35 In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37 Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». 39 Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?». (Mc 4, 35-41)
Probabilmente alle spalle di questa pagina evangelica c'è il ricordo di qualche difficile attraversamento del lago di Galilea, il loro "mare". Ma l'episodio nel vangelo di Marco è già diventato un racconto teologico ben costruito e ricco di significato.
"Passiamo all'altra riva"
Tutta la vita di Gesù è stata un cammino verso l'altra riva. Egli giorno dopo giorno ha testimoniato, sulla scia dei profeti, un "passaggio", una trasformazione, una messa in discussione del rapporto religioso ufficiale con Dio e di tante paure e luoghi comuni. Egli, che non era Dio, ma un Suo testimone fedele, è sempre stato un credente in cammino. Anche per lui è stato difficile ed impegnativo lasciare la vita povera ma organizzata di Nazareth, con la sua famiglia e i suoi amici, per avventurarsi in una esistenza itinerante. Anche per lui è stato difficile, come per altri credenti di Israele, uscire dalla religiosità abitudinaria e formale, per riscoprire le radici pure della fede biblica.
Dalla sottomissione ai poteri politici della dominazione romana e ai poteri sacrali delle caste sacerdotali non fu facile passare alla fiducia radicale nel Dio che tutti e tutte chiama a scoprire il Suo regno di giustizia e di fraternità. Il passaggio più decisivo all'altra riva avveniva nella vita di Gesù ogni volta che cercava di annunciare il Dio della vicinanza e della misericordia ai fratelli e alle sorelle più emarginati, "impuri", peccatori. Un rabbi che mangiava con "pubblicani, peccatori e prostitute" davvero era passato all'altra riva. Questo era ciò che la gente poteva vedere nell'esistenza quotidiana di Gesù, maestro di vita più che di dottrina.
La resistenza e la paura
In queste sue scelte, che Gesù propone ai dodici, ai discepoli e alle discepole e a chi lo ascolta, il nazareno fa risuonare l'invito a cambiare lo stile di vita, la qualità del rapporto con Dio e la modalità di relazionarsi tra persone. Il regno di Dio è, per Gesù, prendere atto che Dio, il Dio che lui pregava ogni giorno e dal quale si sentiva sorretto, oggi è in azione, mi sollecita a fidarmi. C'è un'altra sponda, un'altra terra, un altro modo di vivere le relazioni. Se mi fido di Dio, le tempeste del mare, la fragilità della barca, i venti anche impetuosi e contrari non potranno impedirmi di cambiare il mio cuore e la mia esistenza.
La paura, secondo Gesù, spesso ci paralizza perchè non abbiamo fiducia nel Dio che ci regala il Suo caldo soffio amoroso. Anzi, spesso crediamo, rassegnati, che non esista un'altra sponda, che siamo destinati a fare "come fanno tutti", ad allinearci al pensiero vincente, ad una religiosità ufficiale e papalina. E così, anche nella vita sociale e politica ci adagiamo, accettiamo come sudditi le briciole e svanisce in noi lo spirito critico e costruttivo. Dentro la cultura della rassegnazione ci troviamo un posticino, possibilmente comodo, in cui naufraga totalmente la volontà di operare ogni giorno per un mondo altro e per una "chiesa altra", più umana ed evangelica.
Chi dunque è costui?
Forse dobbiamo riproporre a ciascuno di noi questo interrogativo: "Chi è Gesù per me?".
La domanda forse non si pone nemmeno se io mi do le astratte risposte del catechismo, parole e formule che vengono da secoli lontani e che oggi sono fredde come statue di marmo o "logiche" come un teorema.
Tra le "miserie della teologia" sta anche il fatto che biblisti e teologi anche competenti, pur di non perdere la loro posizione di riconoscimento istituzionale, decidono di infiorare le loro ricerche di quelle espressioni dogmatiche che li preservano dai fulmini vaticani. Anche opere bellissime cadono in queste illibertà.
La domanda diventa sanamente inquietante se prendo sul serio ciò che la lettura storica del vissuto concreto di Gesù mi può dire.
Allora si sciolgono i ghiacciai dogmatici che vengono sottoposti al vaglio della testimonianza biblica.
Gesù, il nazareno, deposto dal trono della divinità (perchè anche lui credeva in Dio, lo pregava e ne faceva la roccia della sua vita) diventa colui nella cui esistenza storica vediamo come Dio ama, come Dio sceglie gli ultimi, come Dio sogna il mondo. Questo è il significato del linguaggio cristiano dell'incarnazione. Non un Dio che si fa uomo, ma un uomo che è talmente testimone di Dio da diventare Sua rivelazione, Sua manifestazione nella "carne", cioè nella vita umana di ogni giorno.
La tragedia cristiana è che il Gesù storico è stato cancellato e sostituito dalle formulette catechistiche ed è troppo comodo per le chiese ufficiali lasciarlo imbalsamato in questi mausolei dogmatici. Il Gesù vivo sarebbe la fine di tante strutture ecclesiastiche e uno scomodo sovvertitore. E' meglio neutralizzare questo Gesù: questa è l'impresa funesta di gran parte del cristianesimo.
Caro amico, cara amica che leggi riprendi in mano libri come "Inchiesta su Gesù", L'uomo Gesù" (Mondadori) e anche "Teologia del pluralismo religioso" o "Gesù di Nazareth" (Edizioni Meridiana) e buttati con cuore desiderante alla ricerca del Gesù, profeta di Dio. Ti innamorerai di Gesù, se lo farai uscire dalla mummificante astrattezza sepolcrale dei dogmi e lo rivedrai, nei limiti del possibile, come viandante sulle strade della Palestina. Lui, innamorato di Dio, ha ancora la possibilità di svelarci il "mistero di Dio" e le strade del Suo regno di giustizia.
Riporto qui una mia poesia di oltre 30 anni fa:
Bellissimo Gesù
Mi direbbero invano
che non hai un domani:
nessuno
è più attuale
di te,
germoglio di Nazareth,
partigiano della libertà,
che hai fatto fiorire
nella nostra carne
il nome e il volto
di Dio.
O Dio,
anch'io spesso faccio resistenza all'invito di Gesù di "passare all'altra riva", di cambiare qualcosa di me.
Le mie paure, le mie sicurezze appesantiscono il viaggio o non mi lasciano partire.
Tu, caldo soffio di vita, vento che rompe gli ormeggi, resti il Dio che sa liberare i nostri cuori. Voglio rinnovare la mia fiducia in Te.
Franco Barbero