lunedì 8 ottobre 2007

DUE PESI - DUE MISURE

Riporto da Repubblica di martedì 2 ottobre. Merita attenzione anche la risposta di Corrado Augias


IL SOLDATO D'AURIA, MARITO PER DIRITTO CANONICO


Egregio dottor Augias,

ho provato un senso di sconforto nel leggere quanto riportato da Repubblica in merito al matrimonio in «articulo mortis, di Lorenzo D'Auria ucciso in Afganistan.

Intendiamoci: nulla in contrario a questo strano matrimonio motivato dalla necessità di assicurare una pensione alla convivente ed ai tre figli. E' doveroso che lo Stato provveda. Ma ricorrere ai sotterfugi del diritto canonico, questo mi sembra troppo, addirittura umiliante.

Un certo don Epifanio (Nomen est omen) con ammirevole candore ha affermato. “Ho percepito la sua (di chi?) volontà ed è stato sufficiente”. Angela D'Auria, mamma del povero soldato, conferma: “ Sì, si volevano sposare, ne parlavano sempre”.

Alla gentile signora D'Auria chiederei (con un pizzico di cattiveria): "Ne hanno parlato dopo la nascita del primo, del secondo o del terzo figlio?".

Mi ritorna alla mente un episodio, di tanti anni fa, quando il vescovo di Prato a fronte del (solo) matrimonio civile di un personaggio molto noto in quella città, si inerpicò sbuffando sul pulpito della cattedrale e proclamò i due coniugi «pubblici concubini».

Lo ricordo perché a Bari dove abitavo e studiavo, l'arcivescovo Enrico Nicodemo, all'annunzio della sentenza del Tribunale di Prato che condannava il Presule per ingiurie, aveva ordinato a tutte le chiese dell'arcidiocesi di suonare le campane « a morto».

Dall'epoca del vescovo di Prato e di Mons. Nicodemo la Chiesa ne ha fatta di strada se riesce con qualche capriola a sopperire alle mancanze dello Stato laico.

Enzo Guidati (Heilbronn – Germania)


Molte lettere sul penoso episodio, concordi nell'accettare l'escamotage al quale si è dovuti ricorrere per poter dare alla vedova di quel soldato e ai suoi tre figli il doveroso aiuto dello Stato.

Leggendo il servizio, ho avuto le stesse reazioni dei lettori che si sono espressi; nella situazione data si è applicata la sola soluzione possibile.

E' ancora vivo in tutti, credo, il ricordo del caso vergognoso di Adele Parrillo, convivente di Stefano Rolla, soldato italiano rimasto ucciso nell'attentato di Nassiriya. In quanto convivente non ha avuto alcun aiuto dallo Stato e le vennero perfino negate durante i solenni funerali le attenzioni alle quali avevano invece diritto le legittime mogli.

Nulla da dire quindi sull'éscamotage, molto da dire sulla situazione di uno Stato legato al diritto canonico come nel XVIII secolo. I Dico, per il momento affossati, volevano porre un rimedio di civiltà anche a situazioni di questo tipo.

Scrive per esempio Carlo Trailo: “È legittitno e doveroso ricordare che oltre settecentomila coppie di fatto (un milione e mezzo di cittadini italiani) attendono da mesi che il Parlamento approvi la legge sui Dico, bloccata soprattutto dalla pesante e indebita ingerenza della Chiesa.

Questi cittadini, etero o omosessuali, non hanno il diritto di assistere il convivente in una situazione medica come quella di D'Auria e, al momento della sua morte, non si vedono riconosciuto alcun diritto alla pensione di reversibilità».

Di tanto in tanto qualcuno invoca la revisione di quello strano trattato con la Chiesa che si chiama Concordato. Sarebbe una soluzione per ovviare a casi come questi: doppia sovranità in un solo Stato.

Corrado Augias

Nessun commento: