Il dato
culturale che balza agli occhi è la rinuncia sempre più evidente da parte dello
stato al suo ruolo di garante dei diritti di cittadinanza attraverso la
gestione di servizi pubblici di qualità.Nella marcia indietro sul welfare
universalistico lo stato si è ritirato, in nome del libero mercato e della
competitività, non solo dagli interventi sull’economia ma anche dalla
regolazione dei bisogni sociali. L'impegno istituzionale nei confronti dei
servizi pubblici ha ormai raggiunto il minimo storico. Essi vengono considerati
unicamente per il loro costo economico con la conseguenza di ricorrere sempre
più spesso all'appalto delle attività, nella logica perversa delle
"offerte al ribasso". I servizi vengono appaltati e i privati
"concorrono" per aggiudicarseli facendo inevitabilmente prevalere le
logiche dell'impresa su quelle del sistema. In questa ottica la disabilità
diventa un business e la persona disabile un bene da contendersi all'interno
del mercato. Costretto alla concorrenza (spesso più formale che sostanziale)
per la scarsità e l'incertezza delle risorse pubbliche, il cosiddetto
"terzo settore" si trova spesso nelle condizioni di dover rinunciare
alle attività di promozione professionale dei propri operatori, creando
condizioni di disimpegno e di demotivazione se non di vero e proprio
sfruttamento. Si determinano situazioni nelle quali la ricerca di spazi di
lavoro e l'adeguamento alle richieste di risparmio economico inducono il mondo
del "sociale" a predisporre risposte di tipo assistenziale anche
laddove i bisogni dovrebbero essere affrontati in una logica di rete e di
mediazione. In altre parole ricompare la propensione ad assistere in luoghi
separati appositamente dedicati alle persone disabili, piuttosto che ad educare
promuovendo l'integrazione con progetti individualizzati. L'ampia diffusione di
forme di “buonismo" verso i disabili, che lasciano ben trasparire quale
sia la rappresentazione che le sostiene, associate allo esaltazione della
sussidiarietà, promuovono il volontariato a nuovo eroe del momento. I volontari
con la loro generosità, più o meno ingenua, sono spinti in prima linea a
garantire diritti che il pubblico ha deciso di delegare allo logica del buon
cuore. Le famiglie e le persone disabili, prive di operatori professionalmente
qualificati per accompagnare e mediare lungo il percorso di integrazione
sociale, rischiano di trovarsi in un deserto di solitudine. La conseguenza è
quella di affidarsi a qualunque proposta si presenti come rassicurante oppure
quello di dover sostenere una estenuante lotta quotidiana per il riconoscimento
dei diritti.
Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull'integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011
(Appunti 198 - www.grusol.it)
Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull'integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011
(Appunti 198 - www.grusol.it)