La solidarietà umana e cristiana non fa differenza: essa va vissuta con chi è vicino e con chi è lontano. Ma c’è una differenza reale che spesso troppo facilmente ci inclina a privilegiare quelli lontani: essi infatti non bussano alla porta della nostra casa, non esigono tempo, attenzione e disponibilità quotidiana. Se non si sceglie di inserirsi stabilmente nella loro quotidianità, il povero lontano dà probabilmente spazio ad una relazione meno impegnativa. Tuttavia è questa dimensione del “povero lontano” che ci fornisce una conoscenza ed una esperienza del mondo più “larga” e più reale. Senza questa dimensione si rischia di essere risucchiati in una visione ed in una pratica troppo angusta. Sovente i “poveri lontani” ci regalano esperienza da cui imparare.
Oggi le nostre città sono piene e straripanti di “poveri vicini” e forse questa dimensione va sempre ricordata come esigenza di solidarietà spicciola: poveri di fiducia, di prospettive, di amicizia, spesso “distrutti” dalle battaglie della vita, quando non disoccupati, precari, depressi…
Se tagliano i servizi sul territorio, qui siamo davvero “prossimi alla miseria”.