Non si era mai pensato che in politica la virtù più esercitata fosse la moderazione. Invece, con l'approssimarsi delle furibonde prossime elezioni, c'è un agitato definirsi, da ogni parte, di moderati: come se un paese allo stremo si sentisse più al sicuro con pensosi, calmi, cauti rappresentanti, fautori di un moderato cambiamento, piuttosto che altri decisi a cambiamenti più radicali per uscire dall'attuale pantano. Poi si sa, le parole hanno un senso relativo e vengono usate anche dissennatamente: tanto che quasi nessun moderato della politica, secondo il dizionario, è "parco, corretto, misurato, alieno da estremismi": c'è infatti il moderato che vorrebbe fucilare la magistratura, il moderato che sopravvive a menzogne, il moderato che vuole rottamare, il moderato che dà della culona a signore di potere, il moderato con condanna definitiva per ogni sorta di reato, il moderato che adora Putin, il moderato smodatamente in televisione, e una folla di moderati che fanno un uso allegro del denaro pubblico, e senza moderazione.
Natalia Aspesi
(Repubblica 21 dicembre)