Commento alla lettura biblica - domenica 15 novembre 2009
In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il figlio dell'Uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio ma solo il Padre. (Marco 13, 24 - 32 )
In realtà quando si taglia il Vangelo a fette, come avviene spesso per i testi della liturgia domenicale, si rischia di privarci della densità di un messaggio che solo l'intera pericope trasmette. Per questo consiglio di leggere l'intero capitolo 13 del Vangelo di Marco.
Probabilmente alle spalle di questa pagina dai colori minacciosi ed apocalittici c'è la recente irruzione delle truppe romane e la profanazione e la distruzione del Tempio di Gerusalemme.
Sembrò loro la fine del mondo; in realtà fu solo la fine di "un" mondo, il loro mondo.
Questo enorme sconvolgimento che a molti parse come la fine di ogni promessa e di ogni speranza, rischiava di bloccare ogni iniziativa, di raggelare i cuori, di paralizzare anche i discepoli del nazareno (che allora erano uno dei tanti gruppi interni dell'esperienza ebraica).
La paura poteva prendere il sopravvento. Il redattore del Vangelo di Marco è ben consapevole di questo rischio e conosce bene la sua comunità. Egli mette sulla bocca di Gesù una esortazione che costituisce l'ossatura, il messaggio centrale di tutto questo capitolo: davanti a questo grande e radicale cambiamento, Marco ripropone - adattandolo al nuovo contesto politico e spirituale - un prezioso insegnamento del maestro di Nazaret.
Gesù aveva insegnato ai suoi discepoli e alle sue discepole a vivere nel cambiamento e a vedere nei mutamenti piccoli e grandi le eventuali possibilità di rinnovamento. Anche in uno stravolgimento, anche dentro le situazioni più impreviste che rimettono radicalmente in gioco il presente, è possibile e necessario guardare a ciò che può nascere o sta nascendo più che rimpiangere ciò che tramonta.
Questa è la bella notizia del Regno di Dio.
Era risuonato duro per i discepoli il rimprovero del nazareno: "Sapete discernere l'aspetto della terra e del cielo, ma questo tempo come non lo sapete discernere?" (Luca 12,56). Saper "leggere un tempo" per un credente significa anche cercare di cogliere quali segni, quali stimoli, quali sollecitazioni possiamo raccogliere come inviti che Dio ci fa giungere dalla realtà.
Anche dentro gli sconvolgimenti più inquietanti e dentro i deserti più desolati c'è sempre "un ramo che diventa tenero, ci sono foglie che spuntano e una estate che si avvicina" (Marco 13,28).
I segni, l'albero tenero, le foglioline che compaiono a dire, ad annunciare una estate di rinnovamento nemmeno oggi non mancano. Si tratta di sapere se noi abbiamo occhi per vedere o se sappiamo solo vedere ciò che è grande, "i grandi edifici" (Marco 13, 1 - 2).
VIGILARE
Ma, ovviamente, stare svegli ed attenti, costituisce il requisito numero uno. Se sono distratto ed assonnato, se i miei occhi sono rivolti ad altro, se non mi educo ad uno "sguardo interiore", se sono tutto concentrato su di me...... come farò a vivere attento ai segni, a ciò che il soffio leggero di Dio dice al mio cuore?
Davanti a questo richiamo del Vangelo, penso con un certo dolore alla mia chiesa.
Mi sembra, nelle sue istanze ufficiali, tutta tramortita, impaurita, aggrappata a salvare "il vecchio mondo", la cristianità dei secoli passati, con il suo bagaglio di esperienze, di elaborazioni, di efficienza, di potere.
Tante cose buone e tante meno buone: molte addirittura perverse.
Ma, aldilà di queste valutazioni, mi sembra che noi corriamo il rischio di non capire che, sotto molti aspetti, il mondo è radicalmente cambiato. Non si trtatta di gettare tutta la nostra storia passata nel cestino dei rifiuti, ma di guardare con fiducia e con gioia al tempo nuovo che avanza.
Ci troviamo davanti ad un "dimagrimento vistoso" della realtà istituzionale cattolica che rappresenta un'ottima occasione di ripensare la nostra fede nel contesto del pluralismo religioso, in presenza ed in compagnia di altre fedi.
Si tratta, di fronte alla carta dei diritti e alle nuove acquisizioni della storia, delle scienze e dell'antropologia, di "allargare la tenda" dell'accoglienza cristiana senza esclusioni.
Si tratta, nella evoluzione dei linguaggi, di ridire nel linguaggio di oggi il messaggio delle Scritture. Se guardiamo indietro, se siamo cantori del tempo che fu, se siamo abitati dalla nostalgia, ci priviamo della gioia e della scommessa di entrare nel movimento che cerca di raccogliere faticosamente le sfide dell'oggi.
INSIEME
Insieme lavoriamo, preghiamo, cerchiamo perchè la nostra esperienza di fede personale e comunitaria non siano imprigionate nella vecchia cittadella, ma accettiamo il rischio di reinventarci.
Nella storia dei veri cristianesimi le ore più belle sono state quelle in cui uomini e donne hanno preso sul serio sia il loro tempo sia la loro fede.
Hanno sentito il dovere di riformulare la loro testimonianza, i loro linguaggi, la loro presenza nel mondo con grande consapevolezza della necessità di incarnare la fede nel loro tempo.
I giorni del cristianesimo imperiale e della "societas christiana" sono finiti.
Scrollarci di dosso la polvere imperiale, i privilegi, le presunzioni di infallibilità dogmatica ed etica, può rappresentare la "grazia" di questo tempo per intraprendere un cammino più umile, più povero di mezzi, più ricco di fiducia in Dio.
Purtroppo anche quando i "segnali" sono forti come colpi di cannone e grandi come le montagne, noi riusciamo a dormire.
Esattamente come successe ai discepoli che s'addormentarono anche nell'ora della passione di Gesù.
Noi ci troviamo in comunità ogni settimana a leggere le Scritture anche per aiutarci a non cadere nel sonno dell'incoscienza e dell'egoismo, a non lasciarci deprimere dall'impotenza, a non lasciarci intontire dalla televisione.
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