Don Fredo Olivero, un prete pieno di vita, con quel faccione barbuto e sorridente, non ne fa un dramma. Per lui, direttore del servizio migranti della Caritas di Torino, da sempre coinvolto e solidale con il “mondo straniero”, i dati del “sorpasso” delle unioni civili sui matrimoni religiosi evidenziano la mobilità sociale, fotografano fedelmente la realtà che sta cambiando.
“E' un chiaro segno di laicità della società” e poi, per molte persone “per fare certe scelte non si sente più il bisogno di rispecchiarsi in valori religiosi”.
In genere molti oggi hanno come punto di partenza la convivenza, poiché parecchi si sposano perchè il matrimonio civile offre alcune garanzie di fronte alla legge.
Ecco la breve intervista che Don Fredo Olivero ha rilasciato. Piena di buon senso, di aderenza alla realtà di saggezza. Uno stimolo prezioso anche per le nostre comunità cristiane che spesso vivono fuori dalla realtà.
Non crede che questa nuova realtà sia una grande sfida anche per la Chiesa?
Io penso che si debba fare una riflessione. A Torino la Chiesa conosce poco il mondo degli immigrati, è frequentata all'80% da anziani, mentre il 90% degli stranieri ha meno di 50 anni. Domenica, per la Festa dei Popoli, il Duomo si riempirà di immigrati, e saranno soprattutto giovani: bisogna pensare che si tratta di persone che cercano valori diversi, che guardano con sospetto il modello di famiglia della Chiesa e che perciò ne “inventano” altri.
E lei che ne pensa?
Personalmente penso, e lo dico pubblicamente da anni, che un solo modello di famiglia non corrisponda più alla realtà: tra gli immigrati ne esistono molti, c'è addirittura chi ne ha una al suo paese e una qui. Però sono tutte famiglie “vere”, hanno una casa, sono registrate all'anagrafe come conviventi.
Sono, insomma famiglie “di fatto”. Un tema che ha dato luogo di recente a dibattiti anche laceranti.
Eppure è un argomento da affrontare, perchè è proprio l'emigrazione a costringere spesso le coppie a una convivenza fuori dal matrimonio tradizionale.
Però questa è una scelta sempre più comune, anche a Torino, tra italiani che non devono affrontare le difficoltà del vivere e lavorare in un paese straniero.
Ciò accade perchè cambia la visione della famiglia e della stessa convivenza. Molti dei nuovi nati sono figli di famiglie “di fatto”, a Torino sono circa un sesto del totale: non si può dire che queste famiglie non esistano. Ed è un problema presente sia tra gli italiani sia tra gli stranieri: gli immigrati non lo pongono semplicemente perchè non votano e non hanno voce in capitolo.
Tante convinzioni religiose, tanti valori, ma anche problemi ed esigenze comuni: non crede che questo evidenzi una domanda di laicità che cresce nella società multietnica?
Credo di sì. E penso che rappresenti un passo avanti.
“E' un chiaro segno di laicità della società” e poi, per molte persone “per fare certe scelte non si sente più il bisogno di rispecchiarsi in valori religiosi”.
In genere molti oggi hanno come punto di partenza la convivenza, poiché parecchi si sposano perchè il matrimonio civile offre alcune garanzie di fronte alla legge.
Ecco la breve intervista che Don Fredo Olivero ha rilasciato. Piena di buon senso, di aderenza alla realtà di saggezza. Uno stimolo prezioso anche per le nostre comunità cristiane che spesso vivono fuori dalla realtà.
Non crede che questa nuova realtà sia una grande sfida anche per la Chiesa?
Io penso che si debba fare una riflessione. A Torino la Chiesa conosce poco il mondo degli immigrati, è frequentata all'80% da anziani, mentre il 90% degli stranieri ha meno di 50 anni. Domenica, per la Festa dei Popoli, il Duomo si riempirà di immigrati, e saranno soprattutto giovani: bisogna pensare che si tratta di persone che cercano valori diversi, che guardano con sospetto il modello di famiglia della Chiesa e che perciò ne “inventano” altri.
E lei che ne pensa?
Personalmente penso, e lo dico pubblicamente da anni, che un solo modello di famiglia non corrisponda più alla realtà: tra gli immigrati ne esistono molti, c'è addirittura chi ne ha una al suo paese e una qui. Però sono tutte famiglie “vere”, hanno una casa, sono registrate all'anagrafe come conviventi.
Sono, insomma famiglie “di fatto”. Un tema che ha dato luogo di recente a dibattiti anche laceranti.
Eppure è un argomento da affrontare, perchè è proprio l'emigrazione a costringere spesso le coppie a una convivenza fuori dal matrimonio tradizionale.
Però questa è una scelta sempre più comune, anche a Torino, tra italiani che non devono affrontare le difficoltà del vivere e lavorare in un paese straniero.
Ciò accade perchè cambia la visione della famiglia e della stessa convivenza. Molti dei nuovi nati sono figli di famiglie “di fatto”, a Torino sono circa un sesto del totale: non si può dire che queste famiglie non esistano. Ed è un problema presente sia tra gli italiani sia tra gli stranieri: gli immigrati non lo pongono semplicemente perchè non votano e non hanno voce in capitolo.
Tante convinzioni religiose, tanti valori, ma anche problemi ed esigenze comuni: non crede che questo evidenzi una domanda di laicità che cresce nella società multietnica?
Credo di sì. E penso che rappresenti un passo avanti.
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