Ricevo e pubblico
Al Presidente
ai Capigruppo
al Presidente Commissione Cultura
del Consiglio Comunale di Firenze
ai Capigruppo
al Presidente Commissione Cultura
del Consiglio Comunale di Firenze
Per dare credibilità alla revoca formale del bando del 1302 contro Dante Alighieri, che verrà discussa in Consiglio comunale fiorentino il 9 giugno, evitando di ridurla a una umiliante trovata pubblicitaria, chiedo ai consiglieri di accogliere e assumere lo sguardo dell’esule e attualizzarlo.
Sembra che si possa definire la genialità di Dante, nel suo nucleo fondamentale, come la capacità di rovesciare in positivo il senso del torto subito. E’ il principio etico che soggiace ad ogni resurrezione: trasformare la condanna a morte in germe di vita. Dante lo dice con particolare trasporto emotivo e con emergenza poetica nel XXVII canto del Paradiso non a caso di fronte a Beatrice e a colloquio con Cacciaguida.
In sostanza, Dante attraverso il suo trisavolo rivela il principio etico che soggiace a tutta l’opera: il bando e la condanna a morte, che avrebbero potuto annullare lui e ferire profondamente la città tutta, dovrà trasformarsi con l’impegno di tutta la vita, con l’ingegno, con la capacità di comunicare, in fermento di crescita e di trasformazione creativa per tutti.
Cacciaguida lo invita a comunicare con coraggio la sua esperienza di vita, anche se a taluni ciò potrà dispiacere ("Ma nondimen, rimossa ogni menzogna, / tutta tua vision fa manifesta; / e lascia pur grattar dov'è la rogna"). Se la voce di Dante risulterà in un primo tempo molesta, quando sarà digesta (digerita) procurerà a tutti un nutrimento di vita (Questo tuo grido farà come vento,/ che le più alte cime più percuote).
Senza la forza interiore con cui Dante visse l’esilio e la condanna, senza il suo grido, senza la geniale scoperta di questo principio esistenziale ed etico capace di trasformare la morte in vita, forse non ci sarebbe stata la Divina Commedia.
E oggi il Consiglio e la Giunta comunali per rendere credibile l’annullamento della condanna sono chiamati ad assumere lo sguardo di Dante rivolgendolo alla realtà attuale: trasformare in risorsa positiva l’esperienza dei fuorusciti che vivono oggi a Firenze; "far manifesta la visione" di quanti oggi provano sulla loro pelle "come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale", in modo da aiutare i fiorentini stessi a gestire positivamente e rendere "digesta" l’insicurezza e la paura.
Allora, il vero pregnante gesto di pentimento e di riscatto verso il "bandito" antico dovrebbe consistere nel rivedere nella sostanza se non annullare le recenti ordinanze e i progetti di modifica dei regolamenti di polizia comunale contro i "banditi" di oggi: lavavetri, accattoni, barboni, immigrati, dannati in genere. Lasciando il compito giustamente repressivo dell’illegalità delinquenziale agli organi statali preposti e potenziando invece come amministrazioni locali i servizi di socialità e accoglienza.
A causa di quei provvedimenti repressivi, Firenze, perfino lei, la città gentile dell’armonia e della misura, ha cambiato volto agli occhi del mondo, assumendo le sembianze arcigne della società della guerra mercantile globale di tutti contro tutti.
E’ questo il messaggio che inevitabilmente è rimbalzato nei media diventando notizia di interesse mondiale. La "città sul monte", che nel secolo scorso ha animato e nutrito, nell’intero paese e a livello internazionale, la cultura della solidarietà, dell’accoglienza, della pace nella giustizia, grida la propria sconfitta di fronte al montare della violenza, dell’insicurezza e della paura e si piega fino a diventare apripista e capofila di una politica repressiva e intollerante. Non potendo aggredire le vere cause dell’insicurezza ci si affida al collaudato meccanismo del capro espiatorio: risorsa potente dell’impotenza politica.
Questo messaggio distruttivo potrebbe essere ribaltato o almeno attenuato se si assumesse l’etica dell’esule che ha animato la Divina Commedia.
La bandiera dantesca del riscatto degli esuli è stata tenuta alta a Firenze da tanti, individui ed associazioni, che non si sono mai piegati alle ricorrenti folate di vento xenofobo ma hanno lavorato spesso nel nascondimento per attualizzare la lezione dantesca.
Quest’anima solidale della città chiede che quella bandiera ideale dell’esule Dante venga attualizzata e fatta propria dal Consiglio e dalla Giunta comunali.
Enzo Mazzi
Firenze, 8 giugno 2008
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