1) Comunità cristiane di base, santi, gerarchia vaticana e omosessualità
di Pasquale Quaranta
L'intervista ha avuto luogo giorno 16 gennaio 2003 presso la sede della Chiesa Cristiana Libera di Avellino , in occasione di una conferenza dal tema "Il ruolo delle donne nelle chiese cristiane". Erano presenti, oltre a don Franco Barbero, la pastora valdese Elisabeth Löh di Portici (Na). Il dibattito è stato introdotto e moderato da Susi De Paola.
Don Franco, non tutti sanno cosa si intende per comunità cristiana di base...
Si tratta di un movimento internazionale legato alle teologie della liberazione, che ha un coordinamento anche in Italia. Sono comunità legate alle persone che nella Chiesa soffrono e che nella società vivono una situazione di disagio. Io mi occupo molto di questo, sia a livello di studio che nella pratica pastorale. Non è una cosa gettata sulle nuvole. Anche il movimento che ha appoggiato Lula [presidente del Brasile - n.d.r.] in larga misura ha avuto origine nella teologia della liberazione.
Perché la Chiesa nel tempo si è dimenticata dei più deboli?
Quando diventi ricco, e sali in alto in alto, non ti arriva più il grido della strada, gli abbracci, le voci e i sussurri, il palpito del cuore. Vedi solo che i grattaceli e ciò che è grande. Quando la Chiesa è diventata potente e ricca ha cambiato il suo sguardo verso la società. Gesù, che invece incontrava la gente, aveva una visione diversa.
Quando la Chiesa si è strutturata a potere, quando ha cominciato a gareggiare con gli altri poteri, a diventare una multinazionale anche di amore unico, il grido dei poveri, se lo avvertiva, non lo ha preso più sul serio. Perché ormai interessava parlare con Agnelli, con Bush, con i grandi della terra. Chi è che va dal Papa ogni giorno? L’interesse a livello gerarchico, prioritario, è rivolto a chi dirige il mondo. Poi si fanno i grandi proclami per i poveri..
È vero che lei rifiuta il Concordato?
Sì, ho il privilegio di non essere pagato dalla Chiesa. Molti preti “stanno dentro” perché hanno una dipendenza economica. La mia comunità ha fatto la scelta di auto-finanziarsi. Questo significa un alto livello di libertà. Ti dirò che il conflitto, nella Chiesa, non deve diventare una polarizzazione delle persone ma la promozione della pluralità. Permettere alle coscienze di esprimersi secondo la propria natura, vivere il plurale della Chiesa e guardare i teologi, i gruppi..
Si può, a questo punto, parlare del potere dei poveri?
Occorre socializzare le esperienze. Questa è la possibilità dei poveri. Mettersi insieme, liberarsi, fare cultura. Cultura è imparare a discernere che quella Autorità “che mi parla così” difende un potere, non fare più la sovrapposizione Chiesa-Papa, Chiesa-Dio, ma distinguere la Chiesa dalla Gerarchia, e il tutto da Dio. Bisogna stare ben attenti a non lasciarsi prendere solo dalla polemica. Bisogna costruire gruppi, idee.
Qual è il suo pensiero sui Santi?
Insieme a moltissimi teologi e teologhe faccio una riflessione semplice: innanzitutto Dio solo è Santo. Questo predispone noi a metterci tutti sullo stesso piano, bisognosi e bisognose di conversione, ad aiutarci, a non creare tra di noi l’aristocrazia della virtù. Perché la presunzione di essere buoni, migliori, distrugge il cammino di ciascuno.
Noi dobbiamo metterci davanti a Dio e riconoscere che siamo tutti “terra terra” ma non per scoraggiarci, bensì per metterci al nostro giusto posto. E poi perché accanto a questa questione dei Santi c’è un’istituzione che dice: “Sono io che li riconosco i santi” e... guarda un po’, sono sempre della sua ditta! E sono sempre quelli obbedienti o manipolabili. Perché magari anche un vescovo come Romero, quando nessuno più ne saprà dire, riusciranno a manipolarlo e lo faranno santo.
Rosmini, questo grande teologo e filosofo che hanno condannato: adesso che ormai tutto è cambiato, lo riabilitano! [cfr. “Rosmini riabilitato”] Allora, io credo che essere messi tutti allo stesso livello davanti a Dio, serva a togliere la prerogativa di definire se uno è Santo, quando il cuore delle persone lo conosce solo Dio. Sarebbe bene togliere questa presunzione a un’Istituzione ed evitare tanto mercato.
Perché i Santi sono dei grandi trasformatori delle devozioni popolari, artificiosamente indotte nel popolo, in denaro. Questo è indecente! E così si spiega il livello di superstizione, l’aspetto mercantile, le apparizioni... La gente se ne approfitta sulle spalle dei più deboli culturalmente. È noto: coloro che sono nel dolore si rivolgono alla prima bottega di felicità per avere una possibilità di sedare l’angoscia, di intravedere uno spazio miracolistico. L’accanimento non è mai contro le persone, ma contro le Istituzioni che le manipolano, contro coloro che hanno il timone e dovrebbero essere avvertiti, consapevoli ed onesti.
Quando c’è puzza di mercato, già viene il sospetto. Pensate a questo santo che hanno fatto in Messico [cfr. Juan Diego]. Non è mai esistito. È un mito, non è mai esistito! Come si fa a fare santo uno quando gli storici cattolici hanno detto al Papa: “Ma guardi che non è esistito!”. È esistito nella memoria popolare come un mito, ma ormai il mito è troppo fondato. La risposta vaticana: “Andiamo avanti lo stesso, voi risolvetevi i vostri dubbi”. Ma vedete come si gioca sulla credulità popolare…
Don Franco: chi sono per lei Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta...
Ho grande rispetto per queste persone ma molta indignazione verso chi le ha strumentalizzate. Sono un uomo e una donna che, con i loro limiti, come noi abbiamo i nostri, hanno cercato di fare qualcosa di bene. Ma questo è stato enfatizzato perché era congeniale alle fortune delle Istituzioni. Io non ho disprezzo verso nessuno, ci mancherebbe. Quando però una persona viene usata per le fortune istituzionali, c’è l’inganno. C’è il mercato, il travisamento della realtà, e una maniera di trattare le persone, che non vanno usate a scopi istituzionali. Le persone vanno rispettate: pesa la loro testimonianza.
Gerarchia cattolica e omosessualità - lei scrive - “come dono di Dio”: qual è il suo punto di vista sull’argomento? E qual è il contrasto con la Dottrina? Si aspetta dei cambiamenti?
Avrei da scrivere tre libri su quest’argomento! [ride..] Non mi aspetto grandi segnali positivi dalla gerarchia, che oggi è un club d’amici; il Papa ha selezionato ed accolto, solo nelle alte sfere della gerarchia, quelli che sono stati controllati, scremati e garantiti. Noi, come movimento internazionale, chiediamo che i vescovi vengano eletti dalle chiese di base. Significherebbe rispettare il pluralismo. Se, invece, chi ha il potere coopta tutte persone gradite...
In questo momento, al di là delle sorprese che Dio potrebbe anche farci, non è prevedibile un grande cambiamento. Perché sono tutte persone fidate, ultra selezionate. Dove si assiste invece a una dinamica estremamente interessante? Tra i teologi, le teologhe, le comunità. Il miracolo vero sono i gay che decidono, a livello singolo ed in gruppo, di dire: “Io sono gay, vivo la mia omosessualità, sono cristiano e metto insieme queste due esperienze”. Quello che voi state facendo è rivoluzionario!
Cominciare a vivere felicemente la propria natura, la propria condizione, cominciare a dire: “Io sono cristiano e lo resto! E tra queste due esperienze non vivo più la contraddizione, ma le metto insieme armonicamente dentro di me”. È chiaro quindi che noi, nella lotta anche sociale, ci occupiamo dei diritti, del coordinamento dei gruppi gay, dell’accoglienza; e che lo chiamino matrimonio o no [cfr. Celebrazioni dell’amore gay e lesbico] dipende dai contraenti, non da me, da chi assiste alla celebrazione.
Ma io voglio fare questo passo e lo faccio! La proposta della nostra comunità è stata accolta favorevolmente da tutto il movimento italiano. Sapete cosa vuol dire? Che noi non stiamo facendo una trasgressione ma un’anticipazione. Diciamo: “È possibile fare..”. È un segno visibile.
di Pasquale Quaranta
L'intervista ha avuto luogo giorno 16 gennaio 2003 presso la sede della Chiesa Cristiana Libera di Avellino , in occasione di una conferenza dal tema "Il ruolo delle donne nelle chiese cristiane". Erano presenti, oltre a don Franco Barbero, la pastora valdese Elisabeth Löh di Portici (Na). Il dibattito è stato introdotto e moderato da Susi De Paola.
Don Franco, non tutti sanno cosa si intende per comunità cristiana di base...
Si tratta di un movimento internazionale legato alle teologie della liberazione, che ha un coordinamento anche in Italia. Sono comunità legate alle persone che nella Chiesa soffrono e che nella società vivono una situazione di disagio. Io mi occupo molto di questo, sia a livello di studio che nella pratica pastorale. Non è una cosa gettata sulle nuvole. Anche il movimento che ha appoggiato Lula [presidente del Brasile - n.d.r.] in larga misura ha avuto origine nella teologia della liberazione.
Perché la Chiesa nel tempo si è dimenticata dei più deboli?
Quando diventi ricco, e sali in alto in alto, non ti arriva più il grido della strada, gli abbracci, le voci e i sussurri, il palpito del cuore. Vedi solo che i grattaceli e ciò che è grande. Quando la Chiesa è diventata potente e ricca ha cambiato il suo sguardo verso la società. Gesù, che invece incontrava la gente, aveva una visione diversa.
Quando la Chiesa si è strutturata a potere, quando ha cominciato a gareggiare con gli altri poteri, a diventare una multinazionale anche di amore unico, il grido dei poveri, se lo avvertiva, non lo ha preso più sul serio. Perché ormai interessava parlare con Agnelli, con Bush, con i grandi della terra. Chi è che va dal Papa ogni giorno? L’interesse a livello gerarchico, prioritario, è rivolto a chi dirige il mondo. Poi si fanno i grandi proclami per i poveri..
È vero che lei rifiuta il Concordato?
Sì, ho il privilegio di non essere pagato dalla Chiesa. Molti preti “stanno dentro” perché hanno una dipendenza economica. La mia comunità ha fatto la scelta di auto-finanziarsi. Questo significa un alto livello di libertà. Ti dirò che il conflitto, nella Chiesa, non deve diventare una polarizzazione delle persone ma la promozione della pluralità. Permettere alle coscienze di esprimersi secondo la propria natura, vivere il plurale della Chiesa e guardare i teologi, i gruppi..
Si può, a questo punto, parlare del potere dei poveri?
Occorre socializzare le esperienze. Questa è la possibilità dei poveri. Mettersi insieme, liberarsi, fare cultura. Cultura è imparare a discernere che quella Autorità “che mi parla così” difende un potere, non fare più la sovrapposizione Chiesa-Papa, Chiesa-Dio, ma distinguere la Chiesa dalla Gerarchia, e il tutto da Dio. Bisogna stare ben attenti a non lasciarsi prendere solo dalla polemica. Bisogna costruire gruppi, idee.
Qual è il suo pensiero sui Santi?
Insieme a moltissimi teologi e teologhe faccio una riflessione semplice: innanzitutto Dio solo è Santo. Questo predispone noi a metterci tutti sullo stesso piano, bisognosi e bisognose di conversione, ad aiutarci, a non creare tra di noi l’aristocrazia della virtù. Perché la presunzione di essere buoni, migliori, distrugge il cammino di ciascuno.
Noi dobbiamo metterci davanti a Dio e riconoscere che siamo tutti “terra terra” ma non per scoraggiarci, bensì per metterci al nostro giusto posto. E poi perché accanto a questa questione dei Santi c’è un’istituzione che dice: “Sono io che li riconosco i santi” e... guarda un po’, sono sempre della sua ditta! E sono sempre quelli obbedienti o manipolabili. Perché magari anche un vescovo come Romero, quando nessuno più ne saprà dire, riusciranno a manipolarlo e lo faranno santo.
Rosmini, questo grande teologo e filosofo che hanno condannato: adesso che ormai tutto è cambiato, lo riabilitano! [cfr. “Rosmini riabilitato”] Allora, io credo che essere messi tutti allo stesso livello davanti a Dio, serva a togliere la prerogativa di definire se uno è Santo, quando il cuore delle persone lo conosce solo Dio. Sarebbe bene togliere questa presunzione a un’Istituzione ed evitare tanto mercato.
Perché i Santi sono dei grandi trasformatori delle devozioni popolari, artificiosamente indotte nel popolo, in denaro. Questo è indecente! E così si spiega il livello di superstizione, l’aspetto mercantile, le apparizioni... La gente se ne approfitta sulle spalle dei più deboli culturalmente. È noto: coloro che sono nel dolore si rivolgono alla prima bottega di felicità per avere una possibilità di sedare l’angoscia, di intravedere uno spazio miracolistico. L’accanimento non è mai contro le persone, ma contro le Istituzioni che le manipolano, contro coloro che hanno il timone e dovrebbero essere avvertiti, consapevoli ed onesti.
Quando c’è puzza di mercato, già viene il sospetto. Pensate a questo santo che hanno fatto in Messico [cfr. Juan Diego]. Non è mai esistito. È un mito, non è mai esistito! Come si fa a fare santo uno quando gli storici cattolici hanno detto al Papa: “Ma guardi che non è esistito!”. È esistito nella memoria popolare come un mito, ma ormai il mito è troppo fondato. La risposta vaticana: “Andiamo avanti lo stesso, voi risolvetevi i vostri dubbi”. Ma vedete come si gioca sulla credulità popolare…
Don Franco: chi sono per lei Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta...
Ho grande rispetto per queste persone ma molta indignazione verso chi le ha strumentalizzate. Sono un uomo e una donna che, con i loro limiti, come noi abbiamo i nostri, hanno cercato di fare qualcosa di bene. Ma questo è stato enfatizzato perché era congeniale alle fortune delle Istituzioni. Io non ho disprezzo verso nessuno, ci mancherebbe. Quando però una persona viene usata per le fortune istituzionali, c’è l’inganno. C’è il mercato, il travisamento della realtà, e una maniera di trattare le persone, che non vanno usate a scopi istituzionali. Le persone vanno rispettate: pesa la loro testimonianza.
Gerarchia cattolica e omosessualità - lei scrive - “come dono di Dio”: qual è il suo punto di vista sull’argomento? E qual è il contrasto con la Dottrina? Si aspetta dei cambiamenti?
Avrei da scrivere tre libri su quest’argomento! [ride..] Non mi aspetto grandi segnali positivi dalla gerarchia, che oggi è un club d’amici; il Papa ha selezionato ed accolto, solo nelle alte sfere della gerarchia, quelli che sono stati controllati, scremati e garantiti. Noi, come movimento internazionale, chiediamo che i vescovi vengano eletti dalle chiese di base. Significherebbe rispettare il pluralismo. Se, invece, chi ha il potere coopta tutte persone gradite...
In questo momento, al di là delle sorprese che Dio potrebbe anche farci, non è prevedibile un grande cambiamento. Perché sono tutte persone fidate, ultra selezionate. Dove si assiste invece a una dinamica estremamente interessante? Tra i teologi, le teologhe, le comunità. Il miracolo vero sono i gay che decidono, a livello singolo ed in gruppo, di dire: “Io sono gay, vivo la mia omosessualità, sono cristiano e metto insieme queste due esperienze”. Quello che voi state facendo è rivoluzionario!
Cominciare a vivere felicemente la propria natura, la propria condizione, cominciare a dire: “Io sono cristiano e lo resto! E tra queste due esperienze non vivo più la contraddizione, ma le metto insieme armonicamente dentro di me”. È chiaro quindi che noi, nella lotta anche sociale, ci occupiamo dei diritti, del coordinamento dei gruppi gay, dell’accoglienza; e che lo chiamino matrimonio o no [cfr. Celebrazioni dell’amore gay e lesbico] dipende dai contraenti, non da me, da chi assiste alla celebrazione.
Ma io voglio fare questo passo e lo faccio! La proposta della nostra comunità è stata accolta favorevolmente da tutto il movimento italiano. Sapete cosa vuol dire? Che noi non stiamo facendo una trasgressione ma un’anticipazione. Diciamo: “È possibile fare..”. È un segno visibile.
Io mi attendo cambiamenti, molti cambiamenti, ma non li attendo dall’alto. I cambiamenti avvengono se le persone si muovono e camminano. Bisogna lavorare alla base: quello che si fa (coordinamenti, gruppi, e-mail, risposte...) fa crescere la coscienza della non dipendenza dalla Gerarchia. Disegnare e vivere una Chiesa plurale.
Sai cosa mi dicono? “Tu con queste idee vai via, sei fuori dalla Chiesa”. Ma io invece ci sono dentro! Ci sono allegramente. E scriverò un testo, intitolato proprio “Perché resto!”. Perché a questo punto ci provo gusto! Innanzitutto per turbare il sonno, per non invecchiare troppo in fretta [ride] Ma perché trovo tantissima gente che mi dice: “Mi raccomando don Franco, resta, combattiamo insieme, parliamone insieme”.
L’ho detto anche al vescovo: “Avete fatto un dogma, che una volta diventato prete lo sei per sempre”. Lo hanno fatto loro, non io! Allora, il vero problema è quello di rimanere, con gioia. Con serenità, accettando di fare il proprio cammino.
Ci sono stati teologi cattolici che l’hanno appoggiata, visto che i testi sull’omosessualità sono spesso di matrice protestante?
Teologi come Leandro Rossi hanno scritto cose meravigliose. Dentro la teologia cattolica non mi sento assolutamente isolato. L’associazione dei teologi cattolici americani, ha prodotto a partire dal ’77 questo testo straordinario. Perché dentro l’ecumene, anche la Chiesa cattolica, i teologi esegeti, i biblisti, gli storici, i teologi moralisti, in grande numero stanno facendo un lavoro straordinario che la cultura non fa circolare.
Perché la cultura laica parla della Chiesa, sempre del papa o del Vaticano. Io invito ad avere conoscenza di questo materiale teologico che sta fiorendo, e che io propongo sul sito scrivendo recensioni proprio per segnalare che questo materiale c’è, esiste. Affinché le persone leggano.
In questo momento sto lavorando molto con Paolo Rigliano [autore del libro “Amori senza scandalo”, Feltrinelli 2001]. C’è un lavoro culturale notevole. Ed è probabile che dalla collaborazione venga pubblicato un bel libro.
Come risponde alle persone che con versi biblici, citazioni, dicono che le persone omosessuali sono contro natura, si lasciano andare a passioni infami, sono un abominio e sono disordinate mentalmente?
Dunque, queste persone citano i passi del Levitico oppure i passi di Romani (1,26-27) che io ho studiato molto. E’ chiaro che c’è un modo di leggere la Bibbia fondamentalista che prende le parole così come suonano. Io a queste persone non do nessuna condanna. Capisco che chi ha quel libro e trova quella citazione, me la sta recitando.
Il mio problema è come queste persone, appartenendo a una comunità, non vengano educate a leggere la Bibbia. Non capisco quei preti e teologi che avendo gli strumenti dovrebbero informarsi, documentarsi, approfondire e divulgare le opere che spiegano, altre possibili interpretazioni.
Il problema di oggi è chi fa cultura nella Chiesa. Chi nasconde questi libri, e i grandi editori che pubblicano solo i libri che vanno per la maggiore. Chi, come il Vaticano, censura le ricerche, le maledice, scoraggia e toglie dall’insegnamento questi teologi.
Io non mi accanisco contro le persone, anzi! Quando le incontro, le invito a fare un lavoro, parlandone, offrendo una documentazione, una bibliografia, un lavoro rispettoso. Chi è fondamentalista, al fondo, ha un’istanza positiva: non vuole che io gli giochi sulla Bibbia. Questo è giusto. Ma io voglio fare vedere che non gioco, che faccio un lavoro serio.
Io dico: “Questo è il mio parere, ma tu non fidarti, voglio darti la documentazione”. Un lavoro ricco e capillare, che offre strumenti, punti di riferimento, la possibilità di parlarne. Per un cammino e una maturazione.
Don Franco, qual è il suo sogno più grande, o per lo meno quello che vuole condividere con noi?
Il mio sogno più grande è quello di poter vivere e parlare senza perdere la passione, fino all’ultimo respiro. Il giorno in cui cadrò nell’indifferenza, morirò [ride] così il buon Dio mi scalderà. Non voglio diventare una “persona sistemata”, mi capite in che senso... Finché ho voce voglio spendere le mie energie nei campi della liberazione, per le seconde nozze ad esempio, per i gay, le lesbiche, per tutte le persone che incontro.
Voglio imparare da loro, ma anche fare compagnia, combattere, fin che posso, e lo so che in comunità mi controllano [ride] ma io sono fatto così! Passo ore e ore a studiare per documentare le cose che dico. Di fronte al vescovo io mi sento proprio libero; ciò che non riesce ad accogliere è che noi siamo sereni nel dire queste cose.
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2) Omosessualità e Chiesa...
di Giulio Maria Corbelli
In questi giorni in cui tanta parte della comunità omosessuale è impegnata a ricordare il gesto di Alfredo Ormando, morto suicida in piazza San Pietro due anni fa, il 13 gennaio 1998. Noi di Gay.it ci siamo chiesti quali sono i modi in cui l'omosessualità si può conciliare con la fede. Ci sono tanti omosessuali nella Chiesa e ci sembra opportuno offrire a loro, ma non solo a loro, alcuni spunti di riflessione importanti.
Abbiamo così parlato con Franco Barbero, sacerdote cattolico, cha dal 1973 è presbitero della Comunità cristiana di base di Pinerolo; Barbero si occupa di teologia (ha scritto una ventina di libri di cui gli ultimi due sono Il giubileo di ogni giorno e Il dono dello smarrimento) e di tossicodipendenze. Da molti anni è in relazione e segue gruppi di omosessuali e lesbiche.
Caro Franco Barbero, la delegazione di Soulforce e Dignity USA nei giorni scorsi a Roma, ha chiesto - inutilmente - al Vaticano che i doni che alcuni "figli di Dio gay", come si definivano, portavano, venissero benedetti: perché c'è stata tanta reticenza da parte della Chiesa ad accontentare una richiesta così elementare?
Forse sempre di più dobbiamo domandarci se andiamo all'essenziale e, per me, l'essenziale nella vita cristiana è camminare nella "benedizione" di Dio, alla ricerca della Sua volontà. E' la ricerca della volontà che fa la Chiesa. Molte benedizioni delle gerarchie non sono la benedizione di Dio, come dice il profeta Malachia di cui va letto l'intero secondo capitolo: " E ora a voi, o sacerdoti, questo avvertimento. Muterò in maledizione la vostra benedizione! Anzi, l'ho già mutata in maledizione, perché nessuno di voi si prende cura" (2,2).
Sovente dove le gerarchie non benedicono o, anzi, maledicono, Dio benedice. Ovviamente finché a governare la chiesa di Roma ci sono cardinali come Sodano, che vedono nel Gay Pride l'unica macchia del Giubileo, è difficile aspettarsi benedizioni. Su tutta la problematica legata alla vita affettiva e sessuale, le gerarchie sono nel panico, nella paura, percorsi da mille fobie, ostinate nel ribadire un celibato in gran parte disatteso, occupate nell'occultare ciò che non si vuole riconoscere. Inoltre i teologi e le teologhe, tranne quelli di corte, esprimono almeno perplessità e dubbi.
Come può un omosessuale continuare a essere e definirsi cattolico, se ogni affermazione ufficiale della Chiesa gli nega la possibilità di vivere la propria condizione sessuale, affettiva e anche sociale?
Su questo punto io ho una immensa speranza. Conosco migliaia di uomini e donne che conciliano bene fede cristiana ed esperienza omosessuale. Bisogna essere insieme pazienti ed impazienti, ma il fiume dell'amore e della libertà d'amare cresce anche nella chiesa cattolica. Tanti preti, tanti teologi, tanti gruppi lavorano serenamente ad aprire sentieri di pace e finalmente non chiedono il permesso a nessuno, ma si confrontano nello studio biblico, nella preghiera, nel cammino ecumenico.
Sto preparando con alcune donne lesbiche una celebrazione liturgica. Le ho trovate così piene di lode a Dio per il dono che ha fatto loro di essere lesbiche e non hanno dubitato mai di essere parte viva ed integrante della chiesa. I documenti del magistero? Li sdrammatizzano. Sanno che in ogni storia c'è un passato che è vivo e c'è un passato "morto" che vorrebbe ancora condizionare il presente. Imparano a lasciar cadere senza alcuna polemica.
Anche all'interno della Chiesa, in tante comunità cattoliche, ci sono realtà - e la vostra ne è un chiaro esempio - che cercano di affermare un diritto ad essere gay e cattolico che le Gerarchie sembrano negare: come si può lottare all'interno della Chiesa perché i diritti degli omosessuali vengano finalmente conosciuti? Non le chiedo, in questo caso, un parere teologico quanto 'politico' cioè relativo all'attivismo dentro la Chiesa.
A mio avviso, bisogna allargare lo sguardo. La gerarchia non è tutta compatta nel condannare, ma soprattutto bisogna smetterla di dare più importanza alla classe sacerdotale che a tutta l'altra parte del popolo di Dio. La chiesa è più "spaziosa", più aperta dei documenti del magistero. Non bisogna credere che per essere cristiano - cattolico mi debbo allineare all'autorità. Debbo seguire Gesù. Sono cose che possono non coincidere, anche divergere.
Credo che serva molto pregare, studiare, fare della buona teologia, coltivare l'humor, parlare chiaramente, dar vita a piccoli gruppi, incontri, confronti. Sono le piccole iniziative locali che fecondano il terreno. E poi sapere guardare in grande, cioè collegarsi a ciò che germoglia e cresce nel mondo, nelle chiese, negli spazi più diversi. Non irrigidirsi nelle polemiche, ma convertirci ogni giorno ad un coraggio umile ed audace, alla mitezza ed alla chiarezza. Si, non si può parlare di amore senza amare appassionatamente la libertà e la felicità di tutti e tutte.
Crede che un giorno sarà possibile che la Chiesa muti opinione nel riconoscere agli omosessuali il diritto ad amarsi e quindi ad unirsi in coppia? Verranno mai riconosciute dalla Chiesa le unioni gay?
Ma perché Lei mi parla come se tutto questo fosse al futuro? Occorre vedere e rallegrarsi per ciò che già è presente, per le unioni d'amore che già si celebrano, per gli amori che già si vivono. I documenti ufficiali? Bisogna prepararli con le prassi evangeliche di oggi. La prassi deve anticipare i documenti: prima i discepoli e le discepole hanno seguito Gesù, poi sono venuti gli scritti, i Vangeli.
Occorre invertire la logica gregarista per cui io sono legittimato a fare qualcosa se ciò è contemplato da un documento ufficiale. Le più belle pagine della teologia della liberazione e delle teologie femministe sono nate dalle esperienze, dalle lotte, dalle speranze, dagli amori di uomini e donne che nella loro vita hanno "esperimentato" e poi, come atto secondo, hanno espresso la loro fede. I documenti che cadono dall'alto e non sono frutto di una "concertazione" con tutto il popolo di Dio sono metodologicamente ed evangelicamente poco significativi e certamente non vincolanti.
Liberiamoci dall'ossesione dei documenti: amiamo, celebriamo l'amore in liturgie nutrite di lode e di Parola di Dio, diamoci la mano e diciamo insieme, omosessuali ed eterosessuali, che questa "lotta" è ingaggiata anche per la conversione della chiesa di cui ci sentiamo parte viva.
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