"I bambini non sono né ciechi né sordi. E poiché la realtà omosessuale oggi è più visibile di un tempo, anche loro la incontrano, dalla vita di tutti i giorni alla tv, ed è logico che si interroghino e che ricevano risposte". E' il giudizio di Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, autore di "Citizen gay" e docente alla Sapienza di Roma.
Con quali parole si può parlare di omosessualità ai bambini?
"Col linguaggio adatto alle diverse età. Così come si racconta che esistono specie diverse, religioni e etnie differenti, è giusto raccontare che esistono diversi modi di amare. Se poi il bambino è direttamente coinvolto, ad esempio perché lui stesso è figlio di una coppia omosessuale o vive in una famiglia ricomposta con un genitore gay, l'esigenza di informarlo si può presentare anche prima, e al tempo stesso tutto sarà più facile e più diretto".
Chi si oppone a un'educazione precoce sull'omosessualità sostiene tra l'altro che, parlandone, si possono indurre i bambini a imitare i gay
"E' una sciocchezza. Ancora oggi non sappiamo quale complesso insieme di ragioni genetiche e ambientali induca le persone a un orientamento piuttosto che a un altro. Viceversa, sappiamo per certo che chi ha genitori gay non ha più possibilità di chi li ha eterosessuali di diventare gay a sua volta".
Qual'è l'utilità di parlare di omosessualità già alle elementari?
"Quella di creare nei ragazzi una cultura non omofoba, qualunque sia il percorso personale che faranno in futuro".
1 commento:
Chiunque sia l'intervistato è davvero un grande: ci fossero più persone così, l'omofobia sarebbe quasi scomparsa
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