giovedì 25 settembre 2008

PUBBLICANI E PROSTITUTE

Commento alla lettura biblica - domenica 28 settembre 2008

Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: "Figlio, và oggi a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Sì, signore;" ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: "Non ne ho voglia"; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Dicono: "L'ultimo". E Gesù disse loro: "In verita vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. E' venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli (
Matteo 21, 28-32)


Il contesto polemico in cui è inserita questa parabola dei due figli dissimili è ben evidente. Gesu, nei versetti 23-27 che precedono, si trova a confronto con I'incredulità dei sommi sacerdoti e degli anziani del popolo.

La parabola, che in Matteo è riferita a loro, non perderebbe nulla del suo vigore, anche se fosse "nata" in un ambito diverso, cioè rivolta ai discepoli o alla gente.

Il
redattore esaltando la fede di peccatori e prostitute rispetto ai sommi sacerdoti e agli anziani, nel versetto 32 ha espresso la punta più alta della sua rovente accusa contro le autorità giudaiche. Non mi soffermo sulla questione delle tre varianti testuali, ma riporto il testo piu solidamente documentato.
Una contrapposizione
La parabola ci è narrata in modo da far risaltare la contrapposizione: il primo figlio dice di si, ma poi non va, mentre il secondo dice di no e poi va nella vigna.

Due frasi simmetriche, ma con una variante "sostanziale" che interrompe il ritmo della seconda: "dopo averci ripensato" , "pentitosi". Il secondo figlio si caratterizza per questo particolare che viene menzionato con grande rilievo: ci ripensa. "Un si iniziale si trasforma in un no, mentre un no iniziale si trasforma in un si" (H. Weder).

Sembra che proprio questo ripensamento occupi un posto centrale nella parabola e apra la via ad un profondo movimento interiore.
Dal no al sì
Dunque, si può passare da un no ad un si! Non debbo considerare i "no" miei e di altre persone come posizioni immodificabili, come catene indistruttibili.

Nella prassi del regno di
Dio, cioè sotto lo sguardo di Dio, esiste la possibilita di "ripensare", di andare oltre i nostri no, di liberarci dalla prigionia dei nostri rifiuti. La strada è aperta.
Dio ci chiama oggi, attraverso la voce di Gesù, a lavorare nella sua vigna. Dio non condanna coloro che fanno fatica a credere, che esitano, che hanno paura a dire di si: "Queste esitazioni, queste resistenze sono umane, soprattuttto davanti ad un appello che disturba e che costa; è normale domandarsi se ne valga la pena ... E' dunque permesso non credere subito, non impegnarsi immediatamente, avere paura ... L'essenziale è non far tacere l'appello" (Robert Grimm).
Oggi
Questa piccola parola "oggi" va messa nella dovuta evidenza: "Noi ascoltiamo la parabola oggi, qui ed ora: essa ci raggiunge là dove siamo; fa irruzione nella nostra vita in questo "oggi", come se tutto il resto fosse cancellato: quel passato che è appunto fatto di esitazioni, rinnegamenti, compromessi e peccati ... che alimentano i nostri sensi di colpa" (R. Grimm).

Dio è Colui che ricomincia sempre con noi:
"Se mi hai detto mille no nel tempo passato, ebbene oggi puoi dirmi di si. Io non sono un Dio contabile, ma il Dio che chiama oggi".

Sovente il pesante zainetto dei nostri no del passato non ci permette di gustare questo dolcissimo invito, questa breve parola liberatoria e promettente: "Va' oggi nella mia vigna a lavorare".

Molto spesso non ci perdoniamo i nostri no e cosi il nostro cammino è bloccato. Rimaniamo prigionieri dei nostri errori.
Dal sì al no
Ma in questa parabola c'è anche un chiaro monito a chi dice di si a cuor leggero e poi lo trasforma in un "no" nei fatti. Nessuno può riposare sugli allori: se il "si" non viene concretizzzato può tradursi in un no.

Ogni giorno mi è chiesto di decidere, di rispondere. Non posso farmi bello dei "si" di un tempo. Tutto dipende dal fatto che io oggi vada o non vada a lavorare nella vigna.

Signore che cammini con noi, grazie della bontà con cui mi aspetti oggi nella Tua vigna. Tu sei quel meraviglioso "padrone ingiusto" che non conteggia le ore (Matteo 20,1-16).

Tu conosci quante volte ho detto di no, quante volte ho detto "ni", quante volte ho esitato. La Tua chiamata percorre anche il mio oggi, aldilà dei miei no di ieri e delle mie incertezze di domani.
Pubblicani e prostitute
Ma sarà bene che non concludiamo la nostra riflessione senza lasciarci interpellare dalla "cruda rivelazione" dell'ultimo versetto: "Vi assicuro che i pubblicani e le prostitute vi precedono nel regno di Dio...".

Questa "stoccata" finale va presa sul serio. Noi, quelli che sono un po' di casa nella vigna, a volte finiamo col crederci i figli prediletti del regno ... e ci collochiamo come di diritto tra i buoni, i religiosi, quasi i "titolari" della vigna.

Credo che Dio ne abbia proprio abbastanza, che non ne possa più di noi bravi credenti. Siamo così monotoni, sicuri di noi, ripetitivi, fasciati di virtù che l'appello del regno di Dio non sta dove l'hanno individuato le gerarchie, ma dove vivono, lottano, sperano e pregano le "prostitute e i pubblicani", i/le maledetti/e della nostra società, i nuovi lebbrosi, i rom, gli stranieri.

Anzichè ascoltare il Concistoro dei cardinali o il sinodo dei vescovi o le prediche moralistiche della castissima Carfagna, è meglio leggere "Le ragazze di Benin City" di Isoke Aikpitanyi o il libro "Bianco e nera" di Federico Bollettin (Edizioni Gabrielli).

Dio parla ancora e ci invita ad andare oggi nella vigna. Dio ci parla attraverso le pietre scartate, le persone oppresse. E sono voci che arrivano davvero dall'interno della vigna.

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