Intervista a Riccardo Chiaberge. Un itinerario personale alla scoperta di un'altra Chiesa
di Emilio Carnevali
“Un viaggio, un itinerario personale alla scoperta di un’altra Chiesa”: è quello che ha affrontato Riccardo Chiaberge, editorialista del Sole 24 Ore, nel suo ultimo libro Lo scisma, cattolici senza Papa, appena pubblicato da Longanesi (pp. 282, euro 17,60).
All’alba del terzo millennio
È proprio per rendere conto di questa complessità, per squarciare il velo su questo “scisma sommerso” – secondo un’espressione mutuata dal filosofo cattolico Pietro Prini – che l’autore ha intrapreso il suo viaggio, lungo il quale racconta di aver incontrato “eremiti cistercensi, suore missionarie, preti di periferia, teologi scomunicati. Ma anche imprenditori in tonaca, medici pellegrini a Lourdes, ricercatori e ricercatrici sulle frontiere della scienza, storici, filosofi, intellettuali e semplici fedeli”. Qual è il comune denominatore di tutte queste esperienze di vita così diverse?, viene da chiedersi al termine di questo variopinto elenco. Risponde molto semplicemente Chiaberge: “La fede in Dio e nel suo unico figlio, la vocazione a servire l’umanità e insieme il sogno di una Chiesa meno arroccata, più capace di ascolto, più in armonia col Vangelo e non pregiudizialmente ostile alla Scienza”.
Nel suo libro lei ha descritto un mondo vitale, dinamico, colmo di esperienze interessanti e sospinte da forti passioni. Eppure questo modo è quasi sconosciuto: non è mai preso in considerazione dalla stampa e dalla Tv, interessate solo ai pronunciamenti e alle iniziative mediatiche della gerarchia. Qual è secondo lei la ragione di questo atteggiamento da parte dell’informazione?
In primo luogo l’informazione tende ad allinearsi alle logiche del potere politico ed il potere politico è - come sappiamo - più interessato ad intrattenere buone relazioni con i vertici della Chiesa che con la base, più preoccupato di avere il sostegno e la protezione della gerarchia che non il consenso degli elettori cattolici. Gli elettori cattolici, tra l’altro, sono molto diversi dal “mito” dell’elettorato cattolico che ancora qualcuno si ostina a propagandare. Ormai sono esattamente come tutti gli altri elettori e votano con la propria testa esprimendo un voto di opinione; per cui una volta votano a destra e una volta a sinistra. Si orientano in base alle circostanze, agli interessi, alle contingenze storiche, ai programmi elettorali, giudicando se li trovano convincenti.
I politici hanno la tendenza a frequentare più
Eppure anche la stampa più laica – quella non certo sospettabile di connivenza con le gerarchie – spesso sembra dare più voce ai vertici che alla base…
È vero. Qui secondo me entra in gioco una certa dose di conformismo: ai laici può fare comodo offrire un ritratto in qualche modo caricaturale dei propri avversari, descrivere il mondo come una realtà monolitica dominata esclusivamente da tendenze oscurantiste. Spesso si cerca l’interlocutore che più corrisponde al proprio stereotipo mentale.
Quali sono invece le responsabilità di questo cattolicesimo di frontiera che ha difficoltà ad uscire dalla marginalità in cui è confinato?
Il mondo cattolico, diciamo così, “disobbediente” o dissenziente ha effettuato negli ultimi decenni una sorta di ritirata e non riesce a farsi ascoltare. Credo che abbia risentito molto anche della crisi della sinistra, con la quale tendeva a dialogare, forse anche troppo dal momento che ne sono stati avallati molti errori in passato. Per questo ritengo che il cattolicesimo del dissenso in senso tradizionale non regga più la sfida contemporanea. Il dissenso è ormai di altra natura e rimanda ai temi del confronto con la modernità, con la scienza, con l’evoluzione del costume, delle strutture familiari, dei rapporti tra i sessi. Queste sono le nuove frontiere, oltre naturalmente ai problemi planetari come la lotta alla povertà, sui quali tuttavia la stessa Chiesa ‘ufficiale’ ha posizioni spesso più aperte e avanzate di quelle del potere politico.
Il Concilio non è nato dal nulla, ma dai tanti fiumi sotterranei che, in tempi nei quali non erano nemmeno concepibili progetti di riforma, hanno nutrito la coscienza di tanti teologi e di tanti credenti in attesa che potessero emergere alla luce del sole. Secondo lei potrebbe accadere lo stesso anche con questi rivoli creativi che scorrono ai giorni nostri? Oppure
Credo che nella Chiesa alcune novità si imporranno inevitabilmente. In primo luogo a causa del ricambio di tipo generazionale ed etnico-geografico all’interno delle gerarchie. Ci sarà sempre più una prevalenza di clero d’oltreoceano, del Terzo mondo, africano, portatore di valori differenti e di approcci originali, ad esempio sulle problematiche dello sviluppo, della morale sessuale e perfino del celibato obbligatorio. Si arriverà probabilmente a un Concilio Vaticano III.
Questo è almeno il mio auspicio da laico. Nonostante l’immagine di copertina del mio libro – che non ho scelto io e che raffigura una cupola di San Pietro solcata da profonde crepe e prossima alla rovina – io non spero affatto che il cattolicesimo, e in generale le grande religioni del mondo, vengano completamente spazzate via dalla faccia della terra.
Credo che il fenomeno religioso, la sensibilità religiosa, siano una componente essenziale della vita civile e costituiscano una grande risorsa anche per l’Italia. L’Italia è uscita dalla crisi della II Guerra Mondiale e dal fascismo grazie ad un’alleanza tra laici, liberali, socialisti e cattolici. E anche dal pantano in cui ci troviamo oggi potremo uscire solo con un’intesa fra le forze migliori, laiche e cattoliche, del nostro Paese.
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