Commento alla lettura biblica - domenica 9 agosto 2009
Giovanni cap. 6 vv. 41-51
Se leggete nel vangelo questi versetti, vi accorgerete che prosegue il discorso, costruito dall'evangelista redattore, sul pane di vita.
Ma chi è questo Gesù che, nella fede, i discepoli hanno scoperto come pane che nutre le loro vite tramite la testimonianza delle sue opere e per mezzo del suo messaggio?
Questo Gesù di Nazareth è il figlio di Giuseppe di cui i contemporanei conoscevano il padre e la madre, i fratelli e le sorelle. Andatevi a prendere e leggetevi con attenzione i testi di Matteo cap. 13, vs dal 53 al 58 e di Luca cap. 4, vs. dal 16 al 30 oltre a Marco cap. 6 dal vs. 1 al 6.
Essi ci ricollocano il giovane rabbi di Nazareth nel contesto storico della sua esistenza quotidiana. Messa da parte l'interpretazione fraudolenta e leggendaria dei "cugini" di Gesù e del padre putativo (tutte interpretazioni create ad arte per motivare il nascente castello dogmatico della verginità di Maria), resta il dato storico: Gesù non è accolto, il suo messaggio irriso proprio tra la sua gente, tra i conoscenti. Tanto Luca, che Marco e Matteo ricordano le parole del Nazareno: "nessun profeta è accetto nella sua patria" (Luca cap. 4 vs. 24), "tra i suoi parenti" (Marco cap. 6, vs. 4) e "nella sua casa" (Marco e Matteo).
DOVE CERCHIAMO I PROFETI?
Questo rifiuto che ha accompagnato l'esistenza storica di Gesù, svela un aspetto di piena attualita' anche per i nostri giorni. Spesso anche noi siamo tentati di cercare la profezia e i messaggi del vangelo in contesti o in realta' di grande apparenza, in fenomeni di seducente teatralita'. In una cultura dell'immagine in cui le "cose" e le persone valgono quanto più appaiono, questa deviazione e' ancora più facile. Siamo cosi' depistati, portati fuori strada.
Nei due testamenti biblici e' costantemente documentata una strada diversa; Dio sceglie persone deboli ed "invisibili", prive di importanza nel loro contesto sociale e culturale per regalarci testimoni e profeti. Mose' era balbuziente, Amos un contadino, Davide era il più piccolo dei figli di Iesse quando fu scelto da Samuele ("L'uomo guarda l'apparenza, ma Dio guarda il cuore", 1 Samuele capitolo 16), Maria e Giuseppe non erano dei notabili, i dodici erano gente del popolo.
Gesù non cadde mai nella trappola dell'apparenza: seppe vedere i segni di Dio e imparare dalla fede della povera vedova, dalla peccatrice in casa di Simone, dal centurione romano, dalla cananea......
Egli non cerco' i segni e la profezia del regno di Dio nei palazzi del potere o nelle magnificenze del tempio. Mentre i discepoli erano come abbagliati dalle bellezze delle pietre del Tempio, Gesù era tutto assorto nell'osservazione del gesto della vedova che deponeva i due spiccioli nella cassa.
La' sulle strade della Palestina si accorse dei movimenti di Zaccheo, dei giochi dei bambini, del grido del cieco, del contatto affettuoso della emorroissa che cercava una sorgente di pace e di benessere in quel "pazzo" profeta di Dio e dei poveri.
Gesù trovo' tanta fede nel centurione e nella cananea da restarne sorpreso; non aveva trovato tanta fede in Israele.
VOGLIO CORREGGERE LO SGUARDO
Certo, Dio resta libero, sovranamente libero di donarci i suoi segnali profetici come e dove vuole Lui.
Ma forse, imparando da Gesù, dobbiamo correggere lo sguardo. Forse le più belle testimonianze di fede possono essere raccolte tra le persone umili e semplici che non stanno negli spazi del successo e dell'immagine.
La nostra stessa chiesa quando dà spettacoli di grandiosità liturgiche, di teatralità da mondovisione, quando è presente, fulgente e osannata su tutti i video del mondo entra nella logica e nella pratica della spettacolarità.
Il "granello di senape" è quanto di più lontano si possa immaginare dallo spasmodico tentativo di "occupare un posto in prima fila".
Si vedono in giro tante teste vuote che pretendono di farla da maestri alla nazione solo perchè ogni giorno sono in televisione. Anche una spogliarellista da calendario può diventare (certo solo in questa Italia) un ministro della Repubblica.
I SEGNI PROFETICI NON MANCANO
Dio non ci lascia mancare i "segni" e i profeti. Forse, secondo la concezione biblica, noi non li vediamo perchè: i nostri cuori sono torbidi, indecisi: "Beati quelli che sono puri fin dentro il loro cuore perchè essi vedranno Dio" (Matteo cap. 5 vs. 8)
Ma forse non li vediamo perchè non vogliamo vederli. Preferiamo guardare fuori, lontano... quando i segni di Dio sono spesso molto vicini. Si tratta di superare l'accecamento da abitudine e l'accecamento da pigrizia. Quando il nostro cuore non vuole aprirsi a nuovi cammini i nostri occhi sono come fiori che restano chiusi anche al più bel sole dell'estate.
Ma Dio, appassionato e instancabile, l'unico che non si stanca mai di nessuno/a di noi ci aspetta, ci invita ancora. E ancora ci fa giungere segni, inviti, occasioni per risvegliarci alla vita vera.
Giovanni cap. 6 vv. 41-51
Se leggete nel vangelo questi versetti, vi accorgerete che prosegue il discorso, costruito dall'evangelista redattore, sul pane di vita.
Ma chi è questo Gesù che, nella fede, i discepoli hanno scoperto come pane che nutre le loro vite tramite la testimonianza delle sue opere e per mezzo del suo messaggio?
Questo Gesù di Nazareth è il figlio di Giuseppe di cui i contemporanei conoscevano il padre e la madre, i fratelli e le sorelle. Andatevi a prendere e leggetevi con attenzione i testi di Matteo cap. 13, vs dal 53 al 58 e di Luca cap. 4, vs. dal 16 al 30 oltre a Marco cap. 6 dal vs. 1 al 6.
Essi ci ricollocano il giovane rabbi di Nazareth nel contesto storico della sua esistenza quotidiana. Messa da parte l'interpretazione fraudolenta e leggendaria dei "cugini" di Gesù e del padre putativo (tutte interpretazioni create ad arte per motivare il nascente castello dogmatico della verginità di Maria), resta il dato storico: Gesù non è accolto, il suo messaggio irriso proprio tra la sua gente, tra i conoscenti. Tanto Luca, che Marco e Matteo ricordano le parole del Nazareno: "nessun profeta è accetto nella sua patria" (Luca cap. 4 vs. 24), "tra i suoi parenti" (Marco cap. 6, vs. 4) e "nella sua casa" (Marco e Matteo).
DOVE CERCHIAMO I PROFETI?
Questo rifiuto che ha accompagnato l'esistenza storica di Gesù, svela un aspetto di piena attualita' anche per i nostri giorni. Spesso anche noi siamo tentati di cercare la profezia e i messaggi del vangelo in contesti o in realta' di grande apparenza, in fenomeni di seducente teatralita'. In una cultura dell'immagine in cui le "cose" e le persone valgono quanto più appaiono, questa deviazione e' ancora più facile. Siamo cosi' depistati, portati fuori strada.
Nei due testamenti biblici e' costantemente documentata una strada diversa; Dio sceglie persone deboli ed "invisibili", prive di importanza nel loro contesto sociale e culturale per regalarci testimoni e profeti. Mose' era balbuziente, Amos un contadino, Davide era il più piccolo dei figli di Iesse quando fu scelto da Samuele ("L'uomo guarda l'apparenza, ma Dio guarda il cuore", 1 Samuele capitolo 16), Maria e Giuseppe non erano dei notabili, i dodici erano gente del popolo.
Gesù non cadde mai nella trappola dell'apparenza: seppe vedere i segni di Dio e imparare dalla fede della povera vedova, dalla peccatrice in casa di Simone, dal centurione romano, dalla cananea......
Egli non cerco' i segni e la profezia del regno di Dio nei palazzi del potere o nelle magnificenze del tempio. Mentre i discepoli erano come abbagliati dalle bellezze delle pietre del Tempio, Gesù era tutto assorto nell'osservazione del gesto della vedova che deponeva i due spiccioli nella cassa.
La' sulle strade della Palestina si accorse dei movimenti di Zaccheo, dei giochi dei bambini, del grido del cieco, del contatto affettuoso della emorroissa che cercava una sorgente di pace e di benessere in quel "pazzo" profeta di Dio e dei poveri.
Gesù trovo' tanta fede nel centurione e nella cananea da restarne sorpreso; non aveva trovato tanta fede in Israele.
VOGLIO CORREGGERE LO SGUARDO
Certo, Dio resta libero, sovranamente libero di donarci i suoi segnali profetici come e dove vuole Lui.
Ma forse, imparando da Gesù, dobbiamo correggere lo sguardo. Forse le più belle testimonianze di fede possono essere raccolte tra le persone umili e semplici che non stanno negli spazi del successo e dell'immagine.
La nostra stessa chiesa quando dà spettacoli di grandiosità liturgiche, di teatralità da mondovisione, quando è presente, fulgente e osannata su tutti i video del mondo entra nella logica e nella pratica della spettacolarità.
Il "granello di senape" è quanto di più lontano si possa immaginare dallo spasmodico tentativo di "occupare un posto in prima fila".
Si vedono in giro tante teste vuote che pretendono di farla da maestri alla nazione solo perchè ogni giorno sono in televisione. Anche una spogliarellista da calendario può diventare (certo solo in questa Italia) un ministro della Repubblica.
I SEGNI PROFETICI NON MANCANO
Dio non ci lascia mancare i "segni" e i profeti. Forse, secondo la concezione biblica, noi non li vediamo perchè: i nostri cuori sono torbidi, indecisi: "Beati quelli che sono puri fin dentro il loro cuore perchè essi vedranno Dio" (Matteo cap. 5 vs. 8)
Ma forse non li vediamo perchè non vogliamo vederli. Preferiamo guardare fuori, lontano... quando i segni di Dio sono spesso molto vicini. Si tratta di superare l'accecamento da abitudine e l'accecamento da pigrizia. Quando il nostro cuore non vuole aprirsi a nuovi cammini i nostri occhi sono come fiori che restano chiusi anche al più bel sole dell'estate.
Ma Dio, appassionato e instancabile, l'unico che non si stanca mai di nessuno/a di noi ci aspetta, ci invita ancora. E ancora ci fa giungere segni, inviti, occasioni per risvegliarci alla vita vera.