N.T.WRIGHT, Risurrezione, Editrice Claudiana, Torino 2006, pagg. 976, € 65,00.
La mole del volume esprime bene l’impegno che viene richiesto al lettore o alla lettrice. Il tema si presenta particolarmente rilevante per l’esperienza della nostra fede.
Del medesimo Autore avevo letto una breve riflessione cristologica nel volume Gesù di Nazareth (Claudiana, Torino 2003) che non mi aveva entusiasmato. In quel volume l’Autore rilanciava vecchie riflessioni come fossero inedite novità.
In ogni caso, anche perché prediligo nella mia ricerca i libri e gli autori che hanno idee diverse dalle mie, mi sono accinto alla lettura di “Risurrezione” con grande volontà e attesa.
Ho apprezzato e letto con profitto la prima parte in cui l’Autore esplora la vita dopo la morte nell’antico paganesimo e nell’ebraismo biblico e post-biblico.
Nulla di eccezionalmente nuovo, ma la presentazione di una quadro in cui i percorsi si intrecciano, le culture e le religioni si contaminano a vicenda senza oscurare le proprie identità è assai apprezzabile.
Il linguaggio anche se qualche volta è ridondante, facilita l’apprendimento con il frequente richiamo al già detto e con utili quadri riassuntivi.
Quando si giunge alle testimonianze e ai racconti pasquali, per chi come me crede fermamente che Gesù è stato realmente risuscitato, il libro è diventato davvero deludente.
Infatti tutto è scritto a tesi: Gesù è risuscitato con il corpo, con un corpo che mangia, beve, si tocca... un corpo transfisico... Wright è ossessionato dalla volontà di dimostrare che Gesù è apparso corporalmente, che la risurrezione è un fatto corporeo..., che i discepoli lo hanno “toccato”, che la tomba era veramente vuota, che gli “incontri” dopo la risurrezione avvengono con un “Gesù palpabile” (pag. 783), “transfisico”.
La parola “corporeo - corporea - corporalmente” è usata oltre mille volte (contatele: la troverete parecchie volte oltre mille) tanto che nella mia lettura, giunto a mille, non ho più proseguito nella numerazione...
L’esegesi modesta e tradizionale è lo strumento che l’Autore unisce ad uno stile aggressivo e sprezzante verso gli Autori che non condividono le sue interpretazioni e le sue troppo perentorie affermazioni. Si tratta, secondo Wright, di “storici testardi e teologi sciocchi”, come scrive a pagina 791.
E nel testo si trovano linguaggi peggiori. Quando poi cerca di riassumere il pensiero dai suoi “avversari”, lo fa spesso con una lente deformante. Quando parla dell’opera del teologo Schillebeeckx, lo tratta come un principiante disattento. Wrigth ha per tutto “una risposta totalmente ovvia da risultare abbagliante” (pag. 819).
A mio avviso, l’aspetto più ambiguo di tutte queste pagine, in cui molto raramente emerge un dubbio o un’autocritica, è l’impostazione di fondo che attraversa tutto il volume: l’Autore crede leggere la Bibbia, ma in realtà la usa per dimostrare una tesi. La sua lettura è ideologico-dogmatica.
Affiora un letteralismo che mi riconduce ai miei primi studi esegetici. Si può credere nella realtà dell’azione di Dio che ha dato una vita nuova a Gesù, che il nazareno è il risorto per opera di Dio, senza dover leggere i racconti pasquali come “apparizioni di un Gesù corporeo, transfisico, palpabile”.
Oggi la mia fede non ha per nulla bisogno della prova “sufficiente o necessaria” della tomba vuota. Mi fido radicalmente di Dio che ha risuscitato Gesù, che ha reso vivo proprio il nazareno, non solo la sua memoria e il suo messaggio.
Ma la realtà della risurrezione non è storicamente-tangibilmente dimostrabile. Posso pensare che i primi discepoli lo hanno visto più con gli occhi della fede che con quelli della carne, come oggi migliaia di esegeti sostengono in piena adesione alla fede pasquale.
Rispetto l’opinione di questo Autore, ma la fede può passare per altre strade e il vescovo Wright (come ogni vescovo!) presenta la sua interpretazione vecchia di secoli come l’unica sostenibile.
La sua bibliografia è modesta come tutto il libro e mancano in larga parte significative opere francesi, italiane, latinoamericane, femministe, spagnole... che l’Autore non cita nemmeno. Sono, invece, coinvolgenti le pagine in cui Wright parla, in esempi, di animali, di biciclette, di città, di panorami. Qui davvero il modesto esegeta è superato dal brillante scrittore.
Forse l’impegno della Editrice Claudiana, che ha una “produzione” eccellente, meritava davvero qualcosa di più.
In ogni caso l’opera sembra poco rispondente ad un livello divulgativo, sia per il prezzo che per la voluminosità, ma non è certo consigliabile né per uno studente di teologia né per chi oggi abbia il desiderio di alimentare la fede con studi rigorosi, rispettosi della pluralità delle interpretazioni nel contesto di una radicale fiducia in Dio che, solo, è l’Autore della risurrezione di Gesù e sarà l’Autore della nostra risurrezione.
La mole del volume esprime bene l’impegno che viene richiesto al lettore o alla lettrice. Il tema si presenta particolarmente rilevante per l’esperienza della nostra fede.
Del medesimo Autore avevo letto una breve riflessione cristologica nel volume Gesù di Nazareth (Claudiana, Torino 2003) che non mi aveva entusiasmato. In quel volume l’Autore rilanciava vecchie riflessioni come fossero inedite novità.
In ogni caso, anche perché prediligo nella mia ricerca i libri e gli autori che hanno idee diverse dalle mie, mi sono accinto alla lettura di “Risurrezione” con grande volontà e attesa.
Ho apprezzato e letto con profitto la prima parte in cui l’Autore esplora la vita dopo la morte nell’antico paganesimo e nell’ebraismo biblico e post-biblico.
Nulla di eccezionalmente nuovo, ma la presentazione di una quadro in cui i percorsi si intrecciano, le culture e le religioni si contaminano a vicenda senza oscurare le proprie identità è assai apprezzabile.
Il linguaggio anche se qualche volta è ridondante, facilita l’apprendimento con il frequente richiamo al già detto e con utili quadri riassuntivi.
Quando si giunge alle testimonianze e ai racconti pasquali, per chi come me crede fermamente che Gesù è stato realmente risuscitato, il libro è diventato davvero deludente.
Infatti tutto è scritto a tesi: Gesù è risuscitato con il corpo, con un corpo che mangia, beve, si tocca... un corpo transfisico... Wright è ossessionato dalla volontà di dimostrare che Gesù è apparso corporalmente, che la risurrezione è un fatto corporeo..., che i discepoli lo hanno “toccato”, che la tomba era veramente vuota, che gli “incontri” dopo la risurrezione avvengono con un “Gesù palpabile” (pag. 783), “transfisico”.
La parola “corporeo - corporea - corporalmente” è usata oltre mille volte (contatele: la troverete parecchie volte oltre mille) tanto che nella mia lettura, giunto a mille, non ho più proseguito nella numerazione...
L’esegesi modesta e tradizionale è lo strumento che l’Autore unisce ad uno stile aggressivo e sprezzante verso gli Autori che non condividono le sue interpretazioni e le sue troppo perentorie affermazioni. Si tratta, secondo Wright, di “storici testardi e teologi sciocchi”, come scrive a pagina 791.
E nel testo si trovano linguaggi peggiori. Quando poi cerca di riassumere il pensiero dai suoi “avversari”, lo fa spesso con una lente deformante. Quando parla dell’opera del teologo Schillebeeckx, lo tratta come un principiante disattento. Wrigth ha per tutto “una risposta totalmente ovvia da risultare abbagliante” (pag. 819).
A mio avviso, l’aspetto più ambiguo di tutte queste pagine, in cui molto raramente emerge un dubbio o un’autocritica, è l’impostazione di fondo che attraversa tutto il volume: l’Autore crede leggere la Bibbia, ma in realtà la usa per dimostrare una tesi. La sua lettura è ideologico-dogmatica.
Affiora un letteralismo che mi riconduce ai miei primi studi esegetici. Si può credere nella realtà dell’azione di Dio che ha dato una vita nuova a Gesù, che il nazareno è il risorto per opera di Dio, senza dover leggere i racconti pasquali come “apparizioni di un Gesù corporeo, transfisico, palpabile”.
Oggi la mia fede non ha per nulla bisogno della prova “sufficiente o necessaria” della tomba vuota. Mi fido radicalmente di Dio che ha risuscitato Gesù, che ha reso vivo proprio il nazareno, non solo la sua memoria e il suo messaggio.
Ma la realtà della risurrezione non è storicamente-tangibilmente dimostrabile. Posso pensare che i primi discepoli lo hanno visto più con gli occhi della fede che con quelli della carne, come oggi migliaia di esegeti sostengono in piena adesione alla fede pasquale.
Rispetto l’opinione di questo Autore, ma la fede può passare per altre strade e il vescovo Wright (come ogni vescovo!) presenta la sua interpretazione vecchia di secoli come l’unica sostenibile.
La sua bibliografia è modesta come tutto il libro e mancano in larga parte significative opere francesi, italiane, latinoamericane, femministe, spagnole... che l’Autore non cita nemmeno. Sono, invece, coinvolgenti le pagine in cui Wright parla, in esempi, di animali, di biciclette, di città, di panorami. Qui davvero il modesto esegeta è superato dal brillante scrittore.
Forse l’impegno della Editrice Claudiana, che ha una “produzione” eccellente, meritava davvero qualcosa di più.
In ogni caso l’opera sembra poco rispondente ad un livello divulgativo, sia per il prezzo che per la voluminosità, ma non è certo consigliabile né per uno studente di teologia né per chi oggi abbia il desiderio di alimentare la fede con studi rigorosi, rispettosi della pluralità delle interpretazioni nel contesto di una radicale fiducia in Dio che, solo, è l’Autore della risurrezione di Gesù e sarà l’Autore della nostra risurrezione.
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