giovedì 25 aprile 2013

L’INVITO DI GESÙ A “SOLLEVARSI”

 

Le parole di Gesù erano rivolte anche ai sovversivi, ai ribelli nascosti nelle grotte della Palestina. "Volete l'insurrezione armata? Io non la voglio. Non la voglio la "sollevazione", ma che voi vi "solleviate", per rialzarvi e aprire gli occhi per vedere la vera realtà e la grande sofferenza che incombe sul vostro paese. Voglio indicarvi dei percorsi alternativi, vie che portano alla pace, anche con quelli che odiate,

(...) Il segno caratteristico dell'"insorgere" proposto da Gesù – cioè rialzarsi in piedi e andare verso la libertà – era la salvezza degli esseri umani.

Le persone scoraggiate e disperate, barricate, bloccate in se stesse, dovevano "sollevarsi" dalla loro stanchezza ed aggrapparsi ad una speranza. Dovevano intravvedere la possibilità della liberazione, della salvezza, ed avere davanti agli occhi una rappresentazione possibile di pace. Dovevano intraprendere una via del tutto nuova.

Gesù non si servì di gesti grandiosi per indicare questa nuova realtà. Indicò invece, instancabilmente i gesti normali della vita quotidiana. Il punto di osservazione del suo lavoro politico – un lavoro in vista della salvezza -  non era l'azione spettacolare ma la quotidianità.

Le persone smarrite, , senza futuro, dovevano trovare una strada. Chi, spossato a stanco, ormai si era arreso, doveva prendere nuove decisioni. Chi era in preda alla paura e all'odio doveva avvicinarsi, libero, a chi temeva oppure odiava. Era una risposta politica, e nello stesso tempo privata, ad una situazione senza via d'uscita ed il segno del supermercato di tante illusioni politiche e militari.

Poiché la forza più potente racchiusa nell'Evangelo è la speranza. Ed anche oggi, per la chiesa, la speranza è il contributo specifico che essa può dare alla mentalità del nostro tempo. Ciò che non dà speranza che vada oltre a quanto si può vedere in questo mondo non può essere "Evangelo".

(Jorg Zink, Cento giorni con Gesù, Claudiana, Torino, 1997, pp. 130-131)