Operiamo da decenni con impegno e amore per "recuperare vite" e abbiamo dato una mano a centinaia di persone. Da mesi non percepiamo stipendi. Si parla di cassa integrazione, di chiudere un centro che è un fiore all'occhiello di Saman e dell'alto Ionio calabrese. A chi importa delle nostre vite e di quelli che a noi sono affidati?
Tanti anni fa, all'inizio degli anni 90, la Saman di Rostagno ottenne dallo Stato italiano l'uso dei beni confiscati alla mafia a Siderno, in Calabria: la comunità terapeutica di Laccata, da allora, ha aiutato centinaia di persone ad uscire, come piace dire ai benpensanti, dal tunnel della droga. Vent'anni dopo la Comunità chiude perché la regione Calabria non paga le rette da fame (45 euro al giorno per vitto, alloggio e cura di pazienti gravi) da due anni e più e perché tutta Saman si trova oggi sull'orlo della bancarotta per il blocco dei pagamenti cui è sottoposta in tutta Italia. La sua colpa? Non ha pagato l'Inps ai dipendenti cui non può neppure pagare lo stipendio per i ritardi (di anni) con cui vengono pagate le rette. In Calabria e in altre regioni. Gli utenti verranno trasferiti interrompendo il programma in cui si stavano impegnando. Gli operatori che hanno lavorato a lungo senza essere pagati ma mantenendo gli standard alti di dedizione e di professionalità andranno in cassa integrazione e nessuno pagherà per questo. Né in regione né al ministero. Luoghi dove tutti parlano ma nessuno fa niente.
Luigi Cancrini