venerdì 27 luglio 2007

BURJ DUBAI, TETTO DEL MONDO

“La competizione è la prima causa della stupidità”, disse Chevrot, aggiungendo “perché a volte si compete in terreni in cui contano solo la potenza e l’immagine”.

Vuole essere “il simbolo del nuovo Medio Oriente”? Finché cerchiamo “simboli” nella direzione della “superpotenza”, diamo segnali di morte, dei delirio, di continuità con il peggio dell’Occidente.

Su Repubblica di domenica 22 luglio Cristina Nadotti scrive.: “La Burj Dubai è solo l’ultima delle prodezze stilistiche e architettoniche della città più importante degli emirati, da anni palestra d’eccezione per architetti e ingegneri chiamati a progettare piste da neve nel deserto, isole artificiali a forma di palma ed edifici futuristici che sfidano il deserto.

Sono vetro, alluminio, cemento e acciaio le materie prime con cui gli ingegneri e gli architetti dello studio statunitense Skidmore, Owings e Merrill hanno costruito la torre che ospiterà 30mila appartamenti, il centro commerciale più grande del mondo, uffici e un hotel.

Non uno qualunque, ma il primo degli Armani hotel, albergo completamente arredato con la “linea casa” della maison italiana, che firmerà anche gli interni di una serie di appartamenti, dimore esclusive “che solo un gruppo privilegiato potrà chiamare ‘casa’ ”, in una struttura che viene innalzata da dieci gru e 5mila operai, che avrà ascensori che viaggiano a 18 metri al secondo e svetterà su un nuovo quartiere che costerà alla fine 20 miliardi di dollari.

La Burj Dubi avrà un volto diverso su ogni lato, una varietà necessaria per ovviare ai venti in quota. Ingegneri e architetti hanno infatti pensato la forma della struttura in funzione dell’altezza e dell’impatto con il vento.

In pratica ogni variazione nella facciate “costringe “ il vento a comportarsi in modo diverso, così da diminuire l’impatto laterale e l’oscillazione della struttura. Ci sono voluti poi studi climatici per simulare le condizioni uniche a quell’altezza e ricerche sismiche, che sono state sottoposte a diversi esperti, per avere alla fine controlli incrociati.

“Ma il problema maggiore - afferma l’ingegnere capo William F. Baker – è stato trasportare il cemento fino alla cima, perché il materiale cambia consistenza dopo un massimo di 7 minuti e invece per arrivare a oltre 50 metri ce ne volevano almeno 20”.

Delirio. Un calcolo approssimativo ci assicura che, con tale spesa, si sarebbero costruite 800.000 case popolari di ottima fattura. Questo è pura bestemmia.

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