Perché è gravissimo quanto accade alla Fiat? perché è il segno di una regressione d’epoca nel rapporto tra democrazia e Capitale: fine e frantumazione del diritto del lavoro. Fine dell’autonoma rappresentanza sindacale, con espulsione della principale organizzazione sindacale dei metalmeccanici dalla fabbrica. Fine del contratto nazionale del lavoro, con accordi decentrati in deroga da leggi generali e accordi interconfederali. Una catastrofe, motivata da ricatto: o così o niente lavoro. Che conferma alcune delle prognosi maxiane da incubo: intensificazione dello sfruttamento per il tramite dell’intensità dei tempi di lavoro a ciclo continuo.
Con sussunzione della forza lavoro sotto le macchine e creazione di un immenso esercito di riserva esterno, che fa calare il prezzo della forza lavoro. Altro che Marchionne nuovo italiano, decisore anticonformista, come vanno straparlando i Romano e i Battista sul Corsera. Lui è nient’altro che il proprietario manager cointeressato al profitto d’azienda, per nulla diverso, quanto a metodi e indole, dai Valletta e dai Costa. Incarnazione di una violenza padronale classica, che camuffa il suo agire come necessità impersonale. E che in coro col solito esercito di trombettieri paludati, proclama la fine dell’evo ideologico(quando la merce umana forza lavoro poteva difendere un po’ di dignità). Si dirà: esagerato! Oppure: è la globalizzazione, punto. Ma è umano un contratto con 80 ore di straordinario obbligatorio più altre 120 da negoziare coi sindacati che ci stanno, e in occasione delle quali non si può scioperare? Umane tre pause di 10 minuti e umani turni (anche notturni) di dieci ore più una? Umana una busta paga di 1000 e duecento se va bene, mentre Marchionne e Montezemolo insieme guadagnano 10milioni di Euro, quanto il salario di 1000 operai? Ci dicono: le classi non ci sono più. Giusto: siamo alle caste. Alla lotta di caste, con gli operai invisibili e spregevoli. Eccola oggi la globalizzazione. Arcaica e senza diritti.
(Bruno Gravagnuolo, L’Unità, 5 gennaio)