martedì 28 agosto 2012

Il buonismo e il minimo storico dell'impegno istituzionale


Il dato culturale che balza agli occhi è la rinuncia sempre più evidente da parte dello stato al suo ruolo di garante dei diritti di cittadinanza attraverso la gestione di servizi pubblici di qualità.Nella marcia indietro sul welfare universalistico lo stato si è ritirato, in nome del libero mercato e della competitività, non solo dagli interventi sull’economia ma anche dalla regolazione dei bisogni sociali. L'impegno istituzionale nei confronti dei servizi pubblici ha ormai raggiunto il minimo storico. Essi vengono considerati unicamente per il loro costo economico con la conseguenza di ricorrere sempre più spesso all'appalto delle attività, nella logica perversa delle "offerte al ribasso". I servizi vengono appaltati e i privati "concorrono" per aggiudicarseli facendo inevitabilmente prevalere le logiche dell'impresa su quelle del sistema. In questa ottica la disabilità diventa un business e la persona disabile un bene da contendersi all'interno del mercato. Costretto alla concorrenza (spesso più formale che sostanziale) per la scarsità e l'incertezza delle risorse pubbliche, il cosiddetto "terzo settore" si trova spesso nelle condizioni di dover rinunciare alle attività di promozione professionale dei propri operatori, creando condizioni di disimpegno e di demotivazione se non di vero e proprio sfruttamento. Si determinano situazioni nelle quali la ricerca di spazi di lavoro e l'adeguamento alle richieste di risparmio economico inducono il mondo del "sociale" a predisporre risposte di tipo assistenziale anche laddove i bisogni dovrebbero essere affrontati in una logica di rete e di mediazione. In altre parole ricompare la propensione ad assistere in luoghi separati appositamente dedicati alle persone disabili, piuttosto che ad educare promuovendo l'integrazione con progetti individualizzati. L'ampia diffusione di forme di “buonismo" verso i disabili, che lasciano ben trasparire quale sia la rappresentazione che le sostiene, associate allo esaltazione della sussidiarietà, promuovono il volontariato a nuovo eroe del momento. I volontari con la loro generosità, più o meno ingenua, sono spinti in prima linea a garantire diritti che il pubblico ha deciso di delegare allo logica del buon cuore. Le famiglie e le persone disabili, prive di operatori professionalmente qualificati per accompagnare e mediare lungo il percorso di integrazione sociale, rischiano di trovarsi in un deserto di solitudine. La conseguenza è quella di affidarsi a qualunque proposta si presenti come rassicurante oppure quello di dover sostenere una estenuante lotta quotidiana per il riconoscimento dei diritti.
Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull'integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011
(Appunti 198 - www.grusol.it)