Monti deprime scuola e ricerca, entra a gamba tesa sui lavoratori e gli esodati, i precari e i pensionati, perché, da liberista, è omologo a un’idea di società da cui dev’esser espunto lo stato sociale. Perciò se la prende con Vendola e con le riserve del pensiero di una sinistra che pone a fondamento della propria battaglia politica la giustizia sociale.
(Paolo Fai)
Sostiene Monti (non Pereira) che a fermare la crescita sono state, quest’anno, alcune “frange della sinistra”. A far crescere la povertà, intanto, ci hanno pensato lui ed il suo governo. Con l’errore drammatico compiuto all’inizio dell’anno dalla Fornero (un errore che la ministra riconosce solo oggi: incolpandone, però, l’Inps) con una riforma priva di una adeguata normativa di transizione, capace di lasciare senza stipendio né pensione più di quattrocentomila lavoratori. Con norme ispirate a quello che i satirici hanno ribattezzato “rigor montis” invece che “rigor mortis” e con l’Imu: un provvedimento che le “frange della sinistra” tentarono inutilmente di emendare e per cui l’Italia viene ora bacchettata dall’Europa che ci segnala come esso abbia dato un contributo all’aumento della povertà. Avrebbe dovuto Monti, dice il commissario Laszlo Andor, applicare la tassa sugli immobili in modo progressivo, tenendo conto del reddito: su linee indicate, in Parlamento, da una sinistra che, quando parla di crescita, pensa solo alle banche. Il che vuol dire, in fondo, che Monti ha una parte di ragione. Vero è che la sinistra si oppone alla crescita. A quella, però, delle disuguaglianze sociali e a quella della disoccupazione non protetta (gli esodati) e della povertà.
(Luigi Cancrini, L’Unità 11 gennaio)