La prima settimana di luglio in comunità è stata piena di slancio. Anche se la maggior parte dei fratelli e delle sorelle della comunità, quelle che possono permetterselo, godono alcuni giorni di riposo.
Nei tre gruppi biblici di cui sono animatore, mattino, sera e “notturno” (dei 5 che attualmente si ritrovano in cdb), quest’anno è cresciuto l’amore per la lettura biblica come non era mai successo nei 33 anni della nostra storia.
Nei momenti in cui non si pone al centro la ricerca biblica rischiamo facilmente di cadere e ricadere nei soliti "bla bla bla", di parlarci addosso. E’ ancora la Bibbia che ci sorprende quando, acquisita la consapevolezza che i linguaggi e le culture sono lontane dalla nostre, la leggiamo con “l’ermeneutica della simpatia”, con la volontà di inserirci in quel cammino di amore e di libertà al quale Dio ci chiama.
Avendo la fortuna di vivere le mie giornate a contatto con molte persone “maledette” dai poteri o abbandonate alla disperazione, sento sempre di più che la pratica della lettura biblica riaccende continuamente in noi la fiamma della vita, della condivisione.
Martedì 4 luglio abbiamo letto insieme, accanto ad alcuni versetti della lettera di Giacomo, il testo di Esodo 3, 1 - 6: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio".
E’ stato appassionante, ci ricordava Amabile, che aveva curato la presentazione, ridirci che Dio non si consuma. Non viene meno né la Sua acqua né la Sua fiamma. Fiorentina ha sottolineato che Mosè condusse il gregge “oltre”. La parola semina in noi voglia di “altro”, decisione per un “oltre” quando da mille parti ci viene suggerito di stare fermi e rassegnati.
Franca, Andres, Tommaso hanno visto nel Dio che chiama Mosè per nome la eco di Isaia 43: “Non temere, io ti ho chiamato per nome... Tu sei mio... Per me sei molto prezioso... io ti stimo e ti amo”. Sì, nonostante tutte le nostre incapacità di vedere e di sentire, leggiamo le Scritture anche per riporre nel nostro cuore questa fiducia e prendere coscienza del nostro essere chiamati/e per nome.
Una fiducia, ricordava Chiara, che si costruisce a piccoli passi perché spesso i paroloni nascondono un vuoto. E se facciamo i sordi? Dio non si dà per vinto e chiama Mosè due volte e Samuele... addirittura tre. Il Dio “svegliarino” ci viene incontro in mille modi... Per Maria è, come ci suggerisce il testo, tutta la realtà di ogni giorno che può diventare “terra santa”, il luogo in cui Dio parla. Spesso è proprio dai luoghi spinosi, dalle situazioni intricate e dalle cause perse che ci giungono il grido e la voce di Dio.
Ti benedico con tutto il mio cuore,
o Dio, fiamma di un fuoco inestinguibile.
Per tu sei l’unica fiamma che non si spegne,
sei l’unico fuoco che arde e che non si consuma.
Da Te, pozzo d’acqua viva e fuoco eterno,
potrò attingere sempre.
Anche le stelle hanno i giorni contati,
ma Tu solo sei la vita senza misura.
Come Mosè, anch’io voglio accostarmi,
voglio che i miei occhi e il mio cure ti cerchino,
capaci di meravigliarsi
“per l’opera delle Tue mani e le parole della Tua bocca”.
Voglio togliermi i calzari delle mie false sicurezze,
delle mie insensibilità per potere scoprire e sentire
che questa vita quotidiana è la “terra santa”
nella quale Tu fai risuonare il Tuo invito
a diventare figli e figlie della risurrezione.
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