Elena Saponari mi ha intervistato dopo la serata di “San Valentino alternativo” allo Shortbus Cafè di Torino, in via Gaudenzio Ferrari, 5, sotto la Mole Antonelliana. Ecco come mi ha trasmesso le brevi righe di conversazione per il blog.
D) Ne fa sempre qualcuna di nuova … Chi lo avrebbe mai aspettato ad un San Valentino, don Franco?
R) Si, anch’io sono stato sorpreso dall’invito giuntomi due mesi fa. Avevo però subito capito, incontrando Ilya ed Enzo, i gestori del locale, che la loro proposta era originale ed intelligente, non consumistica.
D) Come ha vissuto quel pienone di gente così coinvolta con una presenza giovanile così numerosa?
R) E’ stata anche per me una bella sorpresa … sia per il numero dei presenti, sia per la qualità del dialogo che si è sviluppato. E poi … sempre di più mi accorgo che in questi “spazi” laici e profani trovo un interesse per la fede molto maggiore che in una cattedrale. Constato questo fenomeno da anni e ne sono sempre sorpreso. Ormai dentro l’istituzione cattolica ufficiale il “discorso” è rituale, imbalsamato, controllato, ripetitivo, ossessionato dall’ortodossia, rigido, dogmatico. Sempre di più trovo spazi sani, liberi, di dialogo qualificato fuori dall’ufficialità. Certo, bisogna trovare persone come Enzo ed Ilya per aprire sentieri e spazi di questo genere in cui si confrontano giovanissimi, coppie, padri, madri, gente varia di tutte le età.
D) Ha intenzione di ritornare allo Shortbus Cafè?
R) Penso proprio di sì … almeno per presentare un prossimo libro di lettere di gay e lesbiche con le mie relative risposte. Il libro uscirà ad aprile e potrà essere l’occasione per rivederci. Ora porto nel cuore il sorriso di Silvia, di Michele, di Adelaide … dei tanti che quella sera ho abbracciato.
D) Quali tematiche lo hanno più interessato nel dialogo di quella sera?
R) Mi hanno coinvolto tutte le riflessioni che sono emerse. Soprattutto ho apprezzato le riflessioni sul rispetto delle singole esperienze personali; la crescita dell’individuo che diventa una persona che impara ad amare. E poi vedo che molti cominciano a distinguere bene tra chiesa popolo di Dio e gerarchia, tra dogmi e fede. Finalmente molti cominciano a vivere serenamente la propria fede e la propria omosessualità senza dover chiedere permesso al parroco o senza dover obbedire al papa.
D) Anche Lei sente tanto il bisogno di questi “momenti” culturali alti e liberi?
R) Eccome … siccome pensare è diventato spesso un lusso, mettere insieme divertimento e cultura è assolutamente “rivoluzionario”. Pensare insieme è gioia, crescita. A me piace questa costellazione di gruppi creativi in cui le persone sanno ascoltare, ascoltarsi, mettere insieme pezzi della loro storia e della loro ricerca … E poi … viene sempre fuori il desiderio di conoscere il Gesù storico … al di là delle sue contraffazioni catechistiche. E allora, quando si arriva a Gesù di Nazareth, io sento che il mio cuore si scalda …
D) Ne fa sempre qualcuna di nuova … Chi lo avrebbe mai aspettato ad un San Valentino, don Franco?
R) Si, anch’io sono stato sorpreso dall’invito giuntomi due mesi fa. Avevo però subito capito, incontrando Ilya ed Enzo, i gestori del locale, che la loro proposta era originale ed intelligente, non consumistica.
D) Come ha vissuto quel pienone di gente così coinvolta con una presenza giovanile così numerosa?
R) E’ stata anche per me una bella sorpresa … sia per il numero dei presenti, sia per la qualità del dialogo che si è sviluppato. E poi … sempre di più mi accorgo che in questi “spazi” laici e profani trovo un interesse per la fede molto maggiore che in una cattedrale. Constato questo fenomeno da anni e ne sono sempre sorpreso. Ormai dentro l’istituzione cattolica ufficiale il “discorso” è rituale, imbalsamato, controllato, ripetitivo, ossessionato dall’ortodossia, rigido, dogmatico. Sempre di più trovo spazi sani, liberi, di dialogo qualificato fuori dall’ufficialità. Certo, bisogna trovare persone come Enzo ed Ilya per aprire sentieri e spazi di questo genere in cui si confrontano giovanissimi, coppie, padri, madri, gente varia di tutte le età.
D) Ha intenzione di ritornare allo Shortbus Cafè?
R) Penso proprio di sì … almeno per presentare un prossimo libro di lettere di gay e lesbiche con le mie relative risposte. Il libro uscirà ad aprile e potrà essere l’occasione per rivederci. Ora porto nel cuore il sorriso di Silvia, di Michele, di Adelaide … dei tanti che quella sera ho abbracciato.
D) Quali tematiche lo hanno più interessato nel dialogo di quella sera?
R) Mi hanno coinvolto tutte le riflessioni che sono emerse. Soprattutto ho apprezzato le riflessioni sul rispetto delle singole esperienze personali; la crescita dell’individuo che diventa una persona che impara ad amare. E poi vedo che molti cominciano a distinguere bene tra chiesa popolo di Dio e gerarchia, tra dogmi e fede. Finalmente molti cominciano a vivere serenamente la propria fede e la propria omosessualità senza dover chiedere permesso al parroco o senza dover obbedire al papa.
D) Anche Lei sente tanto il bisogno di questi “momenti” culturali alti e liberi?
R) Eccome … siccome pensare è diventato spesso un lusso, mettere insieme divertimento e cultura è assolutamente “rivoluzionario”. Pensare insieme è gioia, crescita. A me piace questa costellazione di gruppi creativi in cui le persone sanno ascoltare, ascoltarsi, mettere insieme pezzi della loro storia e della loro ricerca … E poi … viene sempre fuori il desiderio di conoscere il Gesù storico … al di là delle sue contraffazioni catechistiche. E allora, quando si arriva a Gesù di Nazareth, io sento che il mio cuore si scalda …
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