mercoledì 28 marzo 2007

RISORSE PER IL DIBATTITO

JAMES ALISON, Fede oltre il risentimento, Transeuropa Libri, Ancona 2007, pagg. 226, € 12,90.

Ancora una volta presento un libro. Si tratta, a mio avviso, di un libro avvincente e paradossale che ho letto con interesse, coinvolgimento e frutto.

Da una parte l’Autore si presenta a più riprese come un teologo cattolico doc, in armonia con la “coscienza cattolica”, dall’altra è molto lucido nell’affermare la piena legittimità evangelica dell’esperienza omosessuale.

Assolutamente tradizionale per ciò che riguarda la cristologia e la dogmatica, il nostro Autore proclama la totale autonomia della coscienza cristiana omosessuale dall’insegnamento del magistero.

La lettura evidenzia una ricorrente contraddizione. Se, infatti, si dice che “è importante non attaccare la Chiesa” (pag. 11), l’Autore fa esattamente l’opposto in moltissime pagine e si confronta coraggiosamente con l’insegnamento delle gerarchie vaticane alle quali nega il suo assenso.

La sua è tuttavia una contraddizione che, non priva di ambiguità e di abili “contorsioni” tattiche, invita il lettore e la lettrice a non cadere nella trappola della rabbia e della contrapposizione istituzionale, anche perché i veri progressi nella liberazione avvengono per lo più fuori dai recinti ecclesiastici.

L’Autore dedica pagine davvero preziose alla costruzione di una coscienza che non dipenda da nessuna “agenzia” esterna, compresa quella ecclesiastica. Rompere le catene della dipendenza, liberarsi dal bisogno di essere riconosciuti, approvati e benedetti rappresenta il passo decisivo verso una fede adulta.

Alison propugna una sana “indifferenza” rispetto agli apparati istituzionali e burocratici della chiesa senza spirito di superiorità, di disprezzo o di rottura. L’autorità vera sta nel Vangelo che ci libera dal fascino e dalle catene dell’apparato sacro.

Molte coscienze omosessuali sono ancora legate da sottili catene di dipendenza. La gerarchia ha fatto respirare per anni non ossigeno, ma gas nocivo e corrosivo. Essa ha catechizzato con una infinità di menzogne.

“Naturalmente, quel che è grave rispetto a quelle menzogne non è solo il fatto che ci vengono dette, ma che noi ci crediamo e le ripetiamo a noi stessi” (pag. 80).

E’ la pesantezza della omofobia interiorizzata che paralizza tante esistenze, ma è possibile un cammino che sveli l’inganno e ricollochi la vita sotto il sorriso di Dio: “Di tutte le menzogne, nessuna è più terribile e devastante per il nostro essere di quella secondo la quale noi non siamo in grado di amare. Quella che afferma che il nostro amore è malato, perverso e può solo portare danno e degrado a coloro verso i quali vorremmo aprirci” (pag. 80).

Il teologo Alison, che invita ripetutamente omosessuali e lesbiche a non abbandonare la loro appartenenza ecclesiale, ammette però che sono possibili altri esiti per chi ha riscoperto di piacere a Dio e di dispiacere alla propria chiesa ufficiale: “Molto probabilmente scopriremo che le parole che ci permettono di rilassarci nell’essere amati potranno benissimo anche renderci impossibile continuare a vivere all’interno di una struttura che considera il nostro amore solo finzione” (pag. 99).

Nel volume sono veramente originali i tratti in cui l’Autore parla di sé come gay, come sacerdote e come teologo, con una dichiarata “vocazione pastorale” per il bene dei fratelli e delle sorelle omosessuali.

Emerge una personalità che ha imparato ad affrontare i conflitti senza rabbia: “Il risentimento è una modalità del desiderio per cui il risentito si trova a preoccuparsi molto di più dell’ostacolo al suo progetto che del progetto stesso” (pag. 152).

Il libro si presenta anche come un audace tentativo di parlare a voce alta in una comunità che non accetta i gay e le lesbiche come interlocutori: “So benissimo che il mio tentativo di parlare all’interno della chiesa non è che il tentativo di un conducente ubriaco di dimostrare alla polizia che è capace di camminare in linea retta…. Vorrei chiedere insomma di non essere considerato un nemico della fede o un infiltrato che vuole minare le fondamenta della chiesa con l’introduzione di assurde eresie” (pag. 182).

E il coraggio, in verità, non manca al nostro Autore quando denuncia l’opera inaffidabile di quei gruppi che “con fondi sostanziosi e molta pubblicità” (pag. 187) mettono in atto la “terapia riparativa” (o “ricostruttiva” o “di conversione”), incoraggiata dalla chiesa gerarchica e da altri settori fondamentalisti delle chiese cristiane.

Questi gruppi, partendo dal presupposto-pregiudizio che tutti gli esseri umani sono intrinsecamente eterosessuali, deducono che il soggetto con inclinazioni verso persone dello stesso sesso è un eterosessuale difettoso o malato. L’omosessuale deve impegnarsi in un’opera costante di bonifica di se stesso, deve condurre un’opera di sterilizzazione, di anestesia e di desensibilizzazione.

In questo percorso di feroce automutilazione pervasiva, l’obiettivo da perseguire è la pantomima dell’eterosessualità. Curare in assenza di malattia è ciò che i “terapeuti riparativi” fanno. “In realtà questo, a ben vedere, è un delitto contro l’integrità della persona umana” (Paolo Rigliano).

Ma, pagina dopo pagina, il libro riserva piacevoli sorprese, nel suo simpatico andirivieni tra “tradizione” e “risoluzione”. Profumano di freschezza alcune interpretazioni bibliche e alcune “lettere agli amici” qui riportate.

Così pure l’Autore qua e là si dirige in modo esplicito ai sacerdoti e ai religiosi omosessuali perché diventino consapevoli di dover svolgere un ministero di apertura profetica, di svolta evangelica verso tempi nuovi per la comunità ecclesiale. Tanto più che “nel clero tradizionalmente si trova una percentuale di uomini di inclinazione omosessuale molto più alta che nella popolazione generale” (pag. 195).

Le ultime pagine affondano, come si suol dire, il coltello nella piaga: “Perfettamente in linea con la loro logica, gli ufficiali del Vaticano non trattano noi lesbiche e gay come soggetti a cui si può rivolgere la parola, capaci di espressione linguistica ragionata. Nei documenti vaticani siamo solo un “loro”, oggetti a cui ci si riferisce. Non si tratta solo di mancanza estetica. Nella concezione ufficiale, le persone come noi, parlando in senso stretto, non sono soggetti ragionevoli che possono avere qualcosa da dire su un argomento che li riguarda…. L’unica persona “omosessuale” che possa fungere da soggetto è quella che accetta che la sua inclinazione venga definita come una tendenza verso atti intrinsecamente cattivi dal punto di vista morale, tendenza da considerarsi quindi oggettivamente disordinata” (pag. 205).

Sono sicuro che un libro come questo comunica un soffio di speranza e di coraggio a molte persone. Rappresenta qualcosa di più di un nuovo contributo al dibattito. Ma nei sacri palazzi c’è ancora qualcuno che sa ascoltare?

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