giovedì 27 agosto 2009

LE MASCHERE RELIGIOSE

Commento alla lettura biblica - domenica 30 agosto 2009

(Marco 7, 1-23)


Questa pagina del Vangelo di Marco compare, un po’ contratta e con alcune varianti, anche nel testo di Matteo.

Il redattore del Vangelo sembra, alla prima lettura, dimenticare che non si tratta in primo luogo di un conflitto tra Gesù e quelli venuti da Gerusalemme, ma di una questione molto dibattuta all’interno del giudaismo del tempo.

Gesù si inserisce in questo dibattito tutto interno a Israele e,imparando dai profeti, riferendosi al loro insegnamento, mette in allerta rispètto al pericolo che l’insistenza sul valore della tradizione oscuri l’essenziale che è la volontà di Dio. “ Con la sua critica Gesù prosegue la linea dei profeti” (J. Gnilka).

Come tanti altri profeti e maestri in Israele, Gesù di Nazareth rilegge la storia passata e presente del suo popolo, che spesso è tentato di accontentarsi di tranquillizzanti tradizioni umane a tal punto da invalidare il “comandamento di Dio”.

Questa pagina, dunque, non oppone il gruppo dei discepoli e delle discepole a tutto Israele, ma inserisce Gesù e i suoi seguaci in una posizione precisa, quella che da secoli avevano sostenuto Isaia,Geremia, Ezechiele,Osea…

Sulla scia dei profeti, Gesù ha riportato al centro il “comandamento di Dio”, aiutandoci a capire che,con il pretesto delle nostre tradizioni,noi possiamo “mettere da parte”(versetto 8), “respingere o trascurare” (versetto 9) e addirittura “annullare o invalidare la parola di Dio” (versetto 13).

I tre verbi che il testo greco del Vangelo di Marco usa sono, come ho cercato di tradurre in modo espressivo, molto forti, molto efficaci. Essi sostanzialmente ci dicono che spesso la nostra fede fa naufragio in uno stagno di pie abitudini, tanto rituali quanto quelle di natura biologica.

LA TRAPPOLA

Dentro le insicurezze dell’oggi, con le sue frette e le sue superficialità, le sue ansie e le sue fatiche, siamo tentati di cercare “riposo” e rifugio in comportamenti, idee, mode, istituzioni che troviamo già “pronte per l’uso”. La tentazione di cercare rifugio in tradizioni conosciute e riconosciute dai più ci porta ad intrupparci nella maggioranza e a dispensarci da ulteriori ricerche e dalla fatica di “inventare” nuove risposte.

Oggi, non solo nella chiesa cattolica, soffia un vento tradizionalista e restauratore che invita a guardare al futuro soprattutto come ripetizione del passato.

Non si tratta affatto di buttare a mare tutta la tradizione e le tradizioni, ma di concepirle in maniera storica, come pagine da rileggere, reinterpretare,proseguire.

Nel mio libro “Il dono dello smarrimento” scrivevo: “La tradizione è un oceano mosso e vitale, attraversato da mille correnti: farne una “specchio immobile” significa non riconoscere la vitalità cristiana nei secoli, la sua fioritura plurale, il bisogno di arricchire il tesoro ricevuto e di cambiare molte parole e di spostare molti accenti nella canzone della fede”.

UN’OPERAZIONE PERFIDA E SOTTILE

Anzichè puntare a mettere al centro la pratica di vita e il messaggio di Gesù, in questa Italietta si fa una “macedonia “ di sacro e di profano che è uno degli aspetti più subdoli della “religione civile”.

Che si inauguri una nuova nave, che si apra al traffico un’autostrada, che si consegni un’autoambulanza o una caserma dei carabinieri, che si apra un aeroporto o un centro commerciale….. ecco che arriva qualche prete con l’aspersorio.

In ogni sagra del peperoncino o del carciofo, del tartufo o del pomodoro, del fungo porcino o del formaggio di capra, delle nocciole o delle erbe aromatiche….si infila un santo, un patrono, una madonna, una processione, un prete o un vescovo con la stola. E così non manca nulla. A Siena si benedicono i cavalli del palio cittadino, in mille piazze si benedicono gli asini.

A Pinerolo sul piazzale di San Maurizio il vescovo benedice le auto. Una spruzzatina d’acqua benedetta tranquillizza… Contento il parroco, contento il sindaco, contenti quasi tutti. Il collante sacro della “tradizione popolare” funziona, fa comodo.

In fondo una statua di padre Pio, un rosario appeso in auto, un santino nel portafoglio…..non danno un gran disturbo. In genere i mafiosi avevano stanze piene di madonne statuariamente impassibili a tutti i crimini lì organizzati.

TOGLIERCI LA MASCHERA

Con questa vernice religiosa, con questa patina devozionale ci si sente a posto, persone perbene, in regola. Il formalismo dell’apparire si pone al posto dell’essere. In realtà questa nostra maschera nasconde tanto vuoto. Vedo feste di battesimo o di prima comunione al ristorante dove la coerenza con un percorso di fede è totalmente assente. E’ la chiesa dei certificati, degli atti di battesimo…..

Il Vangelo oggi interpella il nostro vivere quotidiano. Se non coinvolgiamo il nostro cuore nel sentiero di Gesù, fatto di impegno per le persone più deboli ed escluse, possiamo dirci cristiani? La “religione” e queste ritualità verniciate di sacro sono vie maestre dell’ipocrisia.

La fede è una realtà profonda, ci cambia dal di dentro. Io ogni giorno vivo a contatto con le Scritture, ne parlo, prego…ma sono così sicuro di lasciarmi toccare e cambiare la vita fin dal profondo del cuore?

La domanda può valere anche per te, caro fratello, cara sorella che leggi queste righe.