Commento alla lettura biblica - domenica 9 marzo 2008
C'era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania, del villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; Lazzaro, suo fratello, era malato. Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Gesù, udito ciò, disse: «Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato». Or Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro; com'ebbe udito che egli era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Torniamo in Giudea!» I discepoli gli dissero: «Maestro, proprio adesso i Giudei cercavano di lapidarti, e tu vuoi tornare là?» Gesù rispose: «Non vi sono dodici ore nel giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se uno cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Così parlò; poi disse loro: «Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma vado a svegliarlo». Perciò i discepoli gli dissero: «Signore, se egli dorme, sarà salvo». Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ma essi pensarono che avesse parlato del dormire del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto, e per voi mi rallegro di non essere stato là, affinché crediate; ma ora, andiamo da lui!». Allora Tommaso, detto Didimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi, per morire con lui!» Gesù dunque, arrivato, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi, e molti Giudei erano andati da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. Come Marta ebbe udito che Gesù veniva, gli andò incontro; ma Maria stava seduta in casa. Marta dunque disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; e anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo». Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama». Ed ella, udito questo, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma era sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Quando dunque i Giudei, che erano in casa con lei e la consolavano, videro che Maria si era alzata in fretta ed era uscita, la seguirono, supponendo che si recasse al sepolcro a piangere. Appena Maria fu giunta dov'era Gesù e l'ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». Quando Gesù la vide piangere, e vide piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, fremette nello spirito, si turbò e disse: «Dove l'avete deposto?» Essi gli dissero: «Signore, vieni a vedere!» Gesù pianse. Perciò i Giudei dicevano: «Guarda come l'amava!» Ma alcuni di loro dicevano: «Non poteva, lui che ha aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?» Gesù dunque, fremendo di nuovo in sé stesso, andò al sepolcro. Era una grotta, e una pietra era posta all'apertura. Gesù disse: «Togliete la pietra!» Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno». Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?» Tolsero dunque la pietra. Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!» Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Perciò molti Giudei, che erano venuti da Maria e avevano visto le cose fatte da Gesù, credettero in lui (Giovanni 11, 1-45).
In questi giorni in cui i razzi e le bombe seminano morte e distruzione in Palestina, in Iraq, in Somalia e in tante altre regioni, è molto difficile parlare di risurrezione.
Soprattutto è difficile credere che la risurrezione sia in atto quando tanti sepolcri imbiancati parlano di famiglia, di difesa della vita e, invece, invocano e usano il nome di Dio per i loro interessi, per arrivare al potere.
Ed è tragico vedere che il potere della disinformazione mantiene nei sepolcri della confusione tante persone che in queste prigioni si adagiano come fossero comodi letti nei quali dormire i sonni dell’incoscienza, battendo le mani ad un leader che possiede i grandi canali televisivi e diffonde “puzza quadriduana” che viene respirata come anestetico del cervello.
Eppure è proprio in questi contesti di morte che ha senso annunciare la risurrezione alla quale Dio ci invita.
Alcune osservazioni esegetiche
Intanto useremo il termine “risurrezione” ben sapendo che, in questo caso, esso è improprio. Infatti Lazzaro, secondo il nostro racconto, non è collocato nella risurrezione definitiva, ma ritorna alla vita antecedente.
La risurrezione nella Bibbia è, invece, la nostra definitiva confluenza in Dio, la vita definitiva nelle mani di Dio. Qui il termine risurrezione viene assunto per esprimere comunque un “passaggio” da morte a vita in modo efficace.
Letture molteplici
Il racconto di miracolo che va sotto il nome di “risurrezione di Lazzaro” è una pagina evangelica in cui si verifica un felice intreccio di parole ed azioni. La narrazione è vivace e i dialoghi catturano l’attenzione. Questo racconto fa da cerniera fra la prima e la seconda parte del Vangelo secondo Giovanni. Si tratta di una pagina ben “costruita”.
Questa, come tante pagine della scrittura, non sopporta di essere imprigionata in un solo “senso”. Si tratta di un racconto che sprigiona mille significati! Volerlo intrappolare e ingabbiare in una sola interpretazione significa uccidere la vitalità del testo e soffocare la fede creativa del credente che legge questa pagina evangelica.
Ovviamente qui non siamo di fronte alla “cronaca di un fatto”; non abbiamo la “fotografia” di un miracolo, ma un racconto di miracolo. Ciò vuol dire che lo scrittore non intendeva tanto dirci che cosa è precisamente successo quanto testimoniarci il significato dell’azione e della vita di Gesù per i credenti della comunità di Giovanni. I racconti sono narrazioni di fede, non resoconti.
Per alcuni studiosi della Bibbia questa pagina evangelica è scritta soprattutto per “prefigurare” la risurrezione di Gesù, come un anticipo di quell’evento. Già a metà del Vangelo, proprio quando matura la decisione delle autorità di uccidere Gesù, ci viene anticipato che il maestro di Nazareth non resterà prigioniero della morte. Molti studiosi, non solo del passato, vedono qui la narrazione di un fatto: Lazzaro è passato da morte a vita.
Per altri studiosi questa pagina, con il racconto simbolico della risurrezione di Lazzaro, viene incontro alla fede inquieta e traballante di parecchi cristiani di quel tempo. Essi cominciavano ad interrogarsi sempre più insistentemente sulla “sorte” di coloro che erano morti. La testimonianza è chiara: i fratelli che muoiono non restano nella morte. Essi non finiscono in una tomba. Dio, attraverso Gesù, apre le tombe e li colloca in una vita nuova.
L’orizzonte di fede annuncia il superamento della morte. Nel racconto della “morte –risurrezione” di Lazzaro la comunità di allora (come quella di oggi) poteva vedere la sorte dello scontro tra morte e vita. E’ la vita a prevalere. Gesù è colui che, compiendo l’opera di Dio, ci porta una vita piena, che supera la morte. Una promessa che non deluderà.
Dio aiuta
Altri studiosi, ancora, non restringono il messaggio di questa pagina all'esperienza della morte, ma vedono in essa piuttosto un annuncio molto ampio: Gesù chiama ogni uomo e ogni donna ad "uscire" dai sepolcri della morte, della schiavitù, dell'egoismo, della paura. " Lazzaro, vieni fuori" è la chiamata che Dio fa giungere attraverso Gesù ad ognuno di noi. Noi siamo fasciati dalle bende della "non vita" e siamo "schíavi" di mille forze di morte. Forse ci crediamo vivi mentre siamo morti!
Lazzaro è un nome promettente. Il suo significato è "Dio aiuta". Il brano evangelico ci rivolge un invito forte (Gesù gridò con voce forte, dice il versetto 43), perché se non ci rintrona un vocione nelle orecchie, ... noi continuiamo a dormire come marmotte d'inverno. Ma... l'evangelo che ci annuncia un'esigenza ci arreca anche una promessa: "Dio aiuta". Sì, chi si decide, rispondendo alla chiamata dell'evangelo, può contare sulla spinta che viene dal vento di Dio. Per uscire dai sepolcri ci vuole davvero un "Dio che ci aiuta", che ci chiama e ci spinge.
Miracolo in crescendo
Non è importante sapere con esattezza ciò che è successo a Lazzaro o a qualche altro. Gli studiosi della Bibbia conoscono molti "racconti di risurrezione" che si trovano nell'Antico Testamento e nelle letterature extrabibliche. Si pensi al ciclo dei profeti Elia ed Eliseo (1° e 2° libro dei Re). I Vangeli non rappresentano, quindi, una grande novità sotto questo profilo. L'antichità è piena di racconti di risurrezioni. Nel Nuovo Testamento sullo sfondo sta la risurrezione di Gesù: ecco la novità.
Come avvenne per il " miracolo del mare" (parecchie tradizioni si accostarono e poi si combinarono dando corpo ad un racconto che si arricchiva di nuovi motivi teologici e si sviluppava crescendo progressivamente), così può essere capitato anche per certi racconti di risurrezione. Secondo il motivo del "crescendo" all'inizio può esserci stato il racconto di un intervento "benefico" di Gesù. In seguito, sotto l'influsso delle tradizioni riguardanti Elia ed Eliseo, il racconto di una "guarigione" fu trasformato ed ampliato in un racconto di risurrezione di un morto. Sono illuminanti al riguardo gli studi di R. Pesch, di Franz-Elmar Wilms e di A. Weiser.
Qui ciò che conta è il messaggio: in Gesù (tutto questo è stato scritto dopo che Dio aveva dato una vita nuova a Gesù, cioè lo aveva risuscitato) si esprime la forza di Dio che vince anche la morte. La salvezza di Dio si manifesta in Gesù che prosegue la strada degli antichi profeti. Affidarsi a Dio significa non arrendersi alle forze della morte. Non lasciare alla morte l’ultima parola.
Altri particolari
Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare operatori di risurrezione: "Togliete la pietra! "e poi "Liberatelo e lasciatelo andare". Egli incalza la fede debole delle sorelle, invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge anche gli spettatori. Tutti possono fare qualcosa per la risurrezione di un morto, di una persona spenta, depressa, schíavizzata. Siamo invitati ad essere figli ed operatori di risurrezione, partire dalle concrete piccole situazioni della vita quotidiana.
Com'è vivificante lo stile di Gesù! Egli va diritto al cuore delle persone, in un dialogo in cui chiama ognuno per nome. Chiamare la gente per nome significa valorizzare ogni persona, avere fiducia, infondere speranza. Abbiamo molto da imparare da questo comportamento "dialogante" di Gesù. Per Gesù incontrare una persona è sempre incontrare una possibilità di risurrezione, poter "creare" un po' di risurrezione.
Non è un caso che davanti a questo Gesù che semina risurrezione, che apre gli occhi ai ciechi, che mette in piedi chi è rassegnato, che chiama a diventare soggetti coloro che si erano rassegnati a vivere da oggetti, scatti la decisione di ucciderlo. Il potere, politico ed ecclesiastico, non può tollerare quelli che, essendo liberi, seminano voglia di libertà e costruiscono esperienze di libertà.
Vieni fuori!
Questa frase, così densa, mi sembra in qualche misura capace di riassumere il significato della sequela di Gesù. La vita dei discepolo, ieri come oggi, è un continuo "venire fuori", liberarsi, camminare verso la terra della libertà a partire dal nostro cuore che è sempre imprigionato da una rete di idoli. La conversione di cui abbiamo bisogno tutti, nessuno escluso, passa certamente anche da questa strada. Sono proprio io il Lazzaro che deve venire fuori. Devo capire dove stanno i miei lacci e la mia pietra sepolcrale.
Le mille prigioni
Ma è impossibile chiudere questa meditazione senza riportare la straordinaria pagina del profeta Ezechiele qui contratta in pochi versetti: "Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio" (Ezechiele 37, 12-14).
Il profeta scrive dall’esilio di Babilonia per ridestare il popolo alla fiducia e far riemergere l’orizzonte della liberazione, della fine della deportazione. Ma anche per noi il pericolo di vivere congelati nelle abitudini, rassegnati a subire ciò che gli altri decidono per noi, costituisce un vivere nei sepolcri.
Il vento di Dio, il Suo soffio vitale ci spinge ad uscire, a “risorgere” dai nostri sepolcri, come scrive il profeta al suo popolo.
Le donne che combattono per una società più paritaria, quanti lottano per porre fine all’ipocrisia della guerra come strumento per “esportare la democrazia”, chi nella chiesa ha il coraggio di disobbedire alla cupola vaticana che in questi giorni sta chiedendo obbedienza servile… tutti/e costoro ci dicono che è possibile uscire da qualche sepolcro.
La comunità cristiana si costruisce come liberi figli e figlie di Dio, non come servi/e di gerarchi che parlano di risurrezione solo nei funerali, ma praticano l’oppressione delle coscienze, la rassegnazione e l’allineamento sociale ed ecclesiale, la complicità con i potenti.
Oggi
Dunque la risurrezione è per noi una speranza fondata sulla parola di Dio, ma la risurrezione è prima di tutto una strada da percorrere. Altrimenti ne parliamo a vanvera.
Ma c’è dell’altro… Le nostre risurrezioni, i segni di risurrezione che poniamo, i piccoli passi di risurrezione che compiamo – in attesa di quelli definitivi – sono sempre fragili, precari, provvisori, incompleti. Ognuno/a di noi è tentato/a di rientrare in qualche “sepolcro” e deve ricollocarsi ogni giorno sui sentieri della risurrezione, non darla mai come una realtà scontata ed acquisita per sempre. Prima di tutto per uscire dai sepolcri dei nostri personali egoismi.
Per questo leggiamo le Scritture, preghiamo, ci lasciamo correggere e cerchiamo di discernere i segni che Dio ci fa giungere dalla vita di ogni giorno. Risurrezione fa rima con conversione perché alla risurrezione occorre convertirci quotidianamente. Non si tratta di archiviare la fede nel Dio che ci regalerà una vita presso di sé vincendo la nostra morte. Per nulla.
Quella risurrezione definitiva sarà opera solo ed esclusivamente di Dio. Si tratta, però, di non relegare la risurrezione solo nel dopo morte, ma di viverla a partire dal presente.
Questa è la risurrezione - liberazione che tocca a ciascuno/a di noi a partire da oggi, da me, da questo momento.
C'era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania, del villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; Lazzaro, suo fratello, era malato. Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Gesù, udito ciò, disse: «Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato». Or Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro; com'ebbe udito che egli era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Torniamo in Giudea!» I discepoli gli dissero: «Maestro, proprio adesso i Giudei cercavano di lapidarti, e tu vuoi tornare là?» Gesù rispose: «Non vi sono dodici ore nel giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se uno cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Così parlò; poi disse loro: «Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma vado a svegliarlo». Perciò i discepoli gli dissero: «Signore, se egli dorme, sarà salvo». Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ma essi pensarono che avesse parlato del dormire del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto, e per voi mi rallegro di non essere stato là, affinché crediate; ma ora, andiamo da lui!». Allora Tommaso, detto Didimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi, per morire con lui!» Gesù dunque, arrivato, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi, e molti Giudei erano andati da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. Come Marta ebbe udito che Gesù veniva, gli andò incontro; ma Maria stava seduta in casa. Marta dunque disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; e anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo». Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama». Ed ella, udito questo, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma era sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Quando dunque i Giudei, che erano in casa con lei e la consolavano, videro che Maria si era alzata in fretta ed era uscita, la seguirono, supponendo che si recasse al sepolcro a piangere. Appena Maria fu giunta dov'era Gesù e l'ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». Quando Gesù la vide piangere, e vide piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, fremette nello spirito, si turbò e disse: «Dove l'avete deposto?» Essi gli dissero: «Signore, vieni a vedere!» Gesù pianse. Perciò i Giudei dicevano: «Guarda come l'amava!» Ma alcuni di loro dicevano: «Non poteva, lui che ha aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?» Gesù dunque, fremendo di nuovo in sé stesso, andò al sepolcro. Era una grotta, e una pietra era posta all'apertura. Gesù disse: «Togliete la pietra!» Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno». Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?» Tolsero dunque la pietra. Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!» Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Perciò molti Giudei, che erano venuti da Maria e avevano visto le cose fatte da Gesù, credettero in lui (Giovanni 11, 1-45).
In questi giorni in cui i razzi e le bombe seminano morte e distruzione in Palestina, in Iraq, in Somalia e in tante altre regioni, è molto difficile parlare di risurrezione.
Soprattutto è difficile credere che la risurrezione sia in atto quando tanti sepolcri imbiancati parlano di famiglia, di difesa della vita e, invece, invocano e usano il nome di Dio per i loro interessi, per arrivare al potere.
Ed è tragico vedere che il potere della disinformazione mantiene nei sepolcri della confusione tante persone che in queste prigioni si adagiano come fossero comodi letti nei quali dormire i sonni dell’incoscienza, battendo le mani ad un leader che possiede i grandi canali televisivi e diffonde “puzza quadriduana” che viene respirata come anestetico del cervello.
Eppure è proprio in questi contesti di morte che ha senso annunciare la risurrezione alla quale Dio ci invita.
Alcune osservazioni esegetiche
Intanto useremo il termine “risurrezione” ben sapendo che, in questo caso, esso è improprio. Infatti Lazzaro, secondo il nostro racconto, non è collocato nella risurrezione definitiva, ma ritorna alla vita antecedente.
La risurrezione nella Bibbia è, invece, la nostra definitiva confluenza in Dio, la vita definitiva nelle mani di Dio. Qui il termine risurrezione viene assunto per esprimere comunque un “passaggio” da morte a vita in modo efficace.
Letture molteplici
Il racconto di miracolo che va sotto il nome di “risurrezione di Lazzaro” è una pagina evangelica in cui si verifica un felice intreccio di parole ed azioni. La narrazione è vivace e i dialoghi catturano l’attenzione. Questo racconto fa da cerniera fra la prima e la seconda parte del Vangelo secondo Giovanni. Si tratta di una pagina ben “costruita”.
Questa, come tante pagine della scrittura, non sopporta di essere imprigionata in un solo “senso”. Si tratta di un racconto che sprigiona mille significati! Volerlo intrappolare e ingabbiare in una sola interpretazione significa uccidere la vitalità del testo e soffocare la fede creativa del credente che legge questa pagina evangelica.
Ovviamente qui non siamo di fronte alla “cronaca di un fatto”; non abbiamo la “fotografia” di un miracolo, ma un racconto di miracolo. Ciò vuol dire che lo scrittore non intendeva tanto dirci che cosa è precisamente successo quanto testimoniarci il significato dell’azione e della vita di Gesù per i credenti della comunità di Giovanni. I racconti sono narrazioni di fede, non resoconti.
Per alcuni studiosi della Bibbia questa pagina evangelica è scritta soprattutto per “prefigurare” la risurrezione di Gesù, come un anticipo di quell’evento. Già a metà del Vangelo, proprio quando matura la decisione delle autorità di uccidere Gesù, ci viene anticipato che il maestro di Nazareth non resterà prigioniero della morte. Molti studiosi, non solo del passato, vedono qui la narrazione di un fatto: Lazzaro è passato da morte a vita.
Per altri studiosi questa pagina, con il racconto simbolico della risurrezione di Lazzaro, viene incontro alla fede inquieta e traballante di parecchi cristiani di quel tempo. Essi cominciavano ad interrogarsi sempre più insistentemente sulla “sorte” di coloro che erano morti. La testimonianza è chiara: i fratelli che muoiono non restano nella morte. Essi non finiscono in una tomba. Dio, attraverso Gesù, apre le tombe e li colloca in una vita nuova.
L’orizzonte di fede annuncia il superamento della morte. Nel racconto della “morte –risurrezione” di Lazzaro la comunità di allora (come quella di oggi) poteva vedere la sorte dello scontro tra morte e vita. E’ la vita a prevalere. Gesù è colui che, compiendo l’opera di Dio, ci porta una vita piena, che supera la morte. Una promessa che non deluderà.
Dio aiuta
Altri studiosi, ancora, non restringono il messaggio di questa pagina all'esperienza della morte, ma vedono in essa piuttosto un annuncio molto ampio: Gesù chiama ogni uomo e ogni donna ad "uscire" dai sepolcri della morte, della schiavitù, dell'egoismo, della paura. " Lazzaro, vieni fuori" è la chiamata che Dio fa giungere attraverso Gesù ad ognuno di noi. Noi siamo fasciati dalle bende della "non vita" e siamo "schíavi" di mille forze di morte. Forse ci crediamo vivi mentre siamo morti!
Lazzaro è un nome promettente. Il suo significato è "Dio aiuta". Il brano evangelico ci rivolge un invito forte (Gesù gridò con voce forte, dice il versetto 43), perché se non ci rintrona un vocione nelle orecchie, ... noi continuiamo a dormire come marmotte d'inverno. Ma... l'evangelo che ci annuncia un'esigenza ci arreca anche una promessa: "Dio aiuta". Sì, chi si decide, rispondendo alla chiamata dell'evangelo, può contare sulla spinta che viene dal vento di Dio. Per uscire dai sepolcri ci vuole davvero un "Dio che ci aiuta", che ci chiama e ci spinge.
Miracolo in crescendo
Non è importante sapere con esattezza ciò che è successo a Lazzaro o a qualche altro. Gli studiosi della Bibbia conoscono molti "racconti di risurrezione" che si trovano nell'Antico Testamento e nelle letterature extrabibliche. Si pensi al ciclo dei profeti Elia ed Eliseo (1° e 2° libro dei Re). I Vangeli non rappresentano, quindi, una grande novità sotto questo profilo. L'antichità è piena di racconti di risurrezioni. Nel Nuovo Testamento sullo sfondo sta la risurrezione di Gesù: ecco la novità.
Come avvenne per il " miracolo del mare" (parecchie tradizioni si accostarono e poi si combinarono dando corpo ad un racconto che si arricchiva di nuovi motivi teologici e si sviluppava crescendo progressivamente), così può essere capitato anche per certi racconti di risurrezione. Secondo il motivo del "crescendo" all'inizio può esserci stato il racconto di un intervento "benefico" di Gesù. In seguito, sotto l'influsso delle tradizioni riguardanti Elia ed Eliseo, il racconto di una "guarigione" fu trasformato ed ampliato in un racconto di risurrezione di un morto. Sono illuminanti al riguardo gli studi di R. Pesch, di Franz-Elmar Wilms e di A. Weiser.
Qui ciò che conta è il messaggio: in Gesù (tutto questo è stato scritto dopo che Dio aveva dato una vita nuova a Gesù, cioè lo aveva risuscitato) si esprime la forza di Dio che vince anche la morte. La salvezza di Dio si manifesta in Gesù che prosegue la strada degli antichi profeti. Affidarsi a Dio significa non arrendersi alle forze della morte. Non lasciare alla morte l’ultima parola.
Altri particolari
Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare operatori di risurrezione: "Togliete la pietra! "e poi "Liberatelo e lasciatelo andare". Egli incalza la fede debole delle sorelle, invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge anche gli spettatori. Tutti possono fare qualcosa per la risurrezione di un morto, di una persona spenta, depressa, schíavizzata. Siamo invitati ad essere figli ed operatori di risurrezione, partire dalle concrete piccole situazioni della vita quotidiana.
Com'è vivificante lo stile di Gesù! Egli va diritto al cuore delle persone, in un dialogo in cui chiama ognuno per nome. Chiamare la gente per nome significa valorizzare ogni persona, avere fiducia, infondere speranza. Abbiamo molto da imparare da questo comportamento "dialogante" di Gesù. Per Gesù incontrare una persona è sempre incontrare una possibilità di risurrezione, poter "creare" un po' di risurrezione.
Non è un caso che davanti a questo Gesù che semina risurrezione, che apre gli occhi ai ciechi, che mette in piedi chi è rassegnato, che chiama a diventare soggetti coloro che si erano rassegnati a vivere da oggetti, scatti la decisione di ucciderlo. Il potere, politico ed ecclesiastico, non può tollerare quelli che, essendo liberi, seminano voglia di libertà e costruiscono esperienze di libertà.
Vieni fuori!
Questa frase, così densa, mi sembra in qualche misura capace di riassumere il significato della sequela di Gesù. La vita dei discepolo, ieri come oggi, è un continuo "venire fuori", liberarsi, camminare verso la terra della libertà a partire dal nostro cuore che è sempre imprigionato da una rete di idoli. La conversione di cui abbiamo bisogno tutti, nessuno escluso, passa certamente anche da questa strada. Sono proprio io il Lazzaro che deve venire fuori. Devo capire dove stanno i miei lacci e la mia pietra sepolcrale.
Le mille prigioni
Ma è impossibile chiudere questa meditazione senza riportare la straordinaria pagina del profeta Ezechiele qui contratta in pochi versetti: "Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio" (Ezechiele 37, 12-14).
Il profeta scrive dall’esilio di Babilonia per ridestare il popolo alla fiducia e far riemergere l’orizzonte della liberazione, della fine della deportazione. Ma anche per noi il pericolo di vivere congelati nelle abitudini, rassegnati a subire ciò che gli altri decidono per noi, costituisce un vivere nei sepolcri.
Il vento di Dio, il Suo soffio vitale ci spinge ad uscire, a “risorgere” dai nostri sepolcri, come scrive il profeta al suo popolo.
Le donne che combattono per una società più paritaria, quanti lottano per porre fine all’ipocrisia della guerra come strumento per “esportare la democrazia”, chi nella chiesa ha il coraggio di disobbedire alla cupola vaticana che in questi giorni sta chiedendo obbedienza servile… tutti/e costoro ci dicono che è possibile uscire da qualche sepolcro.
La comunità cristiana si costruisce come liberi figli e figlie di Dio, non come servi/e di gerarchi che parlano di risurrezione solo nei funerali, ma praticano l’oppressione delle coscienze, la rassegnazione e l’allineamento sociale ed ecclesiale, la complicità con i potenti.
Oggi
Dunque la risurrezione è per noi una speranza fondata sulla parola di Dio, ma la risurrezione è prima di tutto una strada da percorrere. Altrimenti ne parliamo a vanvera.
Ma c’è dell’altro… Le nostre risurrezioni, i segni di risurrezione che poniamo, i piccoli passi di risurrezione che compiamo – in attesa di quelli definitivi – sono sempre fragili, precari, provvisori, incompleti. Ognuno/a di noi è tentato/a di rientrare in qualche “sepolcro” e deve ricollocarsi ogni giorno sui sentieri della risurrezione, non darla mai come una realtà scontata ed acquisita per sempre. Prima di tutto per uscire dai sepolcri dei nostri personali egoismi.
Per questo leggiamo le Scritture, preghiamo, ci lasciamo correggere e cerchiamo di discernere i segni che Dio ci fa giungere dalla vita di ogni giorno. Risurrezione fa rima con conversione perché alla risurrezione occorre convertirci quotidianamente. Non si tratta di archiviare la fede nel Dio che ci regalerà una vita presso di sé vincendo la nostra morte. Per nulla.
Quella risurrezione definitiva sarà opera solo ed esclusivamente di Dio. Si tratta, però, di non relegare la risurrezione solo nel dopo morte, ma di viverla a partire dal presente.
Questa è la risurrezione - liberazione che tocca a ciascuno/a di noi a partire da oggi, da me, da questo momento.
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