sabato 25 agosto 2007

CHAVEZ: "IO DITTATORE? SONO I VENEZUELANI CHE MI SCELGONO..."

Su l’Unità del 18 agosto è comparsa questa intervista che mi sembra interessante. Chavez è il presidente più discusso del mondo, ma è indubbio che in Venezuela qualcosa cambia per i più poveri e molti privilegi dei super-ricchi vengono intaccati. Nel continente latinoamericano è in atto un movimento che fino a pochi anni fa non era facilmente prevedibile. Chavez ne è certamente, con i suoi limiti, un protagonista.


Chavez: «Io dittatore? Sono i venezuelani che mi scelgono...»

di Sandra Amurri

«Un dittatore, militare golpista, l’ultimo caudillo sostenitore dei narco-guerriglieri colombiani». «Un sognatore illuminato» che sta costruendo il «socialismo del XXI secolo per restituire dignità al popolo venezuelano». Chi è Hugo Chavez? L’interrogativo oggi si pone ancora di più dopo l’annuncio dell’ex parà che propone al Parlamento le sue elezioni a vita.

Garcia Marquez nel ‘99 scrisse di aver viaggiato e conversato con piacere con due uomini opposti: uno a cui la sorte aveva offerto l’opportunità di salvare il Paese, l’altro, illusionista, che rischiava di passare alla storia come despota. Di certo, il Venezuela di Chavez, da qualsiasi parte lo si voglia vedere, è un Paese al centro di radicali cambiamenti.

Anche grazie alla disponibilità dell’ambasciatore Garante un mese fa abbiamo incontrato il presidente Chavez per un’intervista. Lo osserviamo mentre, tra la «sua» folla abbraccia una bimba dagli occhi scuri come la sua pelle: «Lei è indio come me, povera com’ero io», e sferra il primo affondo contro l’«Impero americano del signor George W. Bush che non tollera che un povero e indio sovverta un sistema in cui un pugno di famiglie sottraeva le ricchezze affamando il popolo. Per questo cercano di fermarmi, in tutti i modi, anche con un affondo mediatico internazionale senza precedenti».

Cosa direbbe oggi Marquez di lei?
«Sono trascorsi 8 anni da quando ebbi con Gabo quella conversazione meravigliosa. Eravamo all’inizio del cammino, sono certo che ora avrebbe la risposta».

Quale?
«Chavez è un soldato al servizio del suo popolo che si batte contro il capitalismo, il sistema economico più avaro che sia mai stato inventato, un disastro immane per l’umanità. La sola via possibile, per scampare all’estinzione, è il socialismo democratico, umanitario».

Una strada già percorsa...
«No. Si tratta di un socialismo nuovo, che coniuga uguaglianza e libertà. Costruire attraverso una democrazia partecipativa una società senza privilegi che non faccia coesistere estrema povertà ed estrema ricchezza, è una necessità imperiosa per tutti i venezuelani, per tutti i latinoamericani».

Gli facciamo notare che la «sua» rivoluzione suscita diffidenze anche a sinistra e la destra dice che eliminerà l’economia privata...
«Che la destra si contrapponga non sorprende mentre faccio fatica a capire certe posizioni a sinistra, credo che siano frutto di un’informazione manipolata. Noi stiamo facendo una rivoluzione socialista che non elimina la proprietà privata, ma un nuovo sistema pluralista, in cui l’interesse pubblico è prevalente»

Rivoluzione pacifica, fatto storicamente inedito.
«Il processo è rivoluzionario in quanto sovverte il sistema, ma il cambiamento avviene nel tempo con l’azione di governo».

Sì, ma lei resta un militare, insistiamo, e, la divisa, soprattutto in America Latina, evoca scenari inquietanti. Da non dimenticare, che è stato anche protagonista di un golpe.
«La divisa!», esclama sorridendo. «Sono entrato in accademia giovanissimo, ero povero e quello era il solo modo per poter giocare a baseball. Il vero golpe resta quello del 2002, quando, da presidente, sono stato sequestrato per 43 ore in un’isola. Il mondo deve sapere che è stato un golpe deciso da Bush, con l’obbiettivo di abbattere il governo bolivariano. A chiedere la mia liberazione è stata la gente...Il popolo ha risposto eroicamente, sopportando la mancanza di gas, la chiusura a singhiozzo dei supermercati, delle banche, ecc...».

I risultati elettorali, continuiamo, dicono che il popolo è con lei, ma la democrazia venezuelana presenta non poche singolarità: l’opposizione non esiste in parlamento, suo padre è governatore dello stato di Barinas, suo fratello è ministro...
«È stata una scelta dell’opposizione non presentarsi alle elezioni, di cui non sono responsabile. La famiglia ha avuto un ruolo importante nella mia formazione, mio fratello maggiore mi ha aiutato ad uscire da una visione politica nazionalistica. Guardi, dice mostrando un ciondolo appeso al collo, è l’immagine del Messia che prometteva una nuova era, apparteneva al mio bisnonno guerrigliero sgozzato in carcere. Lo porto sempre con me».

Il riferimento al carcere richiama Gramsci. Dicono che lei lo utilizzerebbe per dare uno smalto liberal alla sua rivoluzione...
«Mi pare che il pensiero di Gramsci sia al centro della riflessione culturale e politica dei Paesi dell America Latina e non soltanto. L’idea che la politica non possa basarsi esclusivamente sui rapporti di forza e sulla conquista dello Stato, ma sul consenso e sull’egemonia, è un idea ancor oggi rivoluzionaria. Il nostro socialismo, ispirato al disegno di Simon Bolivar, ha bisogno del grande insegnamento di Gramsci».

Democrazia, egemonia, popolo. Anche Hitler e Mussolini potevano contare sul consenso popolare.
«Hoi!» sbuffa. «In Venezuela si respira forse aria di dittatura? Non vi è libertà di espressione e di informazione? Se così fosse Patrizia Poleo non potrebbe scrivere sul El Nuevo Pais, periodico di opposizione diretto da suo padre la menzogna che Chavez ha fatto liberare Ingrid Betancourt perché amico delle Farc. In questo Paese vengono violati i diritti umani? Qui non esiste Guantanamo».

Chavez, Chavez, sempre Chavez: già si sfiora il culto della personalità, e, sullo sfondo c’è la riforma elettorale che porterebbe al prolungamento del suo mandato, incalziamo.
«La personificazione è un po’ il rischio di tutte le rivoluzioni, forse, in questa prima fase è necessario. Il Venezuela del futuro non sarà Chavez, ma ciò che Chavez sarà riuscito a fare, non certo da solo. La democrazia è salda: sarò rieletto se gli elettori lo vorranno».

Presidente, quanto a nemici non ne è sprovvisto, le capita mai di avere paura?
«L’ho avuta molte volte prima della ribellione. Venivo assalito da incubi. Poi tutto si è dissolto. Un giorno Fidel mi ha detto: Hugo, sai cos’è che mi è più mancato? Uscire da solo, fermarmi all’angolo di una strada a guardare la gente passare».

Ecco, Castro...
«Si lo so bene, la vicinanza con Cuba un’altra delle mie colpe. Fidel lo amo come un padre, Morales come un fratello».

E Lula?
«Anche lui è parte della grande famiglia dell’America Latina, con Kirchner...costruiremo la Ue del continente latino americano...».

Anche grazie agli immensi giacimenti di petrolio...
«Il petrolio, a differenza di ieri, oggi serve per abbattere la povertà e costruire l’integrazione del Continente latinoamericano: un tempo decidevano tutto le multinazionali, adesso gli accordi tra gli Stati».

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