1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. 7 Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? 8 E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? 9 Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, 11 Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio» (Atti 2, 1-11)
Scrivo queste poche righe mentre sono a letto con un po' di febbre e molta tosse. La brevità è d'obbligo.
Tutti furono ripieni di Spirito Santo
Dunque i doni di Dio sono dati a tutti. Lo Spirito Santo non è altro che Dio stesso che si manifesta come soffio di vita, forza, vento d'amore, di coraggio e di profezia nelle vie del mondo, nelle Sue creature e in ciascuno/a di noi.
Se è dato a tutti e tutte, allora nessuno lo possiede o lo riceve in esclusiva. Si tratta, in verità, di una consapevolezza che fa fatica a penetrare nelle varie "aree" del corpo ecclesiale.
C'è chi è cresciuto come un cristiano puramente esecutore e si considera un recipiente vuoto da colmare con l'insegnamento della casta sacerdotale. Al lato opposto ci sono i membri della gerarchia che si considerano i depositari dello Spirito di Dio e i Suoi erogatori nel mondo e nella chiesa.
Queste due concezioni che, per quanto opposte, spesso convivono purtroppo nella nostra chiesa, costituiscono la negazione del messaggio della pentecoste cristiana.
La pagina biblica che abbiamo letto sollecita la nostra gratitudine a Dio che si dona senza esclusione, ma nello stesso tempo ci chiama alla responsabilità. Ciascuno e ciascuna di noi con la propria vita sta testimoniando di essere ripieno di Spirito Santo cioè sta mettendo a frutto il dono di Dio, la Sua spinta a vivere nell'amore e nel coraggio?
E siamo capaci a "parlare altre lingue", cioè a discostarci dai linguaggi del pregiudizio, della paura e del qualunquismo?
Ci sentiamo dentro la voglia e la spinta a rinnovare la nostra vita di fede e i linguaggi e i simboli con i quali la esprimiamo?
Non si può vivere e testimoniare la fede come "ripetitori" di un modello o di formule immutabili. Ognuno, in qualche modo, deve "inventare", inverare nella sua esistenza la sequela di Gesù in modo personale.
Anche dentro un'esperienza comunitaria, la risposta al "se tu vuoi…" che Gesù rivolse a ciascuno dei suoi interlocutori, attende che io dia la mia "traduzione" concreta. Non posso semplicemente "copiarla" da qualche parte.
Le grandi opere di Dio
L'immagine letterariamente suggestiva per cui gli ascoltatori odono ciascuno nella propria lingua, ci trasmette un messaggio pieno di fiducia: se davvero noi testimoniassimo e parlassimo di Dio e del Suo amore, il Vangelo tornerebbe a risuonare come vitale per ogni uomo e ogni donna che lo ascolta.
Il guaio è che spesso noi cristiani non abbiamo nulla da annunciare, la nostra vita ha ben poco da testimoniare e le nostre chiese parlano di se stesse anziché del regno di Dio.
Dunque il vento impetuoso soffia… Dio non si stanca di "sovvertire" la casa, di spalancare le finestre, di far saltare i catenacci delle chiese e dei cuori, ma spesso la Sua calda presenza è "fuori" dai recinti sacri: "Il vento soffia dove vuole…" (Giovanni 3,8).