martedì 15 febbraio 2011

SOLO PECCATI, NIENTE REATI!

Solo peccati, niente reati


 

Non è stata una confessione, quella si esercita nella riservatezza del confessionale e va rivolta ad un ministro di Dio, meglio se “gallonato”, in abiti sgargianti, auto blu e segretario al seguito, perché molto più propenso al perdono, specie per i potenti.

Nell’ammettere di “peccare”  il presidente del consiglio ha voluto rinunciare alla sua stessa immagine di perfezione e alle apparenze delle pubbliche laudazioni, entrando nel modestissimo pianeta dei peccatori, perché a quella ammissione ha aggiunto “…come tutti”, secondo il teorema che fu già  craxiano “tutti peccatori, nessun peccatore”; ma non si tratta di un gesto di umiltà, né di un revisionismo sulle abitudini al vizio e alla lussuria, si tratta di un giuoco di parole per “mandare la palla in angolo”, cioè trasferire le accuse dai tribunali che vedono reati,  ai confessionali che assolvono i peccati.

Quindi si tratta di peccati, escludendo perentoriamente trattarsi di reati; per questo vengono aggrediti verbalmente i pm che indagano, in attesa che possano essere sostituiti  da compiacenti  monsignori molto disponibili a contestualizzare le più nefande porcherie del cavaliere.

I peccati prevedono il pentimento, mentre i reati impongono l’espiazione… ed è qui che casca l’asino;  per quanto riguarda il pentimento non c’è problema: un uomo che giura la propria innocenza, malgrado prove  evidenti e riscontri, sulla testa dei figli e dei nipoti, può benissimo inalberare pentimenti, anche accompagnati da un assegno liberatorio; purchè non si parli di  espiazione,  che prevede un processo, interrogatori, prove, e, infine, una sentenza con pene accessorie che disarcionano il cavaliere dalle sue  aspirazioni presidenziali.

Per ottenere il perdono dai peccati, da chi ha l’autorità per farlo, il presidente del consiglio è pronto anche ad accettare il gioco inverso, cioè il riconoscimento come reato di taluni peccati, a condizione che i suoi reati rimangano nell’alveo peccaminoso: per essere più precisi mi riferisco alle coppie di fatto, ritenute da questo vaticano in stato di peccato, ma con la pretesa che il governo lo punisca come reato, menomando loro i diritti che appartengono a tutti i coniugati con rito concordatario.

Così peccato e reato si alternano nei ruoli a seconda della convenienza immediata.

E’ già accaduto quando l’allora cardinale Rtzinger inviò ai vescovi americani la famigerata lettera “crimen sollicitationis” nella quale imponeva un omertoso silenzio sui fatti di pedofilia, auspicando di risolverli nel chiuso delle sacrestie. Un tribunale texano inquisì Ratzinger per  “ostacolo alla giustizia”, ritenendo che la Chiesa abbia preferito gestire tali situazioni senza coinvolgere le autorità civili e restando esclusivamente nell'ambito del diritto canonico;  la Corte distrettuale di Harris County (Texas) ha indagato e nel gennaio 2005 imputato per "ostruzione alla giustizia" Joseph Ratzinger, per sospetta copertura dei casi di abusi da parte di preti negli Stati Uniti. Tale imputazione è tutt'ora in vigore, ma Ratzinger non può essere processato poiché è stata accolta dal presidente Bush la sua formale richiesta di immunità in quanto "Capo di Stato in carica". (v. http://it.wikipedia.org/wiki/Crimen_sollicitationis)

Si tratta “solo” di una delle tante analogie che coinvolgono i due “capi di Stato e di governo”.

 

Rosario Amico Roxas