mercoledì 10 ottobre 2007

ABORTO IN CALO

Tutti i giornali hanno riportato una buona notizia. Spero che la leggano anche i vescovi…


L'aborto scende tra le italiane ma sale tra le cittadine straniere. E' questo l'aspetto più evidente che emerge dalla Relazione annuale sull'attuazione della legge 194/1978 ('Norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza'), che contiene i dati preliminari per l'anno 2006 e i dati definitivi per l'anno 2005. Il rapporto è stato inviato oggi dal ministro della Salute Livia Turco al Parlamento.

I dati relativi al 2006 - come sottolineato nella relazione - con un totale di 130.033 Ivg evidenziano un ulteriore calo del 2,1% rispetto al dato definitivo del 2005 (132.790 casi) e un decremento del 44,6% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'aborto (234.801 casi). Tra le italiane l'aborto è sceso di ben il 60% rispetto al 1982, ma il ricorso all'Ivg è cresciuto tra le cittadine straniere. Sono loro a rappresentare il 29,6% del totale.

Il tasso di abortività (numero delle Ivg per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni), l'indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all'IVG, nel 2006 è risultato pari a 9,4 per 1.000, con una diminuzione del 2,2% rispetto al 2005 (9,6 per 1.000) e del 45,3% rispetto al 1982 (quando questo indice si attestava sul 17,2 per 1.000). Diminuisce anche il numero delle ragazze sotto i vent'anni che chiedono aiuto per una gravidanza non voluta, sette su mille: un dato molto inferiore alla media europea dove il fenomeno è invece in netta crescita.

Negli ultimi dieci anni - sottolinea il ministro nella relazione al Parlamento - si è invece triplicato il numero degli interventi effettuati da donne con cittadinanza estera. Siamo infatti passati da un'incidenza del 10,1% del 1996 al 29,6% del 2005, con una crescita del 66%.

Questo fenomeno influisce sull'andamento generale dell'Ivg in Italia, determinando una stabilità nel numero totale degli interventi e nascondendo di fatto la diminuzione presente tra le sole donne italiane. Infatti, se si considerano soltanto le cittadine italiane, i casi di Ivg nel 2005 scendono a 94.095, con una riduzione di ben il 60% rispetto al picco del 1982. Tale riduzione è risultata più rapida nelle donne istruite, nelle occupate e nelle coniugate, a dimostrare l'aumentata capacità e consapevolezza delle donne e delle coppie nell'adozione di metodi per la procreazione responsabile.

"Se tra le italiane soprattutto più istruite, colte e giovani, la contraccezione è diventata un fatto normale, così non è tra le immigrate che ricorrono all'aborto perché non conoscono la legge, i consultori. Sono intimorite, sole, spesso clandestine".

"Fondamentale a questo scopo - sottolinea il ministero della Salute - il ruolo svolto dai consultori familiari, in linea con quanto previsto dal Progetto Obiettivo materno infantile". Da rilevare infine che la stragrande maggioranza delle Ivg (97,3%) avviene entro i primi 90 giorni, mentre la percentuale di Ivg dopo la ventunesima settimana di gestazione è molto limitata (0,7%).

Ma nell'Italia che cambia, solo mille su 130 mila aborti vengono effettuati usando la terapia farmacologica, la pillola Ru486, mentre nel resto dell'Europa questa pratica, meno invasiva e traumatica, è ormai di routine e viene scelta e praticata su una donna ogni quattro.

Ma chi è nella maggioranza dei casi la donna che ricorre all'interruzione di gravidanza? L'identikit raccolto dal ministero dice che ha tra i 20 ed i 24 anni, sposata nel 46,7% dei casi, con la licenza media (46.5%), licenza superiore (39,7%), laurea (6,5%). Nella maggior parte dei casi (45,8%) è una lavoratrice. Nel 27,9% è una casalinga, nel 15,6% è disoccupata o in cerca di primo impiego.

Come distribuzione geografica è al nord che si concentra il maggior numero di aborti avvenuti nel 2006: 59.827 contro i 28.681 del centro, i 29.940 del sud e gli 11.585 delle isole. La regione "capofila" in valori assoluti è la Lombardia (22.248 interruzioni volontarie), seguono Lazio (15.250), Emilia Romagna (11.458) Le interruzioni sono in diminuzione quasi ovunque, ma con qualche caso in controtendenza. Tra il 2005 e il 2006, ad esempio, si è registrato un +18,6% di aborti volontari in Basilicata, in Valle d'Aosta (+13,2%) e Campania (+5,7%).

Nero su bianco nella relazione la Turco poi scrive: ''Assumendo la piena applicazione della legge 194/1978 come priorità delle scelte di sanità pubblica, non si ravvisa la necessità di una sua modifica, ma viceversa si sottolinea la necessità di un rinnovato impegno programmatorio e operativo da parte di tutte le istituzioni competenti e degli operatori dei servizi''.

"È una legge saggia e lungimirante e non c'è alcun bisogno di cambiarla, casomai si devono moltiplicare gli sforzi per fare più educazione sulla contraccezione, per i giovani e per le straniere che ormai rappresentano un terzo degli aborti. E lavorare per far diminuire il prezzo dei preservativi. Il mio sogno resta comunque un paese dove non ci sia bisogno di ricorrere all'aborto".

Il ministro, inoltre, ''evidenziando la complessità dei valori etici che i legislatori hanno consegnato alle istituzioni e alla società nel suo insieme, ribadisce che la legge è stata e continua a essere efficace, profondamente rispettosa dei principi etici della tutela della salute della donna e della responsabilità femminile rispetto alla procreazione, del valore sociale della maternità e del valore della vita umana dal suo inizio''.

(fonti: Adnkronos Salute, www.repubblica.it)

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