di Giusi Caradonna (Presidente del Consiglio di chiesa della chiesa valdese di Trapani e Marsala) da: http://www.chiesavaldesetrapani.com/, 31 luglio 2010
Leggo l’appello per la fedeltà alla nostra confessione di fede e rimango senza parole, affascinata dall’atmosfera medievale che evoca nel linguaggio, nelle citazioni e nelle argomentazioni. Durante la lettura molteplici dubbi mi interrogano in quanto credente e in quanto cittadina italiana.
Da credente mi chiedo: la Chiesa invocata nel documento, una Chiesa che dell’umiliazione fa una prassi quotidiana, una Chiesa di peccatori che si prostrano ai piedi del Signore chiedendo perdono per la loro pochezza, è quella che desidero e alla quale partecipo in quanto ecclesia, assemblea di persone?
Non c’era già una Chiesa così, peraltro ben più potente, organizzata e ricca?
Da credente non intendo partecipare alla vita di una comunità arroccata sulle proprie tradizioni, che giudica e condanna sventolando ossessivamente (o possessivamente?) il libro sacro per aria, che mi riporta la citazione del Levitico sull’impurità della donna durante il suo ciclo mestruale.
Io non credo in una chiesa che si firma con la “c” maiuscola, piuttosto credo in una comunità di credenti che condividono e si fanno portatori di un messaggio di speranza e di accoglienza.
Credo in una comunità tanto matura da riuscire a superare le proprie “buone dottrine” in vista di un fine rivolto al bene collettivo, un fine universale, perché comune a tutte le persone, un fine che guardi alla piena realizzazione dei principi di accoglienza e rispetto.
Credo in una comunità di donne e uomini uniti nella fede che, partendo dal proprio credo, parli alla comunità umana tutta, sempre sostenendo un principio imprescindibile, quello della laicità, unica garanzia per la convivenza pacifica e la completa realizzazione di tutte le diversità che arricchiscono la comunità umana.
Da cittadina, convinta sostenitrice della laicità dello Stato, della necessità della difesa del diritto di espressione della persona e dell’indispensabile riconoscimento delle diversità, le motivazioni bibliche a difesa della “tradizione” eterosessuale mi fanno inorridire e sorridere insieme, tanto mi sembrano grottesche.
Se questa è la Chiesa che i valdesi vogliono, io stessa auspico che il Sinodo prenda provvedimenti precisi, inequivocabili e senza ipocrite velature contro tutti coloro che, pur commettendo sicuramente degli errori, cercano di essere degni latori del messaggio liberante del vangelo, un messaggio che finora ho inteso rivolto a comunicare la gioia di essere creature di Dio e non l’umiliazione di essere soltanto donne e uomini imperfetti e fallaci.
La gioia della comprensione reciproca e del reciproco riconoscimento del diritto alla felicità di essere se stessi, se stesse, splendide imperfette creature del Signore.