L'affondo contro RAI 3 è uno dei punti alti dell'avanzamento del regime.
Si vuole spegnere l'ultimo lumicino televisivo del servizio pubblico.
Se Berlusconi va dai giudici per denunciare Repubblica, è segno che in questo paese una informazione decente e libera sta diventando impossibile. Ezio Mauro scriveva su Repubblica del 28 agosto righe molto chiare:
"Non potendo rispondere, se non con la menzogna, Silvio Berlusconi ha deciso di portare in tribunale le dieci domande di Repubblica, per chiedere ai giudici di fermarle, in modo che non sia più possibile chiedergli conto di vicende che non ha mai saputo chiarire: insabbiando così - almeno in Italia - la pubblica vergogna di comportamenti privati che sono al centro di uno scandalo internazionale e che lo perseguitano politicamente.
E' la prima volta, nella memoria di un Paese libero, che un uomo politico fa causa alle domande che gli vengono rivolte. Ed è la misura delle difficoltà e delle paure che popolano l'estate dell'uomo più potente d'Italia. La questione è semplice. Poichè è incapace di dire la verità sul "ciarpame politico" che ha creato con le sue stesse mani e che da mesi lo circonda, il Capo del governo chiede alla magistratura di bloccare l'accertamento della verità, impedendo la libera attività giornalistica d'inchiesta, che ha prodotto quelle domande senza risposta."
Che cosa aspettiamo a scendere in piazza e a ragionare in ogni luogo su questo assalto alla democrazia? Solo un'opposizione unita può bloccare questa manovra. Non basta sostenere quanti come Napolitano e Fini difendono le ragioni della laicità e il dettato costituzionale. Ora è tempo di mobilitazione nazionale di tutte le forze democratiche. Non basta più deplorare gli sporchi affari di Berlusconi con Gheddafi, occorre mobilitarci per bloccarli. Uno sciopero generale di 8 giorni in questo periodo di piena attività di tutto il Paese sarebbe una prima risposta. Ma l'opposizione non riesce a dare al paese appuntamenti significativi o lo fa con una lentezza da pachiderma.