Riprendo da L'Unità alcune osservazioni di Umberto De Giovannangeli che trovo puntuali e pungenti.
"Non tutto Israele ha calzato l'elmetto. Le grandi manifestazioni di sabato scorso ne sono la dimostrazione". L'Israele che non crede nella "guerra giusta" si riconosce nelle parole della dona che incarna la storia del il pacifismo israeliano: Shulamit Aloni, fondatrice di Gush Shalom ("Pace Adesso"), più volte ministra nei governi guidati da Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Per le sue battaglie in difesa della laicità dello Stato, Aloni è stata ripetutamente minacciata di morte dai gruppi dell'estrema destra israeliana. "Gaza dice Aloni a l'Unità non è il Regno del Male. gaza è stata ridotta ad una immensa gabbia isolata dal resto del mondo. Il pugno di ferro non ha mai indebolito Hamas, ha solo alimentato la rabbia e il disperato desiderio di vendetta tra i giovani palestinesi".
Il consenso ad Hamas è anche il prodotto del fallimento della strategia negoziale, dell'unilateralismo che ha contrassegnato l'azione dei governi israeliani dal dopo Rabin ad oggi. Le armi non possono sostituire la politica, tanto meno in un Paese che si vuole democratico, come Israele. Una leadership coraggiosa avrebbe rafforzato il processo di pace con l'Anp di Abu Mazen, avrebbe dato uno stop alla colonizzazione dei Territori, avrebbe operato gesti distensivi verso la popolazione palestinese, ad esempio riducendo il numero di posti di blocco che spezzano in mille frammenti la Cisgiordania. Poteva essere fatto. Ma non lo è stato.
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