo dei discorsi del papa e le orge caritative di questi giorni sono vernici che coprono con un mantello religioso le ingiustizie e le ipocrisie.

Se gusteremo in questi giorni un po’ di riposo, se avremo momenti di dialogo e di convivialità semplice e gioiosa, se sapremo sostare un po’ in silenzio e in preghiera, potremo ricavarne un gran bene.

Sarà un’occasione per ricollocare più in profondità e per rilanciare con maggiore coerenza a partire da noi la voglia di generare relazioni nuove, per non abbandonare né il sogno né l’impegno per un mondo altro.

E poi, cari amici dell’Arcigay di Bergamo, come non rinnovare l’impegno a lottare perché in tutto il mondo gay, lesbiche, transessuali possano vivere secondo la loro natura, secondo quello che sono, alla luce del sole, sotto il sorriso di Dio?

Vi bacio e vi abbraccio ad uno ad uno e… non lasciatevi turbare dalle “parolacce” vaticane. Ma è fondamentale che ci ricordiamo che sarà un buon Natale davvero se lotteremo ogni giorno non solo per noi, ma per tutte le persone oppresse, violentate, messe ai margini, non tutelate nei loro diritti, per gli stranieri, i lavoratori a rischio nei cantieri di lavoro…

Non lasciamoci troppo rapire dal bue e dall’asinello, dallo svolazzo degli angeli, da Maria vergine o extravergine… La poesia natalizia può essere feconda, stimolante, se non è evasiva.

Dio ancora una volta ci ricorda, attraverso la figura di Gesù, che è possibile orientare la nostra vita verso un mondo più giusto e felice anche a piccoli passi, anche con le piccole possibilità che ci offre la nostra esistenza quotidiana.

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