venerdì 18 febbraio 2011

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA

                            Me ne importa: no all’indifferenza

 Matteo 5,38-48

 38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39 Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40 e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42 Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46 Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

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Il brano di oggi fa tutt’uno con quello di domenica scorsa. Ci ripropone la eco fedele di una appassionata ricerca che Gesù conobbe nei vari gruppi di ebrei del suo tempo.  Qui non si tratta di una polemica tra ebrei e cristiani perché la “comunità” di Matteo si considera parte della religione ebraica. Dunque,  questo linguaggio non presenta alcuna contrapposizione, ma evidenzia lo sforzo della continua ricerca della volontà  di Dio dentro il trascorrere del tempo. Per ascoltare ciò che Dio ha da dirci nel nostro oggi, occorre nello stesso tempo essere ancorati nel passato e superarlo continuamente.

 

COME I PROFETI

Già i profeti di Israele parecchi secoli prima di Gesù avevano denunciato con fermezza l’abuso delle Scritture da parte delle istituzioni ufficiali  e delle singole persone. Ma qui si tratta d’altro:anziché limitarsi a ripetere con il rischio di cadere nel formalismo, è necessario prendere sul serio il presente in cui viviamo e dare sviluppo e seguito alla Scrittura che “fu detta”.  Sempre in Israele si era prospettata questa possibilità di “ampliare, dilatare ed approfondire la Scrittura”.

Alberto Mello nel suo commento al Vangelo di Matteo scrive:” Ma io vi dico”: il dire di Gesù non è in antitesi con il “fu detto” della Scrittura, ma con una reale e possibile “audizione” ancora limitata ed insufficiente della medesima. Di quanto è stato detto Gesù non dissolve nulla; dimostra al contrario che può voler dire molto di più di  quanto noi non ne abbiamo compreso fino ad ora”. La Scrittura non è un monumento di pietra, ma un albero di parole che rifioriscono ad ogni oggi.

 

APPASSIONARSI

Gesù crebbe alla sinagoga del suo villaggio e nella sua famiglia, successivamente alla scuola del Battista, alimentando come un fuoco la passione per l’ascolto delle Scritture. Se c’è una piaga che affligge oggi la nostra chiesa è nel fatto che attorno alla Scrittura c’è tanta sonnolenza, tanto disinteresse, tanta superficialità. Quanti sono i preti e gli animatori che davvero vivono un corpo a corpo appassionato con la Scrittura? Quanti dedicano tempo e cuore  per studiare e tenersi aggiornati sugli strumenti che le scienze bibliche ci mettono a disposizione oggi con tanta abbondanza? Cimentarsi con la Scrittura è sempre un po’ una lotta come quella tra Giacobbe e l’angelo di Iahvè. Da un parte questa lotta apre ad un’alba nuova, ma se ne esce sempre con alcune ossa rotte: “ Il sole stava sorgendo quando Giacobbe, zoppicando all’anca, lasciò Penuel” ( Genesi 32,32).

E’ più comodo ascoltare i premasticati e preconfezionati discorsi dei sacri palazzi e dei teologi di corte, fatti su misura per pecore obbedienti e belanti. La Parola di Dio è, invece, un contatto bruciante che non ci mette  sul piatto le risposte pronte all’uso, ma ci sollecita e ci “costringe” a cercarle.

 

ALCUNE PROVOCAZIONI

Questi versetti, con immagini vivide e suggestive, ci propongono provocatoriamente uno stile di vita sovversivo, impostato sulla gratuità, sul rifiuto del tornaconto. Noi, se qualcuno ci sollecita a fare con lui un chilometro, a mala pena arriviamo ai cinquecento metri e ci domandiamo se ne valga la pena e se il nostro viandante davvero meriti tanto sforzo…. Il messaggio di Gesù entra proprio nel nostro quotidiano e ci obbliga ad una verifica impietosa. La gratuità di Dio “che fa sorgere il  Suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere per quelli che fanno il bene e per quelli che agiscono male” è per noi una sfida che ci mette al tappeto. Eppure questa è la proposta più trasformatrice per la nostra società, per le nostre comunità e per le nostre vite personali.

Non è vero che le cose non possano cambiare nella società e nella chiesa. Gesù, senza volerci distribuire delle ricette, ci propone una strada che è percorribile a livello personale e collettivo. Si tratta di smetterla di tagliare il mondo a fette, in buoni e cattivi, in italiani e stranieri, in meritevoli di aiuto oppure gente da abbandonare. Se sapessimo imparare da Dio, che include tutti e tutte nel Suo amore, cominceremmo a guardare al mondo con altri occhi e molto cambierebbe nelle nostre vite.

 

BANDIRE L’INDIFFERENZA

Forse questa lunga pagina evangelica ha un centro: non possiamo permetterci di essere estranei gli uni alle altre. La vita è un intreccio complicato oltre che complesso. L’indifferenza e l’estraneità costituiscono lo spegnimento della solidarietà. Non posso vivere girando sempre la testa dall’altra parte per fasciarmi dentro le mie sicurezze precarie e vacillanti.

“L’indifferenza opera potentemente nella storia …..Il male che si abbatte su tutti non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti….La massa lascia fare….Poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva….” ( Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917).

Il Dio di cui ci dà testimonianza Gesù ci ha collocati a vivere nell’intreccio della creazione, spazio della nostra responsabilità.

Se vivessimo la nostra responsabilità, l’ambiente non sarebbe una pattumiera, le relazioni  sarebbero meno violente e la chiesa tornerebbe ad essere una assemblea pensante e palpitante anziché un asilo infantile.

 

TI PREGO

O Dio, non lasciarmi accomodare nelle prigioni dell’io. Sono sicuro che, qualora non cercassi più i miei fratelli e le mie sorelle, non cercherei nemmeno più il Tuo volto. Insegnami a uscire dalla logica del mercato e del tornaconto per percorrere nella mia vita quotidiana il sentiero della gratuità.