sabato 27 luglio 2013

“PERCHÈ QUELLA RABBIA REPRESSA LE RENDE PIÙ FEROCI DEI MASCHI”

 

«Quello che riscontro ogni giorno è una grande rabbia diffusa tra le ragazze. Una sorta di rancore, di frustrazione, di violenza sorda, che può prendere diverse strade». Paola Manfredonia lavora al Tribunale dei minori di Roma, sezione penale. Giorno dopo giorno, da molti anni, affronta problemi di adolescenti e genitori, storie di ordinario malessere e di conflitti generazionali, che si annidano ovunque, nel cuore dei salotti borghesi come nella periferia più dimenticata.

Quali sono i reati più diffusi compiuti dalle ragazze?

«Vengono denunciate soprattutto per minacce, ingiurie, per lesioni di lieve entità, stalking. Quasi mai per reati gravi».

Il movente?

«Quasi sempre alla base c'è la gelosia per qualche ragazzo, le risse tra gruppi di amiche, qualcuna che dice "puttana", qualcun'altra che risponde "se ti prendo ti gonfio", spesso tutto questo tracima, si allarga come un'onda, la vendetta può essere di gruppo, le amiche della "vittima" si organizzano per dare manforte. Ma quello che emerge è soprattutto una grande rabbia, questo è un dato nuovo, l'aggressività femminile».

I social network che ruolo hanno?

«Fanno da cassa di risonanza, sono il punto di arrivo e il motore. Su Facebook si può scatenare di tutto: basta postare una foto, un filmato di qualcosa di sconveniente accaduto in classe e scoppia il putiferio. Colpisce vedere questo grande furore e poi magari non si capisce bene cosa ci sia dietro, è tutto un consumo velocissimo di parole e di immagini che allontana dal vero senso delle cose».

In cosa le ragazze sono diverse dai loro coetanei maschi?

«Sono molto volgari, i ragazzi passano alle mani, ma sono meno volgari».

Sono più dure o più fragili?

«Fragili dentro come i maschi. Il problema è che gli adolescenti hanno una grande libertà di superficie, ma poi non sanno reggere le conseguenze delle loro azioni, non sono educati alla realtà materiale, c'è un'intolleranza alla frustrazione. È così anche per i rapporti sessuali: sono sempre più precoci, ma poi i ragazzi non sanno sostenere le conseguenze di questi atti che compiono con tanta facilità».

Un esempio?

«Capitano ragazze che a 14 anni hanno rapporti con tre, quattro ragazzi alla volta e si fanno i filmini e la cosa non è neanche percepita come trasgressiva, però poi non si è in grado di reggere il dopo. Perché poi arriva un adulto - un genitore, un professore - che le fa sentire sporche o arriva la madre che denuncia i maschi, allora c'è il crollo. Il problema è che non c'è educazione alla sessualità, c'è una diseducazione che va di pari passo con la pervasività dei vecchi stereotipi, perché alla fine sei sempre una "puttana", anche se hai 13 anni. Non c'è la vergogna, ma poi resiste lo stereotipo, la percezione dei ruoli sessualiè quella degli anni 50».

La famiglia che ruolo ha in tutto questo?

«Noi assistiamo tutti i giorni a una catastrofe educativa, non si parla abbastanza di quello che è successo negli ultimi anni. I genitori, di tutte le classi sociali, ai figli comprano tutto, accade fin da piccoli, da quando portano il loro zaino per andare a scuola. I ragazzi arrivano qui e non si sanno neanche sedere in modo composto davanti al giudice, all'autorità, manca il livello base del saper stare al mondo, in ciabatte e canottiera, tatuaggi e gomma americana, ti guardano e dicono: ma cosa ho fatto di male?».

(Repubblica  11 luglio, Marina Cavallieri)