Infibulazione, escissione. In due parole la storia tragica di moltissime bambine e donne che subiscono l'atrocità delle mutilazioni genitali (Mgf). L'Assemblea Generale dell'Onu ha adottato la Risoluzione di messa al bando universale di queste pratiche, depositata dal Gruppo dei Paesi dell'Africa, il continente più interessato a questa usanza e in seguito sostenuta dai due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite. Il consenso al provvedimento è stato ampio e per la prima volta le Nazioni Unite si pronunciano su un fenomeno che è ritenuto lesivo della dignità e della salute di milioni di donne in tutto il pianeta. Con la delibera l'Onu esorta gli Stati a sanzionare penalmente le mutilazioni genitali femminili, siano esse praticate all'interno di strutture sanitarie o altrove.
In Italia il voto è stato accolto in maniera favorevole soprattutto dai Radicali, impegnati in prima linea nella battaglia, e riuniti nella sede romana del partito per assistere alla votazione al Palazzo di Vetro di New York. «Questa Risoluzione rappresenta una conquista di civiltà per tutti, donne e uomini, e un risultato di cui essere fieri», ha detto Emma Bonino presente a Roma, insieme allo stesso Marco Pannella, impegnato nello sciopero della fame e della sete per la sua battaglia di legalità. Tra i presenti, Khady Koita, presidente dell'associazione La Palabre, senegalese, Elisabetta Zamparutti, deputata radicale, di Nessuno Tocchi Caino, Elisabetta Belloni, Direttore Generale della Cooperazione allo Sviluppo, Sergio D'Elia, segretario di Nessuno Tocchi Caino, gli ambasciatori di Svezia e Nigeria, il presidente dei senato Schifani, Anna Fendi e molti altri dei principali attivisti che hanno partecipato alla campagna durata dieci anni.
Da New York i commenti sono stati altrettanto entusiasti. «E' un messaggio di speranza per milioni di bambine e ragazze», ha detto Der Kogda, il rappresentante del Burkina Faso.
Nello specifico, le mutilazioni genitali femminili sono pratiche tradizionali attive in 28 paesi dell'Africa sub-sahariana e consistono nella rimozione di alcune parti degli organi riproduttivi delle bambine per scopi non di tipo terapeutico. Secondo le ultime statistiche riguarderebbero circa 140 milioni di donne. Le due più diffuse sono appunto l'infibulazione e l'escissione. La prima consiste nella rimozione della clitoride, delle piccole labbra, di una parte delle grandi labbra e nella successiva chiusura del foro vaginale. L'escissione è una pratica più blanda che prevede la mutilazione della clitoride e delle piccole labbra. Oltre al trauma psicologico, le bambine sulle quali vengono praticate queste operazioni, sono spesso vittime di infezioni gravi che possono condurle anche alla morte.
Roberto Arduini
(L'Unità 21 dicembre)