lunedì 19 aprile 2010

Il premier mi vuole zittire ma sui clan non tacerò mai

di Roberto Saviano
da La Repubblica, 17 Aprile 2010

Pres­i­dente Sil­vio Berlus­coni,

le scrivo dopo che in una con­ferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere respon­s­abile di "sup­porto pro­mozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi ven­gono riv­olte da anni: si fermi un momento a pen­sare a cosa le sue parole sig­nif­i­cano. A quanti cro­nisti, oper­a­tori sociali, a quanti avvo­cati, giu­dici, mag­is­trati, a quanti nar­ra­tori, reg­isti, ma anche a quanti cit­ta­dini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di rac­con­tare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischi­ato e stanno tutt'ora rischi­ando, eppure ven­gono accusati di essere fiancheg­gia­tori delle orga­niz­zazioni crim­i­nali per il solo vol­erne par­lare. Per­ché per lei è meglio non dire.

E' meglio la nar­ra­tiva del silen­zio. Del visto e taci­uto. Del las­ciar fare alle polizie ai tri­bunali come se le mafie fos­sero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esat­ta­mente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nos­tra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione.
Io credo che solo e uni­ca­mente la ver­ità serva a dare dig­nità a un Paese. Il potere mafioso è deter­mi­nato da chi rac­conta il crim­ine o da chi com­mette il crimine?

Il ruolo della 'ndrangheta, della camorra, di Cosa nos­tra è deter­mi­nato dal suo vol­ume d'affari — cento mil­iardi di euro all'anno di prof­itto — un vol­ume d'affari che supera di gran lunga le più granitiche aziende ital­iane. Questo può non esser detto? Lei stesso ha pre­sen­tato un dato che parla del seque­stro alle mafie per un val­ore pari a dieci mil­iardi di euro. Questo sig­nifica che sono gli scrit­tori ad inventare? Ad esager­are? A com­met­tere crim­ine con la loro parola? Per­ché? Michele Greco il boss di Cosa Nos­tra morto in carcere al processo con­tro di lui si difese dicendo che "era tutta colpa de Il Padrino" se in Sicilia veni­vano istru­iti pro­cessi con­tro la mafia. Nicola Schi­avone, il padre dei boss Francesco Schi­avone e Wal­ter Schi­avone, dinanzi alle tele­camere ha rib­a­dito che la camorra era nella testa di chi scriveva di camorra, che il fenom­eno era solo legato al crim­ine di strada e che io stesso ero il vero camor­rista che scriveva di queste sto­rie quando rac­con­tava che la camorra era impresa, cemento, rifiuti, politica.

Per i clan che in questi anni si sono visti rac­con­tare, la parola ha rap­p­re­sen­tato sem­pre un affronto per­ché ren­deva di tutti infor­mazioni e com­por­ta­menti che vol­e­vano restassero di pochi. Per­ché quando la parola rende cit­tad­i­nanza uni­ver­sale a quelli che prima erano con­siderati argo­menti par­ti­co­lari, lon­tani, per pochi, è in quell'istante che sta chia­mando un inter­vento di tutti, un impegno di molti, una deci­sione che non riguarda più solo addetti ai lavori e cro­nisti di nera. Le ricordo le parole di Paolo Borsellino in ricordo di Gio­vanni Fal­cone pro­nun­ci­ate poco prima che lui stesso fosse ammaz­zato. "La lotta alla mafia è il primo prob­lema da risol­vere … non deve essere soltanto una dis­tac­cata opera di repres­sione ma un movi­mento cul­tur­ale e morale che coin­volga tutti e spe­cial­mente le gio­vani gen­er­azioni le spinga a sen­tire subito la bellezza del fresco pro­fumo di lib­ertà che fa rifi­utare il puzzo del com­pro­messo morale della indif­ferenza della con­ti­gu­ità e quindi della com­plic­ità. Ricordo la felic­ità di Fal­cone quando in un breve peri­odo di entu­si­asmo mi disse: la gente fa il tifo per noi. E con ciò non inten­deva riferirsi soltanto al con­forto che l'appoggio morale dà al lavoro dei giu­dici, sig­nifi­cava soprat­tutto che il nos­tro lavoro stava anche smuovendo le coscienze".

Il silen­zio è ciò che vogliono. Vogliono che tutto si rid­uca a un prob­lema tra guardie e ladri. Ma non è così. E' mostrando, facendo vedere, che si ha la pos­si­bil­ità di avere un con­trasto. Lo stesso Piano Caserta che il suo gov­erno ha attuato è par­tito per­ché è stata accesa la luce sull'organizzazione dei casalesi prima nota solo agli addetti ai lavori e a chi subiva i suoi ricatti.


Eppure la sua non è un'accusa nuova. Anche molte per­son­al­ità del cen­trosin­is­tra cam­pano, quando uscì il libro, dis­sero che avevo diffam­ato il rinasci­mento napo­le­tano, che mi ero fatto pub­blic­ità, che la mia era sem­plice­mente un'insana voglia di apparire. Quando c'è un incen­dio si las­cia fug­gire chi ha appic­cato le fiamme e si dà la colpa a chi ha dato l'allarme? Guardando a chi ha pagato con la vita la lotta per la ver­ità, trovo assurdo e scon­for­t­ante pen­sare che il silen­zio sia l'unica strada rac­co­mand­abile. Eppure, Pres­i­dente, avrebbe potuto dire molte cose per dimostrare l'impegno anti­mafia degli ital­iani. Avrebbe potuto rac­con­tare che l'Italia è il paese con la migliore leg­is­lazione anti­mafia del mondo. Avrebbe potuto ricor­dare di come noi ital­iani offri­amo il know-how dell'antimafia a mezzo mondo. Le orga­niz­zazioni crim­i­nali in questa fase di crisi gen­er­al­iz­zata si stanno infil­trando nei sis­temi finanziari ed eco­nomici dell'occidente e oggi gli esperti ital­iani ven­gono chia­mati a dare infor­mazioni per aiutare i gov­erni a com­bat­tere le orga­niz­zazioni crim­i­nali di ogni genealo­gia. E' dram­matico — e ne siamo con­sapevoli in molti — essere etichet­tati mafiosi ogni volta che un ital­iano supera i con­fini della sua terra. Certo che lo è. Ma non è con il silen­zio che mos­tri­amo di essere diversi e migliori.

Dif­fondendo il val­ore della respon­s­abil­ità, del cor­ag­gio del dire, del val­ore della denun­cia, della forza dell'accusa, pos­si­amo cam­biare le cose.

Accusare chi rac­conta il potere della crim­i­nal­ità orga­niz­zata di fare cat­tiva pub­blic­ità al paese non è un modo per miglio­rare l'immagine ital­iana quanto piut­tosto per iso­lare chi lo fa. Rac­con­tare è il modo per innescare il cam­bi­a­mento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Gio­vanni Fal­cone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schi­avone San­dokan. Credo che nella battaglia anti­mafia non ci sia una destra o una sin­is­tra con cui stare. Credo sem­plice­mente che ci sia un movi­mento cul­tur­ale e morale al quale aspi­rare. Io con­tin­uerò a par­lare a tutti, qualunque sarà il credo politico, anche e soprat­tutto ai suoi elet­tori, Pres­i­dente: molti di loro, credo, saranno rimasti sbig­ot­titi ed indig­nati dalle sue parole.

Chiedo ai suoi elet­tori, chiedo agli elet­tori del Pdl di aiu­tarla a smen­tire le sue parole. E' l'unico modo per ridare la giusta direzione alla lotta alla mafia. Chiederei di porg­ere le sue scuse non a me — che ormai ci sono abit­u­ato — ma ai par­enti delle vit­time di tutti col­oro che sono caduti rac­con­tando. Io sono un autore che ha pub­bli­cato i suoi libri per Mon­dadori e Ein­audi, entrambe case editrici di pro­pri­età della sua famiglia. Ho sem­pre pen­sato che la sto­ria par­tita da molto lon­tano della Mon­dadori fosse pien­amente in linea per accettare un tipo di nar­razione come la mia, pen­savo che avesse gli stru­menti per con­va­l­i­dare anche posizioni forti, cor­renti di pen­siero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occu­pati di mafie espo­nendo loro stessi e che Mon­dadori e Ein­audi in questi anni hanno pub­bli­cato. La cosa che farò sarà incon­trare le per­sone nella casa editrice che in questi anni hanno lavo­rato con me, donne e uomini che hanno cre­duto nelle mie parole e sono rius­cite a far arrivare le mie sto­rie al grande pub­blico. Per­sone che hanno spesso dovuto difend­ersi dall'accusa di essere edi­tor, uffici stampa, diri­genti, "com­prati". E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. E' da loro che voglio risposte.

Una cosa è certa: io, come molti altri, con­tin­uer­emo a rac­con­tare. Userò la parola come un modo per con­di­videre, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Pres­i­dente, in una terra mer­av­igliosa e purtroppo dev­as­tata, la cui bellezza però con­tinua a darmi forza per sognare la pos­si­bil­ità di una Italia diversa. Una Italia che può cam­biare solo se il sud può cam­biare. Lo giuro Pres­i­dente, anche a nome degli ital­iani che con­sid­er­ano i pro­pri morti tutti col­oro che sono caduti com­bat­tendo le orga­niz­zazioni crim­i­nali, che non ci sarà giorno in cui tac­er­emo. Questo lo prometto. A voce alta.