Ho letto la lettera di un lettore a proposito del pconunciamento della Corte di Strasburgo sulla diagnosi pre impianto vietata dalla legge 40. Non capisco perché anche Lei cada nella retorica supponendo che i contrari lo facciano a nome di Dio. Io non sono un praticante, sono madre di un figlio down e sono contraria sia alla diagnosi pre impianto, sia all’aborto terapeutico che prevede la possibilità di eliminare embrioni o feti con qualche problema.
(Letizia Spanner)
Considero più che legittima e assai importante una posizione come la sua e lei, cara signora, ha assolutamente ragione. Non tutti coloro che sono contrari all’aborto lo sono per motivi religiosi. Io del resto avevo scritto, prudentemente, che ad esserlo sono «molti» di loro e prendo atto con grande rispetto di questa sua precisazione. Quello che vorrei dirle però è che inaccettabile, per me, è solo l’atteggiamento di chi utilizza dei motivi «religiosi» per dire agli altri, che non la pensano come lui, quello che possono o non possono fare. In tema di aborto e di fecondazione assistita, di testamento biologico o di divorzio, quella da cui si dovrebbe partire è l’idea di rispettare le opinioni di tutti perché la coscienza parla dentro ognuno di noi e perché quello di cui c’è bisogno per ascoltarla è il silenzio rispettoso degli altri. Nel caso specifico della coppia che voleva evitare il rischio dell’embrione e poi del figlio malato, la Corte di Strasburgo ha detto semplicemente che sono loro a dover scegliere, non Berlusconi o il cardinal Bagnasco, nel momento in cui pensano al figlio che verrà: nella loro casa, accanto a loro. Tutto qui. Ad essere pericolosa, per loro e per noi tutti, infatti, non è un’opinione diversa ma solo la pretesa di impedire a loro due di scegliere nel modo indicato dalla loro coscienza.
(Luigi Cancrini, L’Unità 1 settembre)