Commento alla lettura biblica - domenica 2 agosto 2009
Giovanni cap. 6 vv. 22 -71
Uno dei guai in cui incappa chi medita sui brani biblici che queste domeniche ci propongono nella liturgia consiste nella frammentazione che il capitolo 6 di Giovanni subisce. Esso, in realtà, è e va letto come una sola pagina perchè costituisce un tutt'uno consequenziale e indivisibile.
Non si tratta certo di un brano preso dalla bocca del nazareno, ma di una meditazione dell'ultimo redattore del vangelo di Giovanni (siamo con ogni probabilità intorno all'anno 100 d. C.) sulla importanza e sulla funzione di Gesù per i membri della sua comunità.
Anzi, il redattore vuole dire di più e intende segnalare quanto la relazione con Gesù debba essere reale e profonda per ogni fratello e sorella che vuole definirsi suo discepolo.
DAL PANE A GESU' PANE DI VITA
Certo, lo abbiamo meditato nei primi 15 versetti, Gesù non si interessa di puri spiriti, ma porta la sua attenzione e la sua opera per venire incontro ai bisogni reali della gente (pane, lavoro, salute, affetti).
Ma qui il redattore del vangelo, senza abbandonare quella prospettiva, compie un passo ulteriore e parla direttamente alla sua comunità qui rappresentata dalla gente. Che cosa chiede Dio a questa comunità?
"L'opera che Dio vuole da noi è che crediate in colui che Egli ha mandato" (vs. 28).
I versetti che seguono, nel consueto stile ribaditivo a scala a chiocciola di questo Vangelo, presentano Gesù come il pane di vita che Dio dona al mondo e alla comunità.
Il gruppo dei discepoli è giunto ad una conclusione davvero decisiva e chiara: noi dobbiamo nutrire la nostra vita di fede con il messaggio, l'insegnamento e le scelte concrete di Gesù così come nutriamo il nostro corpo con il pane: Gesù pane di vita significa semplicemente questo.
I versetti dal 51 in avanti si avvitano sempre attorno a questa riflessione. La forza espressiva di questo linguaggio metaforico raggiunge il suo apice nei versetti in cui si parla di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue fino a "chi mangia me, vivrà anche lui per mezzo di me" (vs. 57).
CHE IMPRESA
Mangiare il corpo e la carne di Gesù... Sì, proprio questo c'è richiesto, ma attenzione. Non è un invito al cannibalismo. Di ben altro si tratta: ci è richiesto di fare nostre le scelte, lo stile di vita di Gesù, quelle che egli compì nella sua carne, cioè nella sua esistenza storica nei giorni della Palestina.
Si tratta di mangiare e digerire, cioè metabolizzare, interiorizzare e praticare l'orizzonte di vita di Gesù dalla parte dei più deboli, delle persone emarginate. In sostanza i discepoli devono diventare un "solo corpo" con Gesù, cioè seguirlo sui sentieri della fiducia in Dio, della solidarietà, della speranza.
Questo testo "eucaristico" non lascia spazio alcuno ad una interpretazione mistica, evasiva, intimistica, spiritualista. Ma c'è di più: ci viene chiesto di bere il suo sangue. L'allusione al sangue costituisce un rimando esplicito ai giorni della passione e della crocifissione.
Colui che vuole davvero diventare discepolo di Gesù dovrà seguirlo anche quando ci sarà da bere il calice amaro della emarginazione, della indifferenza, dell'ostilità, della sconfitta. Bere il suo sangue non significa andarsi a cercare le croci, ma saperle affrontare quando esse derivano dall'impegno sui sentieri del regno di Dio.
Ora, se è vero che spesso noi cristiani abbiamo riempito le chiese, le piazze, le strade, le nostre case e tutti i luoghi pubblici di crocifissi e abbiamo nei secoli "crocifisso" milioni di creature, non è meno vero che moltissimi uomini e donne hanno seguito Gesù fino alla croce con coerenza e dedizione.
DUNQUE...
Può essere molto comodo leggere queste parole "materializzando" la presenza di Gesù in un'ostia. Si tratta d'altro, cioè di lasciare che il nostro riferirci a Gesù e la stessa celebrazione eucaristica diventino per noi stimolo alla trasformazione, alla conversione della nostra vita quotidiana.
Possiamo leggere mille volte la Bibbia e possiamo mangiare pane o ostie eucaristiche a tonnellate, ma se non entriamo nello stile di vita di Gesù, non abbiamo, secondo l'immagine biblica, mangiato la sua carne e bevuto il suo sangue.
IL VANGELO E' MESSAGGIO DI FIDUCIA
Le righe che abbiamo letto suonano come un richiamo forte, risvegliante. Ma esse sono anche un invito alla fiducia.
Se non ci nutriamo solo di "religione", di madonne multicolori, di Padre Pio, di sindoni o di sangue di san Gennaro o di reality, di veline o simili, allora lentamente il "vento di Dio" e la sua calda azione possono smuovere i nostri cuori e trasformare le nostre esistenze quotidiane.
Teniamo lo sguardo fisso su Gesù, cerchiamo le sue tracce. La sua parola e la sua testimonianza sono il miglior antidoto, la più sicura profilassi e la più efficace medicina contro l'inquinamento dei pensieri e contro i sottili veleni che minacciano i nostri cuori.
Troppe volte la nostra fede perisce per denutrizione e allora cerchiamo cibi che non nutrono e acque che non dissetano.