La vicepresidente di deputati PD ha inviato a L’Unità questo documentato e coraggioso scritto:
“I voti a favore sono stati 479,19 quelli contrari. Un deputato si è astenuto. Il testo ora passa al Senato». Lo scarno comunicato dell'agenzia di martedì sera non ha trovato spazio sui giornali di ieri né sui tg. Sono finiti i tempi in cui ogni voto sulle missione internazionali sollevava polemiche. Ora l'approvazione della Camera del decreto che proroga per altri sei mesi la partecipazione dell'Italia a missioni all'estero, tra cui quella in Afghanistan, passa nel silenzio.
Ma io voglio rompere questo silenzio oggi. Io che partecipo a ogni momento di dolore perle nostre vittime, siamo a 36 in Afghanistan, voglio scrivere oggi per esigere una riflessione di tutto il nostro partito, il Pd, sull'impegno italiano in quel Paese. E con questo non voglio riproporre il tema dell'andare via o del dichiarare se si è "a favore o contro la guerra" perché io sono contro la guerra e non dimentico che l'Italia è in Afghanistan grazie ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha legittimato Isaf. La missione Isaf è nata per stabilizzare il Paese, impedire ai talebani ed ai loro alleati jihadisti di tornare al potere e creare le condizioni possibili per sostenere un governo democratico (anche se il governo Karzai non ha brillato). Dal punto di vista operativo, a seguito dei continui attacchi, la distinzione tra missione di pace e guerra è sempre più fragile. Ma la guerra c'è, noi ci siamo dentro, cerchiamo di mantenere pacifiche le zone assegnate, ma le infiltrazioni avversarie sono pesanti. E lo strumento militare è diventato di fatto l'unico strumento di intervento.
Ho sulla scrivania una lettera di una organizzazione umanitaria che lancia l'allarme sullo svuotamento della cooperazione civile rispetto alla costante crescita degli stanziamenti per gli interventi militari. E infatti il contingente italiano viene dotato di circa otto milioni di euro per «sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale», mentre gli interventi di cooperazione civile sono tagliati e ridotti al minimo. All'inizio la popolazione locale ci ha accolto come liberatori da un regime oscurantista ed oppressivo e che ora comincia a tollerarci sempre meno, specialmente dopo il disinvolto ricorso a bombardamenti aerei, che lasciano dietro di sé migliaia di vittime tra i civili. Dobbiamo avere la forza di chiederci quale sia la ricetta migliore, la soluzione più utile, meno traumatica e soprattutto proficua per l'Afghanistan e gli afgani, non per l'Occidente. Perché non abbiamo avuto la forza come Italia, e come Unione Europea, di cercare una soluzione che coinvolgesse realmente i paesi limitrofi? Perché non si può dire che andare via dal 'Paese vuol dire per tutti andare via, America inclusa? Temi scomodi, forse per questo mai approfonditi realmente. Chiedo al mio partito una riflessione. Prima del prossimo voto, prima della prossima vittima”.
(Rosa Villecco Calipari, L’Unità, 27-01-2011)