lunedì 26 settembre 2011

USA: FESTA PER I GAY IN DIVISA

 Allo scoccare della mezzanotte, come in una favola d’altri tempi, il tenente della Marina Usa Gary Ross ha pronunciato il suo fatidico sì, coronando 11 anni di fidanzamento. Allo scoccare della mezzanotte, insieme alla legge del «Don’t Ask, Don’t Tell» - non chiedere, non dire - è svanito l’incantesimo che vietava quelle nozze: da ieri gay e lesbiche in divisa non hanno più l’obbligo di tacere sulla propria identità sessuale, nessuno potrà più metterli alla porta per aver detto che amano persone del loro stesso sesso. Allo scoccare della mezzanotte di lunedì un giovane attivista per i diritti dei gay in divisa ha archiviato il suo pseudonimo, quello con il quale ha costruito «Outserve», un gruppo che ha unito segretamente sul web 4000 omosessuali, transgender e bisessuali con le stellette. J.D. Smith è evaporato, lasciandosi dietro il tenente Josh Seefried, un venticinquenne che ha collaborato con il Pentagono ad uno studio preparatorio per l’abrogazione della legge ma che ha dovuto farlo proteggendo la sua vera identità, pena l’espulsione dalle Forze Armate, una sorte toccata a 13.000 uomini e donne durante i 18 anni in cui la legge è stata in vigore.

Una giornata di festa quella di ieri, malgrado i mugugni di chi era contrario, di chi ha evocato i danni allo spirito di corpo che il coming out militare potrebbe provocare. Alla Commissione Forze armate della Camera dei rappresentanti, due repubblicani di spicco hanno chiesto un rinvio dell’ultima ora, spiegando che i comandi militari non erano ancora pronti.

Il Pentagono ha comunque deciso di andare avanti. Non si prevedono in realtà grandi numeri, opinione condivisa anche dai gruppi di attivisti gay. «Il punto chiave è che non ha più importanza», dicono al

Pentagono, dove si aspettano che tutto vada avanti come sempre, anche se su Twitter qualcuno scherza su nuove divise con boa di piume e scarpe di strass.

In realtà non sarà tutto come prima. Perché la pagina che si chiude è stato un capitolo doloroso per molte persone. Obama, che ha cancellato la legge introdotta da Clinton - nel ‘93 un passo avanti rispetto al divieto assoluto per i gay di arruolarsi - ne ha fatto una bandiera della prossima campagna elettorale, collezionando in

un video quattro storie di chi si è dovuto nascondere. Storie come quella del capitano di Marina Joan Darrah: l’11 settembre 2001, quando un aereo piombava sul Pentagono e lei si è salvata per un soffio, in un istante ha capito che se fosse morta nessuno si sarebbe dato la pena di avvertire la sua compagna. È stato allora che ha sentito tutto il peso del «Don’t ask, don’t tell». «Non c’è giorno in cui non ci pensi, quando vivi sotto questa politica - ha raccontato al New York Time Josh Seefried -. Ti consuma i pensieri, consuma il tuo futuro, per la paura di essere

scoperto. Non ho mai pensato che avrei visto la fine del “Don’t ask,don’t tell” nel corso della mia carriera militare».