mercoledì 20 settembre 2006

Davanti a Dio le cose stanno diversamente...

da: LA STAMPA del 19 settembre

TORINO
PERSONAGGIO

L’ex sacerdote ha celebrato 104 matrimoni omosessuali
L’ultima unione «benedetta» da don Barbero è stata fra due lesbiche: «L’unica cosa che conta è l’amore della coppia»

di Marco Accossato

Cinzia dice che «è stata la mia prima vera storia», il suo «primo amore». E poco importa che quell’amore sia donna, donna come lei, e si chiami Manuela. Poco importa la separazione dal marito, avvenuta poco prima, e il figlio Andrea di 7 anni che ha accompagnato lei e la sua nuova compagna all’altare. Andrea con un padre lontano e due mamme nella medesima casa. «Non riesco a capire tutto questo scandalo rispetto all’amore delle stesso sesso», dice Cinzia.

Non lo capisce neppure «don» Franco Barbero. E non sarà certo l’ultima coppia lesbica che porterà convinto all’altare. Malgrado l’allontanamento dalla chiesa disposto nel 2003 dal prefetto del sant’Uffizio divenuto Papa Benedetto XVI, sono 104 le coppie che l’animatore della comunità cristiana di base a Pinerolo ha guidato fino al «sì».

Uomini con uomini, donne con donne. Alcuni desiderosi di essere genitori. «Centoquattro coppie felici - racconta Barbero -, dopo i sei incontri di preparazione e preghiera vissuti da tutti sempre con grande intensità». Cinzia e Manuela, 39 anni la prima, 30 la seconda, sono l’ultima coppia sposata da Franco Barbero. Originarie di Roma, dove vivono e dove hanno conosciuto il sacerdote non più sacerdote che ha però reso possibile il loro sogno davanti a un altare, sotto un crocifisso.

«Vi dichiaro moglie e moglie». Parole che per «don» Barbero sembrano piuttosto un errore di scrittura, «non certo di natura». «Io celebro l’assoluta normalità dell’amore omosessuale. Uomini e donne che non possiedono la verità ma la cercano. Persone che si vogliono bene e hanno fede. Ed è tutto ciò che conta, credetemi. Amore fra loro e fede nel Signore».

Ridotto allo stato laicale da un decreto pontificio, Franco Barbero l’aveva annunciato subito, dopo aver letto e riletto il decreto che «con molta sofferenza», alle 7 del mattino del 13 marzo 2003, gli comunicava - firmato Monsignor Debernardi - «la tua dimissione dallo stato clericale».

«C’è una tradizione secolare che ha eretto il modello eterosessuale a unico modello - riflette, sereno, Barbero -. Gli omosessuali sono stati e sono una rivoluzione. Fanno vedere che fuori dal modello esistono diverse possibilità di amore, ma chi ha il potere vuole un modello, solo perché si governa più facilmente. Quando però l’amore esplode non lo governi più».

Lo devi benedire, dice don Barbero. Normale o diverso che sia. E’ amore comunque. «E l’amore è più forte». Fisico e spirituale. Come quello fra Cinzia e Manuela, che mano nella mano entrano in chiesa, e per tutta la cerimonia non sciolgono le loro dita quasi intrecciate. Sono partite da Roma in sei, i parenti e gli amici più cari. E hanno pronunciato il loro «sì», scambiato gli anelli, festeggiato.

«Mi hanno chiuso una porta e mi si è aperta una finestra», dice, «felice di essere sacerdote», Barbero. Ma niente telecamere né fotoreporter in Chiesa. In fondo non vede eccezionalità, nel suo gesto. «E’ la normalità dell’amore». Amore così uguale e così diverso.

Un’altra coppia lesbica come Cinzia e Manuela dice che, in realtà, «il nostro non ha nulla che vedere con l’amore né con l’amicizia». E qualcosa di diverso ancora, «qualcosa che non puoi descrivere. Che provi e vivi».


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TORINO
PARLA IL SACERDOTE ORA FUORI DALLA CHIESA
L’ex prete: davanti a Dio l’amore vale più del rito

Intervista di Marco Accossato

Miti, umili, calmi. E possibilmente fuori dal clamore. Ecco il credo di «don» Franco. Il suo modo per continuare a celebrare l’amore, fuori dalle polemiche, al di là della sua cacciata dalla Chiesa.

Ma come si può far finta di nulla. Come può celebrare un matrimonio all’altare sapendo che lei non è più sacerdote?
«Quando mi trovo di fronte a una coppia omosessuale o lesbica, come quando mi trovavo di fronte a un ragazzo e una ragazza che chiedevano di essere uniti in matrimonio, c’è una sola verifica da fare: che i due si vogliano bene davvero, e abbiano fiducia in Dio. Il resto sono formalità».

Perché allora celebrare il rito, se è solo formalità?
«L’amore di Dio è più grande. E’ stata una benedizione, per me, essere allontanato. Una benedizione che non ha inficiato nulla della mia vocazione. Io presiedo messa tutte le domeniche e molti fedeli celebrano con me. E nel matrimonio i ministri sono gli sposi stessi».

Fu Ratzinger, nel 2003, a «licenziarla» dalla Chiesa. L’ex cardinale, prefetto del sant’Uffizio, ora Papa.
«Le cose non capitano per caso, né invano».

Che cosa intende?
«Sto pensando allo svarione del Papa sui musulmani. E’ un’opportunità per vedere sotto la luce giusta papato e Papa. Quel Papa che mi ha licenziato».

Non demorde, don Franco. Anzi, non dovrei chiamarla «don»...
«Allora non mi chiami “don”. Ma, come nel matrimonio delle coppie gay, davanti a Dio le cose stanno diversamente».

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