martedì 8 novembre 2011

DIALOGANDO CON MIRIAM DELLA CROCE


Cara Signora Miriam,
è successo davvero ciò che è sotto i nostri occhi e tanto altro ancora. Non è successo a caso.
Ma è probabile che il Signore non c'entri. E' meglio che noi uomini e donne cominciamo a prenderci fino in fondo le nostre responsabilità. I due primi capitoli della Genesi si possono leggere in modo ben diverso e responsabilizzante.
Quasi 50 anni fa, in un prezioso volume che poi fu tradotto in lingua italiana dall'Editrice Paideia nel 1983 (Teologia dell'Antico Testamento), il notissimo biblista Claus Westermann scriveva: "Usando i due verbi "coltivare e custodire" il narratore intende riferirsi innanzitutto al lavoro dei contadini palestinesi, ma sotto questi due aspetti rientra anche ogni lavoro dell'uomo. Questo incarico presuppone che all'uomo sia affidato il giardino, e quindi la terra, perchè ne tragga il raccolto e al tempo stesso custodisca e protegga la terra, il paese, il campo... Si ha uno sfruttamento che non si può certo richiamare al compito dato da Dio, quando dalla terra si traggono raccolti senza proteggerla e custodirla... Null'altro che questo intende lo scritto sacerdotale, quando dice che l'uomo è investito del dominio sulle altre creature e quindi anche del dominio sulla terra: "sottomettetela". In questo caso "dominare" non significa esercitare arbitrariamente il potere (questo sarebbe un grave malinteso del mandato divino), ma richiama la forma antica di "dominio regale". Il re era pienamente responsabile del bene del popolo a lui affidato e, se non era in grado di attuare il bene di coloro che gli erano stati affidati, falliva nel suo compito di re. Lo sfruttamento senza scrupoli delle energie della nostra terra che, nel discorso odierno sul dominium terrae si vuol fare derivare dal "mandato" di cui si parla nella pagina della creazione, non ha dunque alcun fondamento nel testo biblico. Ogni forma di sfruttamento della terra è disprezzo dell'incarico di Dio" (pag. 132).
Così la teologa cattolica Ellen Von Wolde, nel suo "Racconti dell'inizio" (Queriniana, Brescia 1999) scrive: "Il racconto può suggerirci un ideale che ci sollecita ad aver cura e premura della terra e a salvaguardarla... Nel corso della storia, però, questa visione ha rivelato anche i suoi lati d'ombra: l'idea dell'essere umano come il vertice della creazione è stata il pretesto per vederlo come sovrano del mondo e misura di tutte le cose... In tal modo, l'idea dell'essere umano come signore o sovrano della creazione ha portato ad affrontare la stessa creazione come qualcosa che è stata fatta per soddisfare i bisogni umani" (pag.34), anche quelli disumani. Quando la terra e tutto il creato entrano nell'ingranaggio del mercato, la cura viene accantonata e reggono solo lo sfruttamento e gli affari.
Oggi le ecoteologie non sono purtroppo ancora entrate nel tessuto vivo delle nostre comunità e delle nostre società. E i frutti catastrofici si vedono. Credo che lo stesso sistema capitalistico sia incompatibile con l'esigenza di prenderci cura del creato. La nostra è, dunque, una lotta di conversione personale e di svolta culturale e politica, come molte teologhe femministe ribadiscono da decenni.
Grazie della Sua gradita ed arguta provocazione.
    don Franco Barbero