sabato 27 ottobre 2012

LETTERA DELLA COMUNITA' CRISTIANA DI BASE DI PIOSSASCO


Carissime sorelle e fratelli 

sollecitati da quanto emerso nel corso degli ultimi incontri di coordinamento regionale e dalle riflessioni nate e proposte dalle diverse “voci” e sensibilità  presenti nel movimento, come comunità cristiana di base di Piossasco ci siamo più volte soffermati a riflettere su diversi aspetti della nostra vita di fede, di comunità, di movimento. Stiamo cercando di interrogare la nostra fede mettendo in gioco tanto il nostro vissuto comunitario quanto “l’immagine” che abbiamo del movimento nel suo complesso. Non siamo in grado di dare sufficiente organicità alla nostra riflessione, ma ci sembra di condividere alcune preoccupazioni di cui desideriamo mettervi al corrente nella speranza di provocare un dialogo costruttivo. Le riflessioni che seguono rappresentano, possiamo dire, un “pensiero condiviso” da parte della nostra comunità, anch’essa, per fortuna, attraversata da voci e sensibilità diverse, ma che sta tentando lo sforzo di capire su quali “fondamenta” riteniamo necessario costruire e vivere la nostra fede sia di donne e uomini che di comunità.

Per rendere il più chiaro possibile il nostro punto di vista cercheremo di esporre in modo schematico le riflessioni emerse al nostro interno. Il rischio è quello di presentare solo spunti di riflessione, poco “profondi”, ma desideriamo proseguire a più voci il lavoro di riflessione. Ci prendiamo l’impegno di approfondire i temi che vi proponiamo.
a)      Non ci interessa stabilire se il movimento delle comunità di base sia vivo, già morto o in procinto di esserlo. Ci sembra più importante cogliere quanto sembra emerge “de facto”:
·       Il numero delle comunità si è ridotto di molto e spesso è rappresentato da piccoli gruppi di donne e uomini che fanno fatica ad andare avanti e che vivono la loro esperienza in modo “chiuso”. In tante regioni non ci sono più comunità e se si fa eccezione del Piemonte, la realtà più viva a livello nazionale, dove si contano circa 8/10 comunità e gruppi, sembra presente, per quanto ne sappiamo, la seguente situazione:
Lombardia – 3 comunità (Milano, Voghera, Busto Arsizio);
Liguria – 1 comunità (Genova);
Veneto – 2 comunità (entrambe a Verona);
Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia – 2 comunità (Trento e Gorizia);
Emilia Romagna - 2 comunità (Bologna e Modena);
Toscana – 5 comunità (2 a Livorno e 3 a Firenze);
Marche – 1 comunità (Ancona);
Lazio – 3 comunità (2 a Roma e 1 a Formia, più il Gruppo di Controinformazione di Roma);
Campania – 2 comunità (entrambe a Napoli);
Sardegna – 2 comunità (Olbia e Alghero).
Il sud sembra essere il grande assente….
Gli ultimi incontri nazionali ci sembra che testimonino più un diffuso coinvolgimento politico e sociale delle comunità sul territorio ed una maggiore difficoltà nell’ambito delle relazioni, con carattere di continuità, con altre realtà della chiesa di base. Il privilegiare il sociale-politico sembra vada a scapito della ricerca e testimonianza più specificatamente di fede. Ci sembra che emerga una “idea confusa” di quale debba essere il ruolo della comunità e del movimento…;
Il movimento “non si sente” pubblicamente. Un clamoroso esempio è rappresentato dal 50° anniversario dall’inizio del Concilio. Un evento che in qualche modo ci ha visti nascere e sulle cui spinte e speranze abbiamo costruito la nostra esperienza. Ci sono iniziative in corso…. ma quale riflessione emerge dal movimento?
·       Sembra che non ci accorgiamo, come movimento, del “fermento spirituale” in qualche modo presente all’interno della chiesa, vicino e fuori di essa. Sembra che facciamo fatica a capire  quali “ponti” è possibile costruire tra la nostra esperienza e queste realtà;
·       Ricerca, studio, approfondimento sembra siano in una fase di “stanca”. A che punto siamo nello studio teologico ed esegetico? 
·       Si può parlare di una “confusione presente” circa la questione di quali siano i “fondamenti” (Bibbia, preghiera, liturgia…) della nostra fede?
b)   Alcuni ritengono che le comunità muoiono appena viene a mancare la figura (il prete…) fondatrice o di riferimento e che tale evidenza determini la necessità di porre il problema del come essere comunità senza “figure ministeriali” specifiche, che proprio a causa della loro presenza impediscono la crescita delle singole persone e quindi della comunità.
Riteniamo che questo sia un problema centrale per la nostra fede e per il futuro del movimento e proprio perché lo riteniamo tale è fondamentale capire bene qual è il senso ed il significato che gli riconosciamo, pena il rischio di impostare la nostra riflessione a partire da termini fuorvianti e che impediscono di affrontare adeguatamente un tema di vitale rilevanza.
La nostra esperienza è cresciuta e si è sviluppata grazie a temi quali la “riappropriazione” della Parola di Dio, la libertà della ricerca teologica e di fede, il rivendicare spazi di autonomia e libertà per donne e uomini, dentro e fuori della chiesa. Non pensiamo di dover metter in discussione nulla di tutto questo. Anzi mai come adesso bisogna continuare a rivendicarne il valore e la necessità. Ci pare però che si affermi con insistenza un’altra evidenza che sembra costituire il rovescio della medaglia. Il problema non è, ovviamente, “prete si, prete no”, ma riconoscere che le realtà che muoiono sono quelle che non hanno posto al centro della propria esperienza il tema della vitale necessità per le nostre comunità di “buoni pastori”, della responsabilità della comunità del loro riconoscimento e crescita. Il problema è che le comunità, e quindi il movimento, non crescono se non ci sono donne e uomini, scelte dalle comunità, che con profonda responsabilità e grande impegno si adoperano e lavorano ponendosi a servizio della comunità. Prendersi cura della comunità è certamente compito e responsabilità di tutti, ma ci sembra di osservare che una comunità che non si assume la fondamentale responsabilità della scelta delle proprie e dei propri pastori, donne e uomini che scelgono di mettere la propria vita a servizio della comunità, è una comunità che non ha futuro. Forme, modi, scelte concrete sono a carico della ricerca e responsabilità comunitaria, cioè di tutte/i noi.
Cosa desideriamo è porre nel dovuto rilievo il tema della “pastoralità” (se così si può dire…) e della sua centralità per la vita delle nostre comunità.
Anche la nostra piccola comunità fa fatica in questo senso. E’ un tema che in un modo o nell’altro è sempre in discussione e presente. Riconosciamo che molta della stanchezza che dimostriamo deriva dalla carenza di stimoli, di buone provocazioni che non riusciamo a trovate al nostro interno. Sentiamo la responsabilità e la difficoltà di far crescere e stimolare la nostra fede e pensiamo che ci manchino delle figure “pastorali” che ci aiutino nel difficile compito del far crescere e camminare la comunità;

c)   La Bibbia sta al centro. Dopo più di 35 anni di lettura biblica, continuiamo a scoprire l’inesauribile ricchezza del suo contenuto. Essa è per noi fonte viva di speranza, stimolo, proposta. Abbiamo scoperto come dentro vi sia tutto un pensiero ed una umanità che testimonia pienamente dei suoi limiti e fragilità. Un pensiero “situato”, legato mani e piedi al proprio contesto storico e culturale. Il dovere e la necessità di scoprire continuamente quale sia il nocciolo di possibile verità presente, una volta liberatala dai legacci che ci rendono a volte difficile comprenderla, rimane ancora un impegno fondamentale e vitale per tutti noi.
A volte scordiamo con troppa facilità che anche il nostro è un pensiero ed un modo di veder le cose storicamente determinato e contestuale al nostro tempo, che il futuro, per fortuna, metterà in discussione. Il problema è continuare a scoprire come l’umanità presente nella Bibbia, si sia posta il problema del senso del credere in Dio, di come abbia espresso fiducia nella sua presenza ed azione tra le donne e gli uomini, ed in tal modo interrogarci sulla nostra vita, il nostro tempo, il nostro modo di essere credenti oggi.
Credere ed avere fiducia in Dio, così come ci è stato testimoniato da Gesù e dalla sua esperienza storica, sentiamo di doverla porre ancora al centro del nostro lavoro comunitario. Il problema, in fondo, non è tanto definire Gesù in relazione alla sua umanità o divinità, molto più importante ci sembra di dover riconoscere come Gesù abbia sentito profondamente la presenza di Dio nella sua vita e nella storia e come ciò abbia radicalmente trasformato il suo modo di vivere e le sue scelte di vita. Gesù per noi continua a costituire un mistero fecondo e ricco una figura fondamentale ed un riferimento centrale per la nostra fede.
Comprendere il Gesù storico e la ricchezza della ricerca che da tempo viene fatta a tale scopo, è fondamentale per la nostra fede in Dio. Solo un Gesù liberato dalle sovrastrutture teologiche costruite sulla sua figura e ricondotto alla sua piena umanità, potrà permettere una riscoperta della sua carica profetica ed ecumenica. 

d)  La proposta del tema del prossimo incontro nazionale delle comunità di base, sul “divino”, ha sollevato molte perplessità all’interno della nostra comunità che non sente tale tema come proprio, né ne avverte, stante quanto detto sopra, l’utilità per il movimento. E’ nostra intenzione scrivere al Collegamento nazionale ed esprimere le nostre perplessità in merito. La nostra comunità non si sente coinvolta dal tema proposto e cercherà di motivare e condividere le ragioni che sottendono questo stato d’animo.


Come comunità facciamo le seguenti proposte:
1)      percorso di riflessione e studio sul “Gesù storico” e proposta di un seminario regionale su tale tema da farsi nell’autunno del 2013;
2)      i prossimi incontri regionali potrebbero affrontare ogni volta un tema specifico tra quelli di cui sopra.




Le sorelle e i fratelli della comunità
cristiana di base di Piossasco
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