Il blocco di Gaza diventa strage
Finirà tutto nel giro di poche ore, con i 700 attivisti della «Freedom
flotilla» arrestati in mare, identificati ad Ashdod e rapidamente rispediti
a casa dall'aeroporto di Tel Aviv. Così spiegavano i giornali israeliani nei
giorni scorsi riferendo dei preparativi dell'operazione militare allestita
per impedire il passaggio della flottiglia della libertà, con a bordo 10mila
tonnellate di aiuti umanitari per Gaza sotto embargo.
E invece l'azione dei commando israeliani incaricati di sequestrare le sei
navi che facevano rotta verso la Striscia, si è trasformata in una strage. L'ostinazione
di Israele di voler mantenere a tutti i costi il blocco totale di Gaza ha
provocato la morte di molti attivisti (10 finora sono i morti accertati) e
il ferimento di altre decine. Un terribile bagno di sangue di civili
innocenti che potrebbe provocare una escalation. In queste ore la tensione è
altissima non solo a livello politico e diplomatico ma anche sul terreno.
Specialmente nella Galilea popolata dai palestinesi con cittadinanza
israeliana. A Uhm el Fahem, una roccaforte del movimento islamico, sono
esplosi scontri violenti tra manifestanti e polizia dopo che si è sparsa la
notizia del
ferimento grave a bordo di una delle navi dello sceicco Raed Salah. Ad
Haifa tafferugli sono divampati tra studenti palestinesi ed ebrei e oggi in
Galilea verrà osservato un giorno di sciopero generale. Un clima che ha
indotto il primo ministro Netanyahu a cancellare l'incontro previsto oggi
alla Casa Bianca con il presidente americano Barack Obama e a far ritorno
subito in Israele.
Tutto si è consumato nell'oscurità, in acque internazionali a oltre 70
miglia dalla costa israeliana. L'assalto alle sei navi pacifiste – un atto
di pirateria secondo le leggi e le convenzioni internazionali – era stato di
fatto annunciato domenica, quando i comandi politico-militari dello Stato
ebraico avevano dichiarato «zona di massima sicurezza» un tratto di mare
fino ad una settantina di chilometri dalla costa.
Il bagno di sangue è avvenuto solo sul traghetto turco «Marmara» che
trasportava la maggior parte dei partecipanti alla flottiglia. Dopo l'avvertimento
lanciato affinché le navi pacifiste invertissero la rotta, gli uomini delle
unità speciali israeliane sono saliti a bordo da piccole imbarcazioni ed
elicotteri e, in circostanze ancora da chiarire, hanno aperto il fuoco.
Nessuna conseguenza per i cinque italiani che si trovavano a bordo delle
navi, fra i quali la giornalista torinese Angela Lano.
Cinque delle sei navi sequestrate dagli israeliani sono state costrette a
dirigersi verso Ashdod dove la «Marmara» è giunta nel tardo pomeriggio. Non
sono ancora stati resi noti i nomi dei morti né dei feriti. Non si hanno
inoltre notizie sulla sorte degli attivisti arrestati.
Il governo Netanyahu ha parlato di «agguato» teso allo Stato di Israele da
organizzazioni islamiche turche alleate di Hamas a Gaza. E un noto analista
e docente universitario, Moderchai Kedar, è perfino riuscito a descrivere la
strage come uno scontro tra l'islam radicale e l'Occidente liberale. Per il
ministro della difesa Ehud Barak a Gaza «non c'è una crisi umanitaria e
nessuno muore di fame» e il blocco di quel territorio palestinese «ha il
solo fine di impedire l'afflusso di armi e di terroristi».
Una versione israeliana dell'accaduto è stata offerta sul sito del
quotidiano Yediot Ahronot dal giornalista Roni Ben Yishai che sostiene di
aver seguito di persona l'azione dell'unità speciale denominata «Flotilla
13». Nel resoconto di Ben Yishai i commando israeliani appaiono come dei
bravi ragazzi dalle buone maniere che si sono calati dagli elicotteri sul
ponte della «Marmara» senza alcun desiderio di violenza. Quest'ultimi però
li avrebbero attaccati con bastoni e lunghi coltelli e pure malmenati, tanto
da rischiare il «linciaggio». A «costringere» i militari a sparare, ha
spiegato il giornalista, sarebbero stati i colpi d'arma da fuoco esplosi da
un attivista, presumibilmente turco, che hanno ferito gravemente uno dei
commando e il
tentativo di altri passeggeri di strappare l'arma ad un altro soldato.
Questa versione dell'accaduto viene però categoricamente smentita dagli
organizzatori della «Freedom Flotilla».
Da Gaza i dirigenti di Hamas hanno parlato di «crimine» commesso da Israele
e invocato una nuova Intifada. Una dura condanna della strage in mare è
giunta anche dal presidente dell'Anp Abu Mazen. Il segretario generale dell'Onu,
Ban Ki-moon, si è detto «scioccato» per l'attacco di Israele e così anche l'alto
commissario dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay. La Lega araba ha
convocato una riunione urgente dei suoi ministri degli esteri mentre l'imam
sciita Moqtada al-Sadr ha subito indetto a Baghdad una manifestazione
popolare contro Israele. L'Unione europea ha chiesto allo stato ebraico di
aprire un'inchiesta e la fine dell'embargo di Gaza. La Casa Bianca non è
andata oltre «un profondo rincrescimento» per la perdite di vit
e umane a bordo della flottiglia.