lunedì 8 ottobre 2007

QUANDO PREGARE NON BASTA

Riporto di seguito l’articolo, fin troppo benevolo, di Giacomo Galeazzi comparso su La Stampa di lunedì 1 ottobre.

La mia valutazione è pesante. E’ troppo poco essere spiritualmente vicini. Quella del vaticano è la solita “neutralità” che poi nei fatti diventa complicità o “pilatismo” perché si sta fuori dalla mischia mentre altri versano il sangue e rischiano ogni giorni. Questa è la chiesa che tiene per sé la sua vita.

Vi ricordate l’espressione evangelica di Matteo 16, 25? “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”. E’ la solita minestra, la solita prudenza.



I VESCOVI BIRMANI AI PRETI "STATE FUORI DALLA RIVOLTA"

Bufera birmana sul Vaticano. In settimana i vescovi avevano firmato un appello per tenere la Chiesa locale fuori dalle «attuali proteste», ieri Benedetto XVI ha espresso la sua «vicinanza spirituale alla popolazione» senza però esplicitare la condanna al regime militare di Rangoon.

L'episcopato di Myanmar si limita ad una prudente esortazione alla «preghiera incessante» mentre dilaga la rivolta sociale guidata dai monaci buddhisti contro la dittatura. Nella situazione attuale, affermano i vescovi, «a tutti i cattolici viene chiesto di offrire messe speciali per il bene del Paese» e di dedicarsi all'«adorazione eucaristica perpetua in tutte le parrocchie per il benessere, la pace e lo sviluppo del Paese».

Secondo «il diritto canonico e gli insegnamenti sociali della Chiesa cattolica», però, «i preti e le religiose non si possono coinvolgere nei partiti politici e nelle attuali proteste», avverte l'episcopato. Un'accorta posizione di «realpolitik», dunque, nei confronti dei governo.

«I cattolici, come cittadini del Paese sono liberi di agire come credono - raccomanda la nota -. Il clero e i religiosi possono dare indicazioni opportune».

Intanto, puntualizzano in Segreteria di Stato, la diplomazia d'Oltretevere «segue con grande attenzione la situazione» e «difende i principi fondamentali in gioco attraverso i contatti con l'Ue e l'Onu».


I silenzi e le cautele ufficiali della Chiesa di fronte alle repressioni sanguinarie fanno infuriare Marco Pannella: «Le gerarchie cattoliche invitano a stare a casa e fanno letteralmente schifo - insorge il leader dei Radicali -. Spingono a disertare la piazza mentre decine di migliaia di monaci poveri a piedi scalzi manifestano, condividendo francescanamente, lo scandalo della povertà del popolo birmano, spartendo con esso il pane della pace e della giustizia».


In realtà, spiegano in Vaticano, i vescovi locali, a capo di una popolazione di 600 mila fedeli su circa 50 milioni di persone, hanno lanciato un movimento di preghiera nazionale, per aiutare la popolazione e il Paese in questo periodo difficile.

Ma i cattolici sono una piccola minoranza, vittima di una doppia discriminazione. La Chiesa in Myanmar, infatti, è sviluppata soprattutto sulle montagne e tra etnie tribali di minoranza. Ed è, quindi, doppiamente emarginata, dal punto di vista etnico e religioso; dalla maggioranza buddhista e dalla società.

I cristiani si calcolano fra i tre e i quattro milioni, quasi tutti membri di Chiese e movimenti protestanti. L'80% della popolazione {oltre 42 milioni di persone) è buddhista, ma ci sono forti minoranze di tribali che, attraverso le scuole missionarie che li hanno alfabetizzati, si sono convertiti al cristianesimo, specialmente nel Nord del Paese.


«Capisco la cautela dei vescovi: preferiscono lavorare e portare frutto diretto ai bisogni della popolazione che non fare proclami - precisa padre Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia stampa del "Pontificio istituto missioni estere" -. Per migliorare la situazione dovrebbero intervenire India, Cina, membri dell’Asean come la Thailandia, Russia, tutti Paesi che stanno foraggiando economicamente la giunta militare. Ma al momento sembra una prospettiva improbabile».

La Chiesa cattolica, aggiunge il direttore di Asianews, anche «attraverso i suoi rapporti internazionali», è in prima linea per soccorrere la parte più povera della popolazione con dispensari, aiuti contro l'Aids, scuole di alfabetizzazione.


Tra manifestazioni di piazza dei monaci buddhisti e repressioni sanguinarie, dunque, i cattolici del Myanmar osservano preoccupati. Aldilà della solidarietà espressa ieri dal Pontefice, il Vaticano per ora non è ancora intervenuto ufficialmente sull'escalation di violenza.

Nonostante i non facili rapporti col resto della società, i vescovi lavorano molto con la popolazione e «sono molto stimati», osserva il cardinale Achille Silvestrini: «Temono di vedersi ridotti dalle autorità gli spazi di intervento».

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